Le radici delle proteste antigovernative, in Iran, hanno riportato alla memoria quanto accaduto nel 2009: gli Stati Uniti, in appoggio al riformismo filo-imperialista della borghesia del bazar, organizzarono un tentativo di ‘’rivoluzione colorata’’ contro il rieletto Mahmud Ahmadinejad, populista antimperialista ed allora portabandiera dei ‘’senza scarpe’’. A differenza delle proteste del 2018, i manifestanti non hanno contrapposto al governo musulmano nessuna rivendicazione sociale, al contrario il movente è l’esportazione della libertà dei costumi tipica delle società occidentali; una protesi ideologica che nasconde l’estensione al bastione sciita del progetto nord-americano definito Rand Corporation.
Proteste antigovernative e geopolitica del caos
A differenza del 2018 dove il fattore di classe era in una prima fase predominante, il movente delle proteste è la morte di Mahsa Amini, una ragazza curda fermata dalla ‘’polizia morale’’ rea di non indossare correttamente il velo. Il fatto stesso dell’omicidio di Mahsa Amini non è stato documentato: i neurochirurghi che hanno effettuato l’autopsia hanno smentito categoricamente l’ipotesi del pestaggio, ristabilendo la verità fattuale (oltre che clinica) confermata da numerosi video che riprendono la ragazza mentre accusa un malore.
Chiarito ciò, è inaccettabile che uno stato antimperialista mantenga in vita una struttura retrograda come la ‘’polizia morale’’ e che i settori più reazionari del clero continuino a definire il comunismo ‘’elemento satanico’’. L’Iran è un bastione dell’antimperialismo e dell’antisionismo, quindi s’è guadagnato il rispetto delle principali organizzazioni antimperialiste mondiali (principalmente nel cosiddetto mondo ‘’non globalizzato’’). Detto ciò la Rivolta popolare ed antimperialista del 1978-’79 deve essere approfondita: il capitalismo persiano (al di là della natura artificiale ed in larga parte eterodiretta delle proteste di questi giorni) non è compatibile con quella che fu la Rivoluzione degli Oppressi e la liberazione di Gerusalemme dall’imperialismo e dal sionismo.
L’opposizione filo-imperialista è radicata nell’Iran occidentale-curdo, al confine con Armenia ed Azerbaigian, ed è egemonizzata dai terroristi del Komalah: un tempo maoisti, come l’YPG e l’UCK, quest’organizzazione è stata presa in custodia dal MOSSAD e, dai primi anni ’90, considera l’imperialismo USA una forma antiautoritaria di ‘’colonialismo democratico’’. Parte della sinistra eurocentrica, dopo la disgregazione dell’URSS (pianificata dalla CIA/MI6) ha seguito la medesima parabola. Le agenzie anglofone hanno rilanciato per due giorni di fila la bufala della morte di Khamenei: una operazione, con tutta probabilità pianificata da tempo, per estendere a Teheran le conseguenze geopolitiche del conflitto azero-armeno e la dottrina del caos. Nessuna democratizzazione, al massimo la transizione (destinata a fallire miseramente) al totalitarismo neoliberista.
L’Iran deve aprirsi ad un partito operaio e contadino
La dottrina del ‘’caos creativo’’ di Washington è stata decodificata da una parte della letteratura giornalistica ‘’non lubrificata’’. In un articolo pubblicato dal New Yorker, il reporter e Premio Pulitzer Seymour Hersh ha affermato che gli USA hanno stanziato 400 milioni di dollari per compiere ‘’azioni coperte’’ contro l’Iran. Il sito Islamshia, proprio in queste ore, ha pubblicato altre informazioni che ci aiutano a contestualizzare la dicotomia ‘’nazionalismo indipendente’’/’’regime change’’:
‘’Il professor Gene Sharp dell’Istituto Albert Einstein di Boston ha contatti con i membri della “Iran Foundation for Democracy” e altri gruppi iraniani pro-democrazia fin dal 1997. A Dubai, nell’estate del 2005, tre membri del gruppo serbo “Otpor!”, tengono un corso ad un gruppo di attivisti iraniani sui metodi che l’”International Repubblican Institute” cinque anni prima aveva fatto loro imparare per rovesciare Milosevic. Il giornale “Asia Times” descrive questo workshop come “molto riservato”’’ 1
Il terrorismo filo-israeliano del Komalah è un Cavallo di Troia per la ricolonizzazione d’uno stato sovrano ed indipendente. La ragnatela della CIA contro il filo-cinese Raisi è la medesima che il Deep State attivò per rovesciare il nazionalista-mistico Mahmud Ahmadinejad: le documentazioni finora raccolte confermano questa tesi che, per quanto inoppugnabile, merita alcune considerazioni politiche conclusive.
Nel 2005, l’elezione di Ahmadinejad regalava una seconda giovinezza alla Rivoluzione islamica-iraniana. A differenza dei suoi predecessori Rafsanjani e Khatami, entrambi legati all’Open Society di Soros, Ahmadinejad fu antimperialista ed in linea col‘’socialismo islamico’’ di Ali Shariati, dimenticata organizzazione della mobilitazione anticapitalista che rovesciò lo Shah. Sviluppò la ricerca sul nucleare, mettendo a punto una tipologia di centrale che potesse consentire ai paesi ‘’non allineati’’ di preservare la propria indipendenza energetica, linea rivoluzionaria condivisa dal presidente venezuelano Hugo Chavez e da quello cubano, Fidel Castro; l’Occidente prese l’ennesimo abbaglio nel considerarlo un uomo del ‘’clero’’.
Oggigiorno l’Iran deve dismettere l’antisocialismo dei settori più retrogradi del clero: la stessa Rivolta 1978/’79 è figlia della carica rivoluzionaria, mai esaurita, del Congresso di Baku (1921) dove il bolscevico Karl Radek chiamò le popolazioni musulmane a rompere le catene della schiavitù coloniale anglosassone. La legalizzazione di un ‘’Partito operario e contadino’’ ispirato al pensiero di Ali Shariati è l’unica strada percorribile per isolare i provocatori, approfondendo la Rivoluzione degli Oppressi. Non c’è libertà dentro il capitalismo, compreso quello dei bazaristi ‘’nemici interni’’ del martire Qasem Soleimani.
https://islamshia.org/12738-2/
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