Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
In questo articolo farò una breve recensione del libro di Marco Crepaldi e tenterò qualche riflessione per un approccio alle tematiche ivi esposte.
Dico subito che il libro mi sembra interessante e utile. Rappresenta un buon viatico per comprendere le tematiche in oggetto ed è soprattutto molto ricco di riferimenti a studi e ricerche in controtendenza rispetto alla misandria generale, offrendo lo spunto per approfondimenti su vari aspetti della questione maschile. Tutto bene, quindi? No, ma andiamo con ordine.
Si inizia da fatti di cronaca nera con protagonisti alcuni incel e una breve storia sulla formazione del termine. L’autore contesta l’interpretazione semplicistica che descrive il fenomeno come “terrorista” inserito nelle tendenze irrazionali e malate della contemporaneità e l’inquadra come elemento fondamentale del malessere della condizione maschile. D’altronde è proprio alla condizione difficile vissuta dagli uomini nella società contemporanea che Crepaldi si sta dedicando da anni a partire dal fenomeno degli hikikomori[1].
In più parti del testo è sottolineata la rilevanza numerica del fenomeno e la gravità del problema in termine di sofferenza, con il pericolo che sfoci in comportamenti antisociali, patologici e autodistruttivi.
Incel ovvero “celibe involontario” è colui che non riesce, pur desiderandolo, ad avere una vita sessuale ed affettiva soddisfacente. Il non essere o il non percepirsi come attraenti determina una svalutazione di sè e una perdita della propria autostima.
È bene ribadire che non si tratta semplicemente della mancanza di rapporti sessuali perché molti incel ricorrono alle prostitute e poi “non fare sesso”, pur essendo oggettivamente un sacrificio, non necessariamente genera sentimenti depressivi (ad esempio, i preti cattolici vi rinunziano volontariamente ma non per questo si sentono dei reietti…). Invece, nel caso degli incel, anche persone di grande spessore dal punto intellettuale ed umano non riescono ad autostimarsi. Questo aspetto non viene sufficientemente affrontato nel testo, rimandando il tutto a generici “stereotipi di genere”.
Gli incel analizzati sono alcuni casi che Crepaldi ha conosciuto in terapia ma soprattutto i gruppi che si trovano nei social.
Questi ultimi, essendo gruppi, elaborano una loro cultura (o subcultura) ed un loro gergo particolare e quindi, uscendo dalla semplice descrizione di un dato di fatto, l’essere cioè un celibe involontario, abbiamo un soggetto collettivo con determinate caratteristiche socio-culturali. Osservando il fenomeno si individuano alcune tematiche ricorrenti: 1) mercato sessuale, ovvero l’interpretazione delle dinamiche di selezione sessuale secondo la legge della domanda e dell’offerta. 2) la natura tendenzialmente immorale della donna 3) le donne sono attratte dai tipi mascolini (aggressivi, virili, muscolosi) e chi non possiede queste caratteristiche è tagliato fuori. Chi nasce incel muore incel 4) le donne predominano sui maschi grazie al loro potere sessuale 5) odio contro le donne e gli uomini che hanno successo. (cfr. pp 20-21)
Gli incel entrano in contatto con altre figure come i MGTOW, ovvero maschi che scelgono volontariamente di non aver niente a che fare con le femmine, dedicandosi ad interessi altri. È chiaro che un incel che diviene MGTOW è nel segno del “fare di necessità virtù”.
C’è invece chi non demorde e si confronta con l’arte del “rimorchio”. Stiamo parlando dei pick up artist, che credono di accaparrarsi le femmine più attraenti attraverso sapienti tecniche di seduzione. Di questo aspetto mi sembra importante sottolineare il proliferare di coach della seduzione che vendono corsi online, sfruttando solitudine e sofferenza. Se il mercato dell’illusione si è accorto degli incel, è segno della rilevanza del problema.
Veniamo ora al rapporto incel/cultura red pill che dà il titolo al libro. Per lo studio della red pill , Crepaldi si rivolge soprattutto al sito “il redpillatore. org”. Fatta la dovuta premessa che i due fenomeni sono separati, è evidente che l’”ideologia” red pill è quella che più si addice alla condizione dell’incel.
Gli aspetti salienti sono l’individuazione delle caratteristiche che renderebbero gli uomini più attraenti ovvero l’aspetto esteriore, la posizione economica e lo status. Mentre per le donne avrebbe importanza, pressoché esclusivamente, solo l’aspetto esteriore.
Un secondo elemento è la discrepanza tra la domanda (maschile) e l’offerta (femminile).
La situazione determina donne che ipergamano, ovvero accettano solo uomini con un coefficiente attrattivo superiore al loro, uomini che ipogamano, ovvero si accontentano di donne molto inferiori come coefficiente attrattivo o rimangono totalmente esclusi. Ci troveremo, anche qui, di fronte al principio di Pareto con l’80% di donne che si accoppiano al 20% di uomini.
Questa analisi riceve una sostanziale conferma dai vari studi che Crepaldi produce e dall’osservazione dei vari siti di incontri e da siti quali Only fans. Il problema sta nell’interpretazione che i vari “redpillati” ne danno.
