Pochi mesi fa ho conosciuto una donna di colore brasiliana di circa quarantacinque anni, femminista intersezionale (si definiscono marxiste, a mio parere una contraddizione in termini ma tant’è…), che vive a Roma da alcuni anni. Una donna di estrazione proletaria cresciuta in una favela di Rio de Janeiro (anche se non fra le più degradate) che però è riuscita in qualche modo a studiare grazie soprattutto agli enormi sacrifici della madre (oltre ai suoi), e ha scelto di emigrare perché nel suo paese non aveva prospettive.
Mi spiegava che in effetti la categoria sociale che in Brasile se la passa peggio rispetto a tutte le altre ed è quella più in basso nella scala sociale sono i maschi neri poveri. Molto più delle femmine nere povere perchè almeno queste ultime possono trovare lavoro come baby sitter, badanti, cameriere, addette alle pulizie, cuoche, lavapiatti ecc. presso le famiglie borghesi bianche o nelle strutture turistiche mentre i neri poveri non li assume nessuno e di certo non se li mette dentro casa nessuno, e così finiscono inevitabilmente ad ingrossare le fila dell’enorme sottoproletariato urbano e non solo che vive nell’illegalità e nella totale marginalità.
Al che la mia domanda è sorta spontanea:”Se così stanno le cose, che senso ha parlare ancora di femminismo, dal momento che questo si fonda sul postulato in base al quale le donne sono oppresse per definizione e gli uomini, anche i più malmessi, sarebbero comunque in una condizione di privilegio in ragione della loro appartenenza al genere maschile in una società dominata dalla cultura patriarcale?”
Non ho avuto una risposta precisa. Si è limitata a sottolineare che il femminismo del mondo europeo e nordamericano è quello funzionale al potere delle donne bianche e borghesi (e su questo sono senz’altro d’accordo) e che il femminismo intersezionale si fonda su altri concetti e presupposti e cioè sulla coniugazione della questione di genere con quella di classe, fermo restando – secondo lei – che il dominio sociale resta comunque patriarcale (con la formuletta o la parola magica si risolve ogni contraddizione…).
Per me resta oscuro, dal punto di vista logico, come possa essere possibile questa coniugazione, ma tant’è.
Devo dire però che almeno da questa donna e femminista (comunque di colore, sudamericana e di estrazione proletaria, e questo fa sicuramente la differenza…) non traspariva nemmeno l’ombra della spocchia salottiera, della boria, del classismo e del sessismo antimaschile che caratterizza il femminismo bianco occidentale, liberal o radical. E’ già qualcosa, forse molto.
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