Il Presidente Mattarella, nel giorno del ricordo delle vittime delle Foibe, ha detto che “la verità rende liberi” e che “solo le dittature occultano la verità”.
Ne dovremmo quindi dedurre che siamo in una dittatura, dal momento che la verità è occultata?
Nulla di male, sia chiaro, anzi doveroso, ricordare le vittime delle Foibe, a patto di ricordare contestualmente le vittime provocate dai nazifascisti, circa un milione, in quattro anni di occupazione militare della ex Jugoslavia, fra deportazioni, rappresaglie, fucilazioni, campi di concentramento, pulizie etniche, bombardamenti, centinaia di villaggi rasi al suolo. Sarebbe altresì doveroso – specie per un Capo di Stato – ricordare che le popolazioni slave erano considerate alla stregua di “esseri inferiori” dai nazifascisti e questo ha reso ancora più feroce e spietata quella occupazione. Questo non giustifica in alcun modo, naturalmente, le Foibe – sostanzialmente una crudele rappresaglia – ma aiuterebbe a comprendere meglio quanto accaduto.
Ma la storia, come sappiamo, la scrivono i vincitori e non i vinti. E allora, se è vero che per quarant’anni la tragedia delle Foibe è stata “dimenticata” in ragione dell’equilibrio bipolare USA-URSS, dalla caduta del muro di Berlino in poi quella stessa tragedia è magicamente tornata alla mente di coloro che sono usciti vincitori della “guerra fredda” i quali puntualmente ed enfaticamente la ricordano, “dimenticando” però di ricordare il contesto nel quale si è verificata. Una tragedia provocata da una tragedia ancora più grande.
Questa “dimenticanza” è ancora più necessaria per i governi e per le istituzioni italiane che sono costrette alla “de-contestualizzazione” e alla “de-storicizzazione” delle Foibe. Se non lo facessero sarebbero costrette a spiegare la complicità e la responsabilità diretta degli italiani nella politica “genocidiaria” praticata durante l’occupazione nella ex Jugoslavia. Chi glielo fa fare? Nessuno, ovviamente, tanto più che non c’è nessuno a ricordarglielo.
Fonte foto: da Valigia Blu (da Google)