Hiroshima e Nagasaki
Il 6 agosto 1945 la bomba atomica esplode su Hiroshima, il Giappone è annientato già prima della prima esplosione, con l’esperimento nucleare su Hiroshima la guerra è chiusa. Il 9 agosto 1945 una seconda bomba esplode su Nagasaki, è palese con la seconda bomba che l’obiettivo non è la fine della guerra, già conclusa nei fatti. Il crimine è abnorme pari a quello di Auschwitz, non sono i numeri delle vittime a stabilire assurdi diritti di precedenza.
Il male assoluto è entrato nella storia con il capitalismo tecnocratico. I vincitori hanno rimosso le loro responsabilità, hanno consegnato i crimini atomici alla “necessità storica”, alla scelta deliberata di piegare il Giappone per risparmiare vite umane. Nulla di più improbabile e falso: la guerra era ormai persa per il Giappone, tanto più che in Europa era terminata. Si sperimentò su un paese asiatico un nuovo ordigno, in realtà non si sperimentò, perché l’esperimento si effettua in laboratorio, in uno spazio chiuso e limitato. Si volle verificare la possibilità dell’Apocalisse e fu un successo. Gli Stati Uniti non sono mai stati imputati in un’ipotetica Norimberga, pertanto il male ha continuato a proliferare. La potenza può tradursi in onnipotenza, in un abbaglio centinaia di migliaia di persone possono essere sacrificate in nome delle ragioni dell’onnipotenza. Il capitalismo statunitense usò il Giappone per lanciare la sua sfida all’Unione Sovietica, iniziò la guerra fredda, si diede avvio ad un nuovo corso della storia, in cui l’atomica determina la potenza di uno Stato. Il fungo atomico diede avvio alla competizione atomica, la guerra fredda divenne il laboratorio di produzione del non essere.
Distanze
L’assurdo è entrato nella storia, è tra di noi oggi come allora, gli esseri umani producono armi per minacciare il nemico con un mezzo i cui effetti non sono limitabili entro i confini del nemico. Investimenti massicci sono dirottati verso la competizione atomica, pur in presenza di testate atomiche che possono distruggere il pianeta intero. Si continuò a perfezionare la possibilità del non essere fino al collasso dell’Unione Sovietica, ed oggi la folle corsa continua pur avendo a disposizione armamenti atomici che potrebbero annichilire il pianeta decine di volte. Rintracciare le ragioni della razionalità votata al non essere e che coltiva il terrore non è semplice. Vi è un passaggio nella storia del male che si fa fatica a problematizzare, l’aggressione atomica è fatta rientrare nell’indicibile, non fu un crimine, i vincitori possono tutto, possono tradurre il bene nel male e rappresentare il male assoluto come una necessità storica. Nessun limite ebbero i vincitori, non furono chiamati dinanzi a nessun Tribunale. In tale contesto la competizione atomica divenne ricerca di onnipotenza, materializzazione dell’assoluto. Il capitalismo è divenuto assoluto con le bombe atomiche, non può essere oggetto di nessuna interrogazione giuridica ed etica, governa il bene e il male, è oltre essi, li stabilisce, non ha vincoli, si nutre della sua stessa onnipotenza, è inchiodato al non essere, obbedisce alla logica della produzione-distruzione fino all’annientamento totale. Si erge a potenza che può tutto e non ammette limiti.
Hiroshima e Nagasaki sono state le vittime sacrificali con cui è iniziata un’era in cui il capitalismo ha prodotto armi e mercato della guerra. Con l’era atomica si è consolidato il mercato della guerra. Gli arsenali colmi di strumenti di nullificazione necessitano di essere smaltiti, per cui il capitalismo ha prodotto guerre, causato colpi di stato, sostenuto dittature, in tal modo la potenza implicava lo smaltimento delle armi e la produzione di armi sempre più sofisticate. Il nemico dev’essere prodotto artatamente per giustificare l’enorme dispendio di risorse per gli armamenti. Si abbaia ai confini del nemico, lo si provoca, lo si rende simile.
Il niente
Il più grande successo della competizione atomica è il consolidarsi della logica dell’onnipotenza, i soggetti in competizione in nome della difesa sono in teoria disponibili al gesto estremo, in fondo in nome della difesa nazionale gli Stati Uniti hanno sganciato le bombe e, specialmente, non vi è stata conseguenza alcuna. In questi decenni il dibattito atomico e la resistenza al nucleare sono praticamente assenti.
L’atomica ha insegnato la distanza emotiva, si può uccidere, bombardare e non essere toccati dalle ceneri dei morti. Non si tocca e non si è toccati. La distanza emotiva è divenuta la nuova grammatica interiore dell’Occidente e dell’Oriente, per cui il fungo atomico, c’è, ma non ci riguarda, è un’esperienza possibile, ma virtuale. Il male lo si conosce, ma non ha odore, non c’è tempo per capirlo e per contemplarlo, semplicemente è distante: riguarda il passato, è impossibile che accade nel presente. Il mostruoso in tali forme è inconcepibile, specialmente si è anestetizzati dall’uso delle tecnologie e dei linguaggi scientifici che traducono l’energia atomica in formule. La vita è cenere già prima dell’esplosione, è un tratto su un foglio, si calcola e si oblitera il giudizio qualitativo.
Il fungo atomico è coinciso con l’analfabetismo emotivo. Il trionfo della tecnocrazia capitalista ha condotto alla separazione, all’eremitaggio domestico, strati e strati di distante solitudine pongono le condizioni, affinché l’assurdo possa continuare e ripetersi. Dopo Hiroshima e Nagasaki resta l’onnipotenza e la distanza, se il vincitore può tutto, non vi può che essere una tragica corsa verso la potenza, la quale non deve rendere conto, anzi ottiene il consenso, perché è al di là del bene e del male. Emerge il vuoto metafisico, senza metafisica la vita e la morte non sono che funzioni biologiche senza finalità. La morte di centinaia di migliaia di persone in un lampo è solo un arido conteggio, tanto più che la distanza insegna l’indifferenza, la velocità dell’esecuzione non consente di ascoltare ed imprimersi l’ultimo respiro e rantolo degli offesi. Ad Auschwitz vi era il pericolo della vicinanza tra il carnefice e la vittima, il male induceva alla malvagità individuale per l’esecuzione degli ordini, con la bomba atomica il male non ha bisogno della malvagità, il pilota non vede e non tocca l’altrui morte, sposta una leva e tutto termina.
Cosa resta di Hiroshima e Nagasaki?
Nulla.
Solo cenere, la rimozione collettiva, storica e politica è parte integrante del neoliberismo ormai ben radicato in Occidente come in Oriente. I processi di oscuramento della verità sono il nostro male quotidiano, su tale realtà bisogna ricominciare non solo a pensare, ma specialmente a ricostruire una comune e disperata grammatica interiore.
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