La sinistra occidentale e il fardello dell’uomo bianco

La sinistra pacifista, la sinistra belligerante e il mondo multipolare.

 

Raccogli il fardello dell’Uomo Bianco

E ricevi la sua antica ricompensa:

Il biasimo di coloro che fai progredire,

L’odio di coloro su cui vigili –

Il pianto delle moltitudini che indirizzi

(Ah, lentamente!) verso la luce:

«Perché ci ha strappato alla schiavitù,

La nostra dolce notte Egiziana?»

(Il fardello dell’uomo bianco. Rudyard Kipling)

 

Questo poema, composto da Kipling nel 1899 allo scoppio della guerra per imporre il dominio statunitense sulle Filippine  nell’Oceano Pacifico, è passato alla storia come il Manifesto dell’imperialismo e del colonialismo anglosassone. Nel contesto e nell’ottica odierni può essere letto come il Manifesto delle  Guerre di Civiltà per la democrazia liberale e per i diritti umani, il manifesto del valore positivo   della occidentalizzazione del mondo come progresso dei popoli, alla base anche della propaganda ideologica attuale contro la Russia e la Cina e in generale contro il dispotismo orientale.

L’Occidente è stato anche lo spazio sociale, politico e culturale della teoria socialista e della lotta di classe contro il capitalismo. L’Uomo Nuovo aveva le sembianze dell’uomo occidentale, e la sua universalizzazione sembrava naturale. Da qui le posizioni ambigue nei confronti del colonialismo del movimento socialista e operaio, “con tutti i socialisti francesi più importanti, da Proudhon a Louis Blanc a Pierre Leroux che supportavano la causa coloniale..” (Thierry Drapeau, Le radici dell’anticolonialismo di Karl Marx, in Jacobin Italia 1/4/2019 ). Per non dire dello stesso giovane Marx, che sul New York Daily Tribune, n° 3840, 8 agosto 1853 così scriveva: “L’Inghilterra deve compiere una doppia missione in India; una distruttiva, l’altra rigeneratrice: demolire l’antica società asiatica e  porre le basi materiali della società occidentale in Asia”. Nel Manifesto del 1848, lui ed Engels reputavano la colonizzazione occidentale del mondo  una forza progressiva e benefica che portava le società sottosviluppate a un livello di civilizzazione borghese.   Eduard Bernstein cosi affrontava nel 1896 il problema della emancipazione dei popoli oppressi: “Non tutte le lotte delle popolazioni dominate contro i loro dominatori sono per ciò stesso lotte di emancipazione.  L’Africa ospita tribù e stirpi che rivendicano il diritto di svolgere il commercio degli schiavi che solo le nazioni civili dell’Europa possono impedire (sic!)….Popoli incivili e nemici della civiltà non hanno alcun diritto alla nostra simpatia, ove si levino contro la civiltà..”( in Die Neue Zeit). Ancora Engels contro la partecipazione entusiastica dei barbari slavi alla controrivoluzione di Metternich nel 1848: “Ma alla prima insurrezione vittoriosa del proletariato francese…i tedeschi e i magiari austriaci si libereranno e si vendicheranno sanguinosamente dei barbari slavi. Questa guerra generale che poi scoppierà, disperderà l’alleanza slava e annienterà persino i nomi di tutte queste piccole nazioni ostinate. La prossima guerra mondiale causerà la scomparsa dalla faccia della Terra non solo delle classi e delle dinastie reazionarie, ma anche di interi popoli reazionari. Pure questo è un progresso.” (Engels, La lotta dei Magiari, gennaio 1849).

