Ieri sera su 8 e mezzo è andato in onda un siparietto fra il grottesco e il tragicomico e da un certo punto di vista anche divertente (se la situazione non fosse, appunto, tragica…).
Protagonisti, oltre naturalmente a Lilli Gruber, la viceministra ucraