Shanti De Corte sopravvissuta alla strage di Bruxelles del 2016 ha ricevuto la dolce morte. La ragazza nell’attentato vide morire i suoi amici, aveva diciassette anni. Il dopo attentato è stato per lei segnato dal dolore e dalla depressione, la sua vita era già difficile. Non ha trovato un senso in quello che ha vissuto, non è stata, forse, sufficientemente supportata nell’immensa solitudine che l’ha agguantata. La psichiatria con la farmacologia annessa non ha alleviato la tragedia vissuta.
Ad un una tragedia collettiva la risposta per il sistema capitalistico deve essere rigorosamente individuale. Il capitalismo neoliberista rigetta la comunità condannando i più ad un dolore senza limiti. Si consegna la sofferenza indicibile di coloro che non ce la fanno alle istituzioni mediche e alla Magistratura che valutano l’intervento e possono, se richiesta, verificare la liberazione dalla sofferenza con la morte, se si constata la sofferenza del soggetto. Il dolore non è misurabile né visibile, ma agiscono come se lo fosse. Il lungo Calvario della giovane si è concluso il sette maggio 2022.
La legge belga è tra le più permissive, l’eutanasia è un diritto individuale di cui possono usufruire anche persone lacerate da depressione e dal vuoto di senso che ne è consustanziale.
Ancora una volta il sistema capitale introduce nuovi diritti individuali: siamo al diritto alla morte, se non si riesce a sopportare l’insopportabile. Il sistema è fatalmente inchiodato alla sua ipostatizzazione che – se non si è nelle condizioni di sopportare lo stress psichico a cui si è sottoposti, se il dolore soverchia ogni energia al punto da cancellare ogni speranza – è ora possibile usufruire in talune nazioni della dolce morte. Il messaggio è chiaro nella sua adamantina chiarezza nichilistica; deve essere il soggetto ad adattarsi, se non ci riesce, non è il sistema a doversi mettere in discussione con le sue politiche economiche e sociali, ma è il soggetto che non si adatta ad essere eliminato.
L’eliminazione è mascherata dal diritto, è il soggetto a richiederlo, pertanto il sistema lo dona. Il bene e il male sono ribaltati, il bene è ciò che fa fiorire la vita, non ciò che la stronca.
Si tace sul sistema che spinge persone che cadono in eventi immensamente dolorosi senza avere colpa alcuna ad uno stato depressivo inaudito a richiedere la morte.
Naturalmente, se coloro che soffrono per aver vissuto tragedie inaudite fossero supportati da una comunità capace di dare risposte politiche e sociali, e dunque, di mettere in atto una prassi autentica, il dolore, si può ipotizzare, assumerebbe una diversa dimensione. La società è inclusiva solo se si deve produrre, vendere e guadagnare, se invece deve donare tenerezza e speranza preferisce selezionare.
Se Schanti De Corte fosse vissuta in una realtà sociale nella quale la tragedia di un attentato fosse pensato collettivamente e olisticamente, forse, la speranza sarebbe entrata nella sua vita. L’assurdo è, comunque, che il potere uccide con la formula dell’eutanasia una ragazza di ventitrè anni, una giovane donna con una aspettativa di vita lunghissima, pertanto il tempo, grande scultore, le avrebbe portato con il tempo la bellezza. Non si può escludere tale possibilità.
Cesare Beccaria nel capitolo XVI de Dei delitti e delle pene descrive la condizione dei torturati, i quali perdono il lume della ragione e confessano ciò che mai avrebbero confessato. Ci troviamo in questa condizione: il sistema tortura i suoi sudditi con modalità ordinarie e straordinarie, fino a far confessare ciò che mai avrebbero pensato, è un sistema che fa perdere il lume della razionalità, si diventa i volontari carnefici di se stessi. I casi potrebbero essere tanti, il neurologo di Schanti De Corte ha reso pubblico il caso, ma la Magistratura si è trincerata dietro il rispetto della legge. I media ne hanno dato uno spazio limitato, la società della trasparenza e dei soli diritti individuali teme le pubbliche denunce. Questa è la condizione attuale, non penso sia mai esistita una presunta civiltà che maschera l’eliminazione dei più fragili capaci di bellezza e sensibilità con il diritto e la legge. Su questo dovremmo meditare per capire la verità del neoliberismo. Shanti De Corte il giorno in cui è volata via ha scritto su facebook:
“Ora me ne vado in pace. Sappiate che già mi mancate”.
Inutile aggiungere altro.
Fonte foto: Affari italiani (da Google)