Solo spunti per una riflessione. Ovviamente Marx, Engels e il socialismo ottocentesco non possono essere giudicati per queste convinzioni storicamente datate. Sono anche l’espressione di un’epoca storica in cui la borghesia esprimeva il massimo della sua potenza rivoluzionaria che aveva “affascinato” gli autori del Manifesto. Molta acqua è passata sotto i ponti da allora e il movimento socialista e operaio ha avuto anche e soprattutto una storia anticoloniale, in particolare con Lenin, con la rivoluzione cinese, il socialismo sudamericano  e con il sostegno dell’URSS alle lotte anticoloniali in Asia ed Africa. Ma questa componente universalista occidentale, eurocentrica,  è presente nella sua storia e nelle sue radici, e ogni tanto riemerge. Sarà un caso che si rafforza dopo l’89 e la svolta neoliberale?

Una storia con cui dobbiamo ancora fare i conti.

 

La guerra in Ucraina: la sinistra pacifista

Quanto permane di questa visione occidentalocentrica  e dei suoi presunti valori universali nella attuale campagna politico-mediatica contro La Russia e la Cina? Quanto incide nella posizione del movimento pacifista di sinistra che fatica o non riconosce alcuna  giustificazione politica alla  Russia nell’ennesima tragedia europea che si profila? Come viene affrontato il problema della pace? Quanto pesa il pregiudizio asiatico, il suo non essere una democrazia liberale secondo i canoni occidentali?

Viene giustamente proposta l’esigenza di una  trattativa per una pace possibile. Ma c’è spazio per una trattativa di pace realistica nella guerra in corso in Ucraina? Quale sarebbe?

Se Zelensky, la Gran Bretagna e la Nato per bocca del suo Segretario generale Stoltenberg,  l’UE per bocca del suo Presidente  Von Der Leyen   dichiarano che l’Ucraina deve vincere la guerra e spingono per rifiutare ogni trattativa con la Russia che non sia la sua resa e il suo ritiro dai territori del Donbass e perfino dalla Crimea, direi di NO!  L’unica condizione realistica attuale è quella della permanenza dello stato di guerra. Una  guerra provocata, voluta preparata e ora combattuta,  che reclama un vincitore e uno sconfitto. Quando si fermerà non lo possiamo prevedere.

Le posizioni “terziste” di chi invoca la pace e contemporaneamente accusa la Russia e Putin delle peggiori nefandezze, non sono credibili e nascondono la falsa coscienza dell’Occidente e della sua componente pacifista, che  invoca una generica pace  senza abiurare alla solidarietà occidentalista, fondata sulla sua presunta superiore democrazia liberale contro il dispotismo russo.

Per provare a fermare la guerra occorrerebbe il riconoscimento delle richieste russe, non criminalizzare Putin e la storia della Russia,  e venire incontro alle sue conclamate esigenze di sicurezza che la NATO e gli USA non hanno voluto e non intendono riconoscere, almeno fino ad ora, e che sono alla base del conflitto in corso.  Questo è il punto. L’altro è  riconoscere che l’Italia è un paese in guerra di fatto insieme alla NATO e contro la Russia.

Gli appelli alla pace, anche della sinistra pacifista, senza questo riconoscimento e senza una autorevole offerta politico-militare alla Russia lasciano il tempo che trovano, comprese quelle ridicole italiane, giunte fuori tempo massimo. I neocons americani, la Gran Bretagna e i nazional-nazisti ucraini non sono disponibili a simili offerte. Anzi: puntano esplicitamente alla sconfitta militare della Russia o ad una lunga guerra di logoramento.  LA NATO ne è lo strumento e noi la sosteniamo.

Allora non ha senso manifestare per la pace?

Il senso ce l’avrebbe. Ma deve essere chiaro a chi ci si rivolge, chi è la nostra vera controparte. L’Italia è di fatto un paese in guerra con la Russia. La finanzia col suo bilancio, partecipa delle sanzioni economiche, finanziarie  e commerciali, invia armi anche all’oscuro del Parlamento, partecipa della guerra mediatica e della guerra psicologica quotidiana per schierare l’opinione pubblica a favore della guerra demonizzando la Russia e i pacifisti, accusati indistintamente di putinismo. Tutto il sistema politico, inoltre,  con alcune lodevoli eccezioni, fa campagna per la guerra, in particolare il PD col governo Draghi, o  sostiene la “ resistenza “ ucraina anche con alcune componenti della sinistra pacifista contro l’autocrate russo.

