Commentando le prime parole di Giorgia Meloni nella notte delle elezioni politiche, Daniela Preziosi, giornalista in precedenza al Manifesto e ora al Domani (il giornaletto di De Benedetti da quando non ha più Repubblica), ha affermato (grosso modo vado a memoria): “la Meloni ha detto che riporteremo in alto le nostre bandiere….ma quando mai sono state calate?”.
Cara Daniela, se ci sono delle bandiere che sono state calate, se non abbattute, queste sono quelle rosse. La scomparsa del conflitto sociale, la fine del posto fisso e l’aumento della povertà a fronte di una concentrazione della ricchezza sempre più evidente soprattutto finanziaria e transnazionale. L’attenzione a personaggetti come Briatore, autentica caricatura, parassita escrementizio, del capitalismo, ma che comunque nel jet set italico è considerato una persona di successo. La diffusione del modello dell’”imprenditore di se stesso”, individualismo oggettivista all’ennesima potenza nel culto di Ayn Rand, celebrato da registi apprezzati come Muccino in “La ricerca della felicità”. La sparizione della classe operaia come motore della lotta, causata anche dalla demenziale politica industriale dei governi che pur di far favori ai mercati hanno svenduto quel poco di imprese che potevano avere un interesse strategico, lasciando campo libero alla finanza e fondando il PIL italiano sulle PMI, scommessa invidiata ma fragile. I sindacati che si occupano ormai più di politiche di genere che di difesa dei lavoratori.
Ci sono certo delle bandiere da riportare in alto. Ma non sono certo quelle della Meloni e penso nemmeno le tue, e sono rosse, e non fucsia, rosa o arcobaleno.
Non è dato sapere al momento se la Meloni intenderà riportare il discorso sulle questioni sociali. E’ molto probabile che non farà nulla perché la sua adesione al modello turbo-capitalista occidentale-atlantico gli è anche necessaria per poter governare, nonostante il suo elettorato sia in massima parte non certo un elettorato di gente delle ZTL, avendo anche ampiamente saccheggiato l’elettorato leghista: una platea di piccoli imprenditori e le loro famiglie, compresi probabilmente la maggioranza dei loro operai che hanno un posto relativamente fisso ora messo in pericolo dalla crisi energetica e tanti rentier nei piccoli comuni del mezzogiorno solo relativamente benestanti e a concreto rischio di scendere nella scala sociale a causa delle difficoltà attuali. Ma ai suoi elettori dovrà probabilmente concedere qualcosa, pena fare la fine di capitan Salvini prossimo al naufragio. Qualche finta sull’immigrazione magari spuntando un accordo con i franco-tedeschi o qualche ulteriore sgravio fiscale basteranno?
Chi non ha proprio nulla, nel mezzogiorno soprattutto, ha votato M5S. D’altra parte la linea ambigua sul RdC tenuto da tutti i partiti quando hanno capito che favorivano solo Conte, con l’eccezione di Renzi il cavalier servente del capitalismo italiano e straniero, non promette nulla di buono.
Nei prossimi mesi il nuovo governo dovrà affrontare la crisi causata dalla guerra in Ucraina, se sopravviverà, cosa niente affatto scontata, vedremo che tipo di politica sociale metterà in cantiere, ammesso che lo faccia e non si limiti a provvedimenti di maquillage e di distrazione di massa sull’annosa questione del presidenzialismo, ad esempio. Più che tricolori, m’immagino le bandiere della Meloni bianche e rosse, un colpetto d’eyeliner lì e uno di fard là, molto polacche, fedelmente atlantiche e per questo guai a criticarle, con un po di finta maschera cattiva con Francia e Germania (Giorgia è bravissima a fare la faccia cattiva). E grandi discussioni qui, molto, molto fumo e nulla più.
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