Nella campagna elettorale appena iniziata il PD sembra aver ritrovato un posticino per i diritti sociali, si parla di sostanziosi aumenti di stipendi per alcune categorie, di regalie ai diciottenni, di stipendio in più, etc.) . Come mai questa conversione “socialdemocratica” a tarda ora contro l’avanzata delle destre? E’ evidente che in parte essa è una risposta al programma “sociale” del centrodestra (pensioni, flat tax, etc.) nel tentativo tardivo di portare voti al proprio schieramento, mentre d’altra parte la presenza di un ancora consistente residuo M5S che compete adesso da “sinistra” al PD fa agitare le acque anche internamente al partito con i vari Bettini, Orlando e soci presi dal panico di essere “scavalcati a sinistra”, un tormentone che risale all’epoca del PCI e di cui i succitati si sentono in qualche modo “eredi” (noto solo a loro perché non hanno nulla a che fare col PCI, diciamo eredi di una tradizione socialdemocratica se pure lo sono). Anche per questo motivo i cespugli sulla sinistra sono stati prontamente assorbiti ben sapendo di rischiare come è stato l’accordo con Calenda. E d’altra parte i vari Fratoianni/Bonelli non hanno mai pensato di non esserlo dato che evidentemente gli fa gola molto più la poltrona che la lotta. La vera paura è però quella di essere schiacciati tra un Melenchon italico e i riformatori neoliberali Calenda/Renzi e di finire come i socialisti francesi a contare meno di zero, che per il PD che ha ancora una rilevante struttura territoriale ereditata dal PCI sarebbe un vero disastro non potendo più continuare agevolmente a controllare migliaia di posti negli enti locali. Sarebbe la definitiva scomparsa di quella struttura e del debolissimo richiamo alla socialdemocrazia che esso ancora sembra esercitare.
Ma è una vera conversione sulla via di Damasco o no? Che accadrebbe in caso di un pareggio che ad esempio desse la possibilità al duo Calenda/Renzi di decidere delle sorti del futuro governo? Al momento questa possibilità è remota visti i sondaggi, ma non è affatto escluso che si ripresenti tra qualche anno in caso di fallimento del centrodestra dettato anche dalla Troika se l’economia dovesse andare male, o nella successiva legislatura. In primo luogo il PD è un partito ferocemente europeista per cui spetterà sempre all’Europa, e in caso di problemi alla famigerata Troika togliere le castagne dal fuoco. E chi se non un Draghi bis, o un suo protegè potrebbe servire meglio alla bisogna, con il ritorno dell’agenda “perduta” che non prevede di certo le illusorie promesse socialities. D’altra parte Letta è definito da Domenico Moro in “Club Bilderberg” non a caso come “il collegamento italiano tra la finanza transnazionale e il PD” mentre ora starebbe cercando di rifarsi una patente socialdemocratica?? Certo Letta potrebbe finire presto il suo mandato perché già si agitano gli animi per una sua rapida dipartita dopo le elezioni se dovesse fallire, ma è certo che il mainstream del partito non ha nessuna intenzione di cedere alla sinistra interna prova ne sia che il più vociferato tra i candidati sia Bonaccini che dopo un inizio nella sinistra sostenne Renzi spostandosi sulle posizioni neoliberali, cosa che lo ha per il momento salvato dall’essere assimilato ai bey dei sangiaccati di Campania e Puglia.
Quanto al presidenzialismo, cui prodest? Bandierina da campagna elettorale, a meno dell’improbabile caso che la destra abbia il 66% dei seggi cosa che nemmeno il più favorevole dei sondaggi gli attribuisce. Non ce la vedo la destra tentare la strada di Renzi con un referendum col rischio di andare sottosopra con la Meloni che farebbe la fine del rignanese (sebbene questo potrebbe anche far piacere ai compari che hanno per il momento nascosto l’invidia per un partito che dieci anni fa valeva il 4%).
Questo articolo vuole aprire un piccolo dibattito anche all’interno delle alternative per il momento esterne al parlamento, perché un riposizionamento, anche se strumentale e falso, e forse meramente elettorale, del PD su temi sociali di cui non si parla da oltre vent’anni può rendere difficile distinguere posizioni falsamente inspirate ai diritti sociali rispetto alle altre.
Fonte foto: L’Arena (da Google)