Chi non si adegua viene  additato al pubblico ludibrio come nemico interno e spia del nemico. Le liste di proscrizione cominciano a circolare, così come pure le epurazioni dei sospetti.

Pe una sinistra pacifista l’obiettivo principale dovrebbe essere quello di denunciare la partecipazione dell’Italia e del suo governo ad una guerra che gli italiani non vogliono e che danneggia il nostro paese. La pace viene vista come  ricerca di un accordo tra le parti  di cui mancano però le basi minime. Chi sarebbero le parti  fra Zelenky, la Russia e la NATO? Chi sarebbe poi il mediatore terzista ?  Si pensa davvero che i paesi europei possano svolgere il ruolo di mediatori mentre sono vincolati dalla comune appartenenza alla NATO che è parte in guerra? Le sorti della pace risiedono innanzitutto nella dissociazione nostra dal sostegno alla guerra, di cui noi siamo parte e co-belligeranti. Quindi affare anche del nostro governo. Un movimento per la pace dovrebbe assumere quindi la politica del nostro governo come primo immediato obiettivo della sua lotta, denunciandone le sue connivenze e responsabilità.

In questo movimento  per la pace il punto debole  è rappresentato anche dal sindacato confederale, che sottovaluta gli effetti devastanti sul sistema produttivo industriale del nord, provocati  con l’adesione del nostro paese alle sanzioni contro la Russia, penalizzato con l’aumento del costo dell’energia e col blocco dei mercati di esportazione.  Sarebbe bastato, per iniziare,  fare almeno come in Germania, dove Confindustra  e sindacati tedeschi si sono opposti all’embargo al gas russo per evitare deindustrializzazione e perdita di posti di lavoro.

Ma chi pagherà  poi i costi della nostra guerra?

Temo alla fine che le vere vittime saranno i lavoratori e il Sud. Temo un patto trasversale ( Lega-PD- Confindustria) per salvare il Nord produttivo con sostegni assistenziali massicci al suo sistema produttivo a spese del Sud e un peggioramento delle condizioni di lavoro in termini di salario e occupazione con inflazione  a due cifre. L’Autonomia differenziata sarebbe uno scherzo al confronto! Tutto per ottenere la fedeltà del Partito del  Nord  all’atlantismo in cambio di più feroci politiche neoliberiste!

 

La sinistra belligerante

In questa campagna politico-mediatica tossica a favore della guerra  si distingue  poi  la “sinistra belligerante”, che mette sotto i piedi e oltraggia la Costituzione, trasforma  la sua scelta guerrafondaia in Resistenza, confondendo i partigiani comunisti, socialisti e cattolici con i battaglioni nazionalisti e nazisti ucraini, offendendo così la memoria di quelli che il nazifascismo lo hanno combattuto davvero.

L’architrave del partito della guerra è il PD, che ha ritrovato “finalmente” una sua identità, dopo le mille traversie del dopo ’89,  come Partito dell’Establishment e della NATO.

Le conseguenze tragiche di questa collocazione non li sfiora. I danni all’economia, la crisi dell’approvvigionamento energetico per imprese e famiglie, l’aumento del loro costo, le prevedibili chiusure di imprese e i relativi licenziamenti, la crisi alimentare in arrivo, un aumento di afflusso di profughi per fame dall’Africa,  la ristrutturazione del sistema politico e democratico in funzione dello stato di guerra permanente. Il rischio, infine, sempre sottovalutato di una ennesima guerra mondiale e di un olocausto nucleare.

Tutto derubricato a “sacrifici inevitabili” per  riaffermare  la libertà  dell’Ucraina di aderire alla NATO e in nome della Civiltà Occidentale! Quanto è ancora pesante il fardello dell’uomo bianco come destino dell’Occidente!

