Da qualche settimana compaiono commenti sempre più corrosivi sulla figura di Eleon Musk, uno dei giga-capitalisti che possiedono patrimoni superiori a quelli di molti stati sovrani. Rispetto ad altri ultra-ricchi dell’immateriale, Musk non sembra nascondere le proprie idee conservatrici, meno attente al decoro del politicamente corretto, più inclini nello scimmiottare un agile Trumpismo post-moderno. Il sospetto è che le posizioni di Musk rappresentino una consapevole scelta di mercato nel momento in cui ha mostrato interesse nell’acquisizione della piattaforma Twitter.
Ma ciò che preoccupa gli analisti è proprio l’abbinamento tra il social network e le posizioni politiche di Musk. Improvvisamente Twitter si manifesta in tutta la sua pericolosità, con la sua capacità di indirizzare le opinioni, in una concentrazione di potere strabordante e lesiva del funzionamento democratico.
Messa così la cosa dovrebbe tranquillizzare il mondo libero. Ancora esistono anticorpi efficaci contro lo strapotere del profitto privato ormai de-territorializzato e quindi reso ignifugo alla decisione politica.
Ma a guardare bene si compie, in questo modo, un’operazione subdola e mistificatoria. Si vorrebbe far intendere che esistono capitalisti buoni e capitalisti cattivi, fatto in sé magari anche vero ma ininfluente quando si analizza lo sviluppo del sistema capitalista e le sue conseguenze di sfruttamento e di alienazione sull’essere umano o la tenuta del sistema democratico di fronte all’avanzata inesorabile delle multinazionali.
Insomma i capitalisti buoni, quelli che incarnano i valori dell’Impero del Bene, che si accodano alle campagne civilizzatrici dell’Occidente, non rivelano alcuna anomalia, anzi marciano compatti insieme al popolo per l’avanzata globale e inesorabile del progresso, delle libertà di mercato e dei costumi e dell’emancipazione personale. Con loro il legame tra emancipazione e progresso appare inestricabile.
Si deve far passare in secondo piano o nascondere del tutto il terreno della critica ai mezzi di riproduzione del capitalismo che esulano dal carattere, dalle opinioni o dalla sensibilità dell’imprenditore e in questo modo far apparire il sistema in sé neutro, ma virtuoso o malvagio a seconda di chi accumula ricchezze. Anzi l’imprenditore creativo, il miliardario innovatore rappresenta di per sé un esempio pedagogico per la propaganda capitalista. É colui il quale ha divinizzato la sfida con sé stesso e con gli altri per ottenere un risultato. Le sue parole sono santificate e riproposte al pubblico come esempi morali per la condotta individuale. In una sorta di compendio psicoattitudinale buono per ogni occasione.
Quindi non serve il conflitto perché la democrazia si sostanzi socialmente. La destra e la sinistra hanno i loro capipopolo. Da una parte Musk, dall’altra Zuckerberg. Tutti gli altri a fare il tifo o sempre pronti all’indignazione telecomandata. Con il raccapriccio tipico dei benpensanti quando l’eccezione disturba un marchingegno che si immaginava collaudato alla perfezione.
Fonte foto: da Google