La società immobile e deumanizzata della Red pill
Innanzitutto, rapporti completamente deumanizzati, nessuno spazio ai sentimenti e poi, grazie ad un approccio rozzamente connotato da “riduzionismo biologico e determinismo genetico”, si proclama l’impossibile cambiamento della situazione.
Saremmo tutti agiti da istinti ancestrali connessi alla nostra natura. Le donne cercherebbero un uomo forte, alto e muscoloso perché, fin dalla notte dei tempi, cercano protezione per loro e per la prole.
Ne dovremmo dedurre che un uomo che somiglia a Mike Tyson dovrebbe essere più attraente di uno che somiglia a Kim Rossi Stuart, il che mi sembra poco probabile.
Secondo varie ricerche le donne sarebbero attratte anche da uomini violenti prevaricatori (p. 45 e sgg., p. 90 ). Questo elemento contrasta ancor di più con la supposta ricerca di protezione, visto che un siffatto uomo si caccerebbe sempre più in situazioni di pericolo e potrebbe rivolgere la propria aggressività anche contro la partner e la prole.
Vero è che le donne sono attratte dal reddito alto e dallo status sociale ma ciò è più chiaramente connesso alla ricerca del “buon partito” associato al poter vivere comodamente. Mero calcolo razionale, insomma.
Sul fronte maschile le cose vanno ancora peggio. Gli uomini sono attratti dalle belle donne perché più sane di quelle brutte e quindi garanti di una prole più sana. Meno male che nel pleistocene non c’era red pill altrimenti ci saremmo estinti prima ancora di evolverci.
Su poligamia e monogamia la situazione è ancora più confusa. Sempre secondo la red pill, le donne tenderebbero alla monogamia.
Sta di fatto, però, che, rivolgendosi in tante agli stessi uomini, finiscono per infilarsi in relazioni poligame. Se veramente tendessero alla monogamia, si accontenterebbero di un uomo bruttino ma in esclusiva.
Un’altra ricerca mostra che le donne sono più attratte dagli uomini già impegnati in relazioni monogame, le famose “rovina famiglie” (cfr. p. 71).
Faccio presente che le considerazioni critiche esposte in questo paragrafo sono del sottoscritto, Crepaldi si limita a presentare le tesi della red pill e a confrontarle con ricerche scientifiche.
Che fare?
È chiaro che per noi attivisti il primo nemico è la passività, poiché, credendo di poter migliorare il mondo, non possiamo accettarne una visione statica e inamovibile.
Nella fattispecie, da comunisti, non possiamo nemmeno accettare le visioni misogine e rancorose nei confronti delle donne, essendo il nostro primo obiettivo la ricomposizione di classe. Infatti, così facendo, cadremmo nel trappolone femminista della falsa contrapposizione uomo vs donna.
Per quanto riguarda la passività in ambito individuale, concordo in toto con Crepaldi che, forse anche per carità di patria, propone agli incel di rivolgersi ad uno psicologo o a uno psichiatra. La psicologia, pur essendo una scienza (molto) imperfetta, è l’unico modo razionale per affrontare il disagio psichico. Naturalmente, per prima cosa bisogna riconoscerlo come tale e questo è proprio quello che i gruppi incel contestano.
Molto interessante quando si parla di blocchi psichici che, originati da svariate cause ed esperienze, portano molti incel a rifiutare un rapporto anche quando ne avrebbero la possibilità.
Parimenti interessante quando si parla degli effetti dell’uso massiccio della pornografia in assenza di rapporti sessuali concreti. Facendo l’amore solo con la fantasia, le partner non possono essere che fantastiche e il confronto con la realtà diviene sempre più difficile.
Accettare i propri limiti è il primo passo per affrontare la vita.
Qui vorrei aggiungere una riflessione data dalla mia esperienza come insegnante in una scuola superiore. Molto spesso incontro ragazzi (maschi) che si chiudono, non studiano, abbandonano la scuola. È proprio affrontare la realtà ciò che vogliono evitare, confrontarsi con un mondo che sentono ostile ed onnipotente.
Da un punto di vista politico, credo che la nostra battaglia contro la misandria e per i diritti degli uomini, che vengono calpestati a vari livelli, sia utile anche per gli incel.
Più nello specifico è chiaro che la forte asimmetria tra domanda maschile e offerta femminile sia la causa principale del fenomeno. Per contrastare ciò è necessaria una battaglia culturale che tenda a sradicare comportamenti inveterati passati senza soluzione di continuità dalla tradizione ai giorni nostri.
Su questo fronte siamo già presenti ma vorrei sottolineare l’ottimo lavoro che sta facendo, sui social e nella rete in generale, il “gentiluomo dissacrante”[2]. Divertente ed istruttivo il “vademecum antizerbino”[3] diffuso, tra l’altro, anche dal redpillatore, segno che anche da quelle parti, ci si rende conto che si può e si deve fare qualcosa e non accettare la situazione come inamovibile.
Si tratta di cancellare tutti quei comportamenti che un tempo venivano considerati di galanteria ed erano il corredo comportamentale di un vero “cavaliere”.