Per molto meno nella Storia condizioni simili  hanno provocato rivolte e rivoluzioni sanguinose.

Tutto questo succede nel paese dei balocchi e delle narrazioni dove la verità è sinonimo della menzogna, in cui i nazisti possono diventare partigiani e i russi diventare nazisti.

Nel paese reale  l’opinione pubblica italiana la pensa invece diversamente. E’ contraria nella sua maggioranza all’invio di armi all’Ucraina, non condivide le scelte di guerra della NATO, non condivide la politica del governo Draghi e della sua maggioranza di subalternità ai dictat degli USA, all’invio di armi, e la sua adesione alle sanzioni che metterà il paese e il suo sistema produttivo sul lastrico.

Un governo allora che trascina alla rovina il suo paese e lo porta a sostenere guerre e interessi altrui, calpestando la sua Costituzione è un governo che merita di essere rovesciato, e insieme ad esso la sinistra belligerante che lo sostiene con i suoi alleati. Sarebbe questo l’atto fondamentale  per far uscire il paese dalla logica di guerra,  il primo atto per combattere davvero per la Pace.

 

La sinistra occidentale e il multipolarismo

Invece assistiamo da una parte alle contorsioni pacifinte  del governo Draghi, e dall’altra alla  debolezza della sinistra pacifista che da una parte vorrebbe giustamente la pace e dall’altra non contesta radicalmente   però il sistema che genera la guerra, cioè il sistema-mondo dell’unipolarismo anglosassone e occidentale e del loro rifiuto a riconoscere le aspirazioni di interi continenti, Asia, Africa, Sud America,  alla autodeterminazione e alla indipendenza da questo sistema che ne frena lo sviluppo economico, sociale e democratico. La Pace auspicata è legata ad un’altra domanda: quale ordine del mondo dopo la guerra? La pace sarà fondata sull’ordine occidentale o sul nuovo ordine multipolare?

La guerra in Ucraina nasce da questa contraddizione globale e dalla scelta sciagurata dei nazionalisti ucraini, soprattutto galiziani, di provocare un golpe sotto regia NATO per asservire, arruolare e armare  un intero popolo nella sua  campagna contro la Russia. Una classica guerra per procura per destabilizzare la Russia, dividersi le sue spoglie preziose e condizionare la Cina e il resto del mondo.

Senza questo riconoscimento fondamentale, un movimento per la Pace  non solo non è  credibile, ma è anche inutile, non serve a rimuovere le ragioni politiche e storiche della guerra che si vorrebbe abolire.

La storia marcia verso il multipolarismo. La guerra in corso ne sta accelerando il processo.

La sinistra pacifista come si colloca rispetto a questo processo storico?  Rimane rintanata nel suo ‘confortevole’ Occidente o  lo assume come tratto della sua identità? Deve aiutare questo processo o no?  Deve aiutare questo parto oppure  agevolarne l’aborto? La risposta a questo quesito non è questione da poco.

Il destino della sinistra e dell’Occidente si gioca in questa partita: decidere se tornare ad essere artefice della propria storia e del proprio destino oppure ridursi ad una propaggine europea dell’atlantismo, a terreno di scontro della sua lotta contro il multipolarismo.

