Giorgio Bianchi e Maurizio Vezzosi sono due reporter sbattuti in prima pagina, fra gli altri, sul Corriere della Sera con tanto di foto segnaletiche e bollati come “putiniani”. Mancava solo la scritta “wanted, dead or alive”.
I due colleghi sono operativi nel Donbass dove lavorano come free lance e per varie testate giornalistiche. Pubblicare le loro foto col timbro di “putiniani” significa metterli nel mirino di chi ha interesse a zittirli, con le buone o con le cattive (molto più probabili le seconde).
Forse al “Corrierone nazionale” fingono di non sapere che tanti giornalisti in tutto il mondo sono stati perseguitati, incarcerati e molto spesso assassinati perché il loro lavoro disturbava o disturba i manovratori.
Un’operazione indegna, umanamente prima ancora che deontologicamente, che merita il pubblico disprezzo da parte di tutti.
Un atto criminale che si spiega con una sola logica, e cioè che siamo in guerra; à la guerre comme à la guerre, come si suol dire, e in guerra (il proverbio dice anche in amore ma qui di amore ce n’è ben poco) tutto è permesso.
Almeno però lo si dicesse. E invece non hanno neanche questa decenza; l’ipocrisia resta il loro segno distintivo.
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