Oggi, però, con la svalutazione della figura maschile, il cavaliere è divenuto “servo della gleba” (nell’accezione di Elio e le storie tese). Ci riferiamo al cedere il posto, pagare le cene, subissare di complimenti, ecc. insomma tutto ciò che andava sotto la denominazione di corteggiamento.
Circa la possibilità di incidere sul gap di selettività tra i generi, cito l’esperimento riportato a pag. 75: usando lo “speed dating “ , gli studiosi hanno notato che, quando erano le donne a essere sedute al tavolo e gli uomini a ruotare, la selettività delle donne tendeva ad aumentare mentre, quando erano gli uomini quelli in posizione d’attesa (condizione di maggior potere) e le donne a dover correre da un tavolo all’altro (condizione di minor potere), ecco che il gap tra i due generi si riduceva sensibilmente, fino addirittura a scomparire”.
Brutte “sorprese”.
La prima è quando gli MRA vengono definiti “cosiddetti difensori dei diritti degli uomini” (p. 34). Essendo io un moderatore del gruppo face book “Diritti Uomini MRA Italia – Gruppo di supporto”[4] , mi sento chiamato in causa. Cosiddetti, perché? Viste le discriminazioni che subiscono gli uomini e che il testo ha di nuovo ben documentato, mi sembra più che legittimo che ci sia qualcuno che si impegni a contrastarle.
L’altra brutta sorpresa è quando si parla in termini negativi della teoria della società bi sessista secondo la quale “uomini e donne hanno sempre avuto il medesimo livello di discriminazione socioculturale […] semplicemente ognuno aveva il proprio ruolo sociale […] A godere dei benefici era, invece, una ristretta cerchia di ricchi e potenti, composta da membri di entrambi i generi” (p. 63) Non credo che bisogna essere necessariamente marxisti per rendersi conto che ci sono classi subalterne e classi dominanti ed entrambe composte da uomini e donne.
Veniamo alla questione dei ruoli di genere. La società patriarcale (mi sta bene chiamarla così) dava all’uomo oneri ed onori, gli riconosceva un ruolo centrale e dominante ma gli imponeva di mantenere la famiglia, di accollarsi i lavori più duri, di andare in guerra, ecc.[5].
La donna non usciva mai completamente da una condizione di minorità e, come la prole, doveva essere protetta e accudita.
Tutto ciò fa orrore e sappiamo in pratica tutte le angherie che, specialmente in contesti degradati, il padre padrone poteva perpetrare.
La società patriarcale muore, in Italia, definitivamente con il nuovo “diritto di famiglia” negli anni ’70 del secolo scorso.
Qualche parola sul concetto di emancipazione. Emanciparsi vuol dire divenire compiutamente adulti con tutti i diritti e i doveri che ciò comporta. Tuttavia sui diritti delle donne si è sempre pronti a reclamarli mentre sui doveri si glissa.
Per esempio, il fatto che le donne vadano in pensione prima è completamente nella cultura patriarcale ma nessuna femminista si è mai sognato di contestarlo. Le donne sono sempre più deresponsabilizzate, quando commettono dei reati vengono condannate a pene mediamente inferiori a quelle degli uomini, se commettono infanticidi si invocano sempre ragioni psicologiche o psichiatriche (la depressione post parto), l’opinione pubblica non considera gravi molestie e violenze compiute da alcune donne contro gli uomini. Non la chiamerei emancipazione.
Purtroppo, Crepaldi non vuole abbandonare lo schema dominante secondo il quale vivremmo ancora nel patriarcato, le donne sarebbero ancora subalterne e la sofferenza maschile è data dai tradizionali ruoli di genere dei quali si deve liberare.
Da qui (per Crepaldi) lo scindere il femminismo “buono” (che reclamerebbe la parità vera) da quello misandrico. Ora, è vero che ci sono tante donne che si ritengono femministe e condividono le nostre tesi ma il femminismo ufficiale, quello che è divenuto parte dell’odierna ideologia dominante[6] , è misandria pura. Non mi pare che dalle bocche di Boldrini, Valente, Murgia & Co. sia mai uscita una parola in difesa dei padri separati o per l’apertura anche gli uomini dei centri antiviolenza.
[1] https://www.linterferenza.info/contributi/fenomeno-hikikomori-lautoreclusione-nella-societa-capitalista/
[2] https://ilgalantuomodissacrante.wordpress.com/?fbclid=IwAR1Kts_WCw6YvOO0-LB-TBuA-UAmdESGslT9qsDTddmf4ISeJwGtqwAZ3sA
[3] https://www.ilredpillatore.org/2020/01/vademecum-antizerbino.html
[4] https://www.facebook.com/groups/1641442025869340
[5] Una riflessione sull’uomo “privilegiato” ed “oppressore” nella società patriarcale https://www.linterferenza.info/cultura/contromano-f-marchi-quel-nonno-oppressore-spalava-carbone/
[6] https://www.linterferenza.info/attpol/politicamente-corretto-lattuale-oppio-dei-popoli/