Per essere all’altezza della sfida che la Storia oggi pone, la sinistra occidentale dovrebbe  fare  i conti fino in fondo con l’ ”occidentalismo” e con la sua ideologia razzista, coloniale e imperiale,  con la  sua pretesa superiore civiltà rispetto al resto del mondo: il fardello dell’uomo bianco, appunto. La sinistra occidentale ne è dentro, consapevole o meno,  l’ha ereditata dalla cultura liberale e coloniale europea nella quale è cresciuta e che oggi viene riproposta sotto le vesti mendaci della democrazia liberale e dei diritti civili, camuffati da diritti umani,  come valori universali   da sostenere ed esportare in ogni parte del mondo, in particolare contro il dispotismo orientale, inseguendo così l’Agenda delle élites globali e le guerre democratiche dell’idealismo neocons con le sue rivoluzioni colorate che, pur espressione di  contraddizioni sociali vere, rappresentano  una variante ai tradizionali colpi di stato alla cilena. Dovrebbe essere consapevole che la fine dell’unipolarismo anglosassone, l’abbondono di una visione occidentalista del mondo,  può aprire la strada allo sviluppo della nostra democrazia e a rimettere in campo una prospettiva neo-socialista che sembra oggi perduta.

La scelta di fondo è tra guerre di civiltà o dialogo di civiltà contro l’occidentalizzazione del mondo.

L’orrendo spettacolo  quotidiano che ci viene propinato a tutte le ore fatto di menzogne e  propaganda becera antirussa che fa impallidire quella antisovietica del ’48,  di criminalizzazione  della sua storia e di cancellazione della sua cultura,  offende non solo l’intelligenza del popolo italiano e delle menti libere, ma è anche un’abiura dalla migliore tradizione della cultura e della civiltà europea che nasce umanistica e rinascimentale, cioè italiana. O forse anche questa è morta con le  due guerre mondiali.  E forse sarà seppellita definitivamente dalla terza in corso.

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9 commenti per “La sinistra occidentale e il fardello dell’uomo bianco

  1. armando
    30 Maggio 2022 at 21:14

    La migliore tradizione europea è morta e sepolta, tranne rare voci provenienti sia da qualche cattolico, sia da qualcuno di ” destra” sia di “sinistra”. Ma sono voci rare. E del resto se il pregiudizio eurocentrico e antiscivolo fu anche di Marx ed Engels e, aggiungo di larga parte del marxismo (anche se Marx, sul finire della vita ebbe a rivedere alcune precedenti convinzioni), c’è poco da sperare, credo.

  2. Pietro Soldini
    30 Maggio 2022 at 21:31

    Encomiabile la profondità di analisi e condivisibile il filo di ragionamento e conclusioni politici.

  3. Massimo Azolini
    31 Maggio 2022 at 21:25

    Urlo di speranza.
    Guerra! Guerra! Guerra!
    Son parole,
    Sono idee,
    Sono lampi di follia che attraversano le menti dei potenti della guerra.
    Sono lampi di calore,
    Sono pietre,
    Sono schegge che distruggono la vita della gente.
    Mio padre mi diceva: “Tutto meno che la guerra!”
    E lui l’aveva vista, odiata e raccontata per portare la memoria,
    La memoria dell’orrore.
    Credo, spero, penso e voglio per i figli di domani,
    Una vita senza orrore,
    Orrore degli umani.
    Gli innocenti delle guerre, morti senza aver capito, reclamano giustizia.
    Chiedono: Pace! Pace! Pace!

    19 ottobre 2001
    Dedicata ai figli di domani, ad Alessandro e Marco (miei figli).

    Purtroppo da allora ad oggi i potenti della terra pur essendo cambiati non hanno mutato i loro atteggiamenti. Massimo Azolini.

  4. Red
    2 Giugno 2022 at 22:40

    Il post ha il merito della sicerità di attaccare apertamente Marx, Engels e il marxismo definito come “ottocentesco”, rifuggendo dall’ipocrisia di fingersi marxisti che caratterizza molti “beligeranti” dalla parte della Russia di Putin in nome di un anti-capitalismo che, grattata la patina del dirsi comunisti, risulta essere un anti-capitalismo di tipo reazionario.
    Le analisi di Marx ed Engels sono tutt’ora pienamente valide nell’evidenziare il carattere progressivo del capitalismo, e quindi di volta in volta della sua fase più avanzata.
    Progressivo nel liquidare le forme precedenti di capitalismo e le forme pre-capitaliste, eliminando in questo processo i legami sociali autoritari per sostituirli con legami sociali fondati sulle merci e sul denaro, che la lotta di classe deve superare per andare oltre il capitalismo, non per difendere forme più arretrate di capitalismo o pre-capitaliste, e le loro sovrastrutture politiche come il “dispotismo orientale”.
    Tutto questo è pienamente attuale nell’analisi dell’arretrato capitalismo russo, e della sua sovrastruttura politica, versione aggiornata del dispotismo orientale, che sono oggi sotto il tiro del capitalismo avanzato liberale occidentale per mezzo della questione ucraina.
    E allora cosa è questo stare dalla parte dell’arretrato capitalismo dispotico orientale russo, e di altri vetero-capitalismi in giro per il mondo, accampando con piroette teoriche posizioni comuniste?
    Niente di nuovo, è quello che Marx, nel Manifesto dei Comunisti, ha definito “socialismo reazionario”, nel senso di un anti-capitalismo che sta dalla parte di forme sociali precedenti, nel caso russo un capitalismo arretrato e regressivo, per combattere il capitalismo avanzato del tempo che invece va superato in avanti, non indietro.
    Non a caso in questa battaglia il “socialismo reazionario” si ritrova con imbarazzanti compagnie tradizionaliste, che sono le forze egemoni di questa lotta.
    E accusa i marxisti coerenti con il pensiero e il metodo di Marx di essere il prolungamento del liberalismo radicale. Il che in un certo senso è vero, nella misura che marxianamente è il capitalismo più avanzato la forza sociale più progressiva e liberatrice dai vecchi rapporti autoritari, perchè quella è la frontiera da cui procedere per superare i capitalismo, non certo per unirsi alla difesa delle vecchie forme in via di dissoluzone, come il capitalismo arretrato e dispotico russo.

    • Giulio Bonali
      3 Giugno 2022 at 7:40

      Invece, al contrario del signor Red, il geniale marxista autentico Lenin (autenticamente marxista, ergo critico “per definizione”, capace di riconoscere e superare limiti ed errori inevitabilmente propri del socialismo scientifico di Marx ed Engels, in quanto per l’ appunto scienza -umana- e non pretesa religione infallibile, dai dogmi indiscutibili) non trovava per nulla “imbarazzante” scegliere di lottare, nel conflitto fra il tradizionalista religioso e autoritario, oscurantista sostenitore del feudalesimo emiro dell’ Afghanistan e l’ opposizione laburista di sua maestà britannica (N.B.: non il governo conservatore, ma la avanzatissima, “civilissima” pseudo”democraticissima”, laicissima, ecc. opposizione laburista!), dalla parte del primo.

      • Yak
        7 Giugno 2022 at 8:28

        Appunto, altrimenti secondo la logica della parrocchia illustrataci da Red dovremmo sostenere il colonialismo in quanto espressione di capitalismo “avanzato” a confronto di popoli “inferiori”, o magari a suo tempo ad es. la conquista giapponese della Cina in quanto i nipponici senz’altro industrialmente più avanzati dei cinesi. Mao aveva sbagliato tutto, si doveva arrendere preventivamente, anzi, aiutare gli invasori! Dovremmo ribattezzare l’articolo “Il fardello del capitalista avanzato”…

    • Fabrizio Marchi
      3 Giugno 2022 at 18:46

      Questo tuo/vostro modo di pensare è tipico della solita risacca fuori tempo massimo della “sinistra” post troschista, post gruppettara, post anarcoide, “libertaria”, post sessantottina, intrisa fino al midollo di dogmatismo. In realtà siete (molto) più dogmatici degli stalinisti (che avete in odio) e di chiunque altro. Un dogmatismo – non voglio essere offensivo ma è ciò che penso – che ormai trovo tra il patetico e il grottesco.
      Avete trasformato il Marx pensiero in una sorta di religione secolarizzata e “iperuranizzata”, commettendo il più grave errore che un marxista dialettico potrebbe commettere. Avete un modello di “marxismo scientifico” da applicare sempre, comunque e dovunque ad ogni latitudine, ad ogni dove, a-temporale, a-spaziale e soprattutto a-storico e a-dialettico, anzi, antidialettico. Per voi la storia e l’esperienza concreta non contano nulla. Del tutto inutile citarvi Lenin, Mao, Ho Chi Mihn, Castro e le differenti peculiarità delle rivoluzioni russa, cinese, cubana, vietnamita ecc. Per voi esiste un “marxismo scientifico” da applicare sempre, comunque e dovunque. Tutto il resto o è revisionismo (naturalmente inteso in senso dispregiativo, cioè l’abbandono e il tradimento del Verbo, della Verità Scientifica Assoluta) oppure “socialismo reazionario” o, peggio ancora, collusione ideologica e politica con la destra reazionaria, con la difesa delle più arretrate forme di capitalismo o precapitalismo o con il “dispotismo orientale”, categoria che definire banale è un eufemismo. Ma cosa significa “dispotismo orientale”? Quale oriente? Ci sono tanti orienti diversi, c’è quello cinese, quello russo, quello iraniano, quello indocinese, quello giapponese. “Dispotismo orientale” non significa un bel nulla, è soltanto una banalizzazione dalla quale emerge il vostro sostanziale “occidentalismo/eurocentrismo”. Siete l’altra faccia speculare di coloro che volete criticare. Non vale neanche più la pena rispondervi nel merito perché siete un disco rotto, un disco che, guarda caso, finisce sempre per aderire, di fatto, alla narrazione occidentale e occidentalista (e capitalista). Il problema è che anche in questa presunta critica sbagliate bersaglio rivolgendovi e rivolgendola a noi, ma per il vostro non elevatissimo setaccio, è sufficiente uscire di qualche centimetro dai vostri ottusi binari per diventare dei rossobruni, “socialisti reazionari”, sostenitori di forme arcaiche precapitaliste, ecc.
      Ho pena – lo dico non in termini dispregiativi, credetemi – per tutte le forme di ottusità e dogmatismo, quando sono in buona fede. Non quando non lo sono. Ma questo io non posso saperlo perché non ti/vi conosco. So soltanto che sono ormai rituali le “incursioni” di questi “sinistri” su questo giornale. Mi chiedo cosa vi motivi. Ma non è importante saperlo.

    • gino
      4 Giugno 2022 at 1:04

      caro red,
      chi é “avanzato” e “arretrato” lo dirá darwin.
      quelli che vinceranno (russia, cina, asia, oriente, emergenti) saranno gli avanzati, e viceversa.

      • Giulio Bonali
        4 Giugno 2022 at 14:49

        No, caro Gino (non per pretendere di difendere l’ indifendibile Red, ma) Darwin con la storia umana non é pertinente!
        E’ stato un grandissimo genio rivoluzionario per quanto riguarda la storia naturale, ma la storia umana, pur non contraddicendo l’ evoluzione biologica e le altre leggi scientifiche della natura, nella quale é integrata e si sviluppa come un ramo é integrato e si sviluppa nel tronco di un albero o in un altro ramo, é altra cosa; e vittorie e sconfitte in essa dipendono dalla dialettica fra sviluppo delle forze produttive e rapporti si produzione e non da quella fra mutazioni genetiche casuali e selezione naturale (ovviamente senza derogare da quest’ ultima, che però non ne costituisce la spiegazione scientifica, lo strumento razionale per comprenderla ed agirvi efficacemente; non della storia umana, ma solo della storia naturale).
        MI scuso per la pignoleria, ma mi sembra una distinzione concettuale la consapevolezza della quale é indispensabile per evitare grossolani errori e il pericolo di rovinose cadute fra le braccia dell’ irrazionalismo e della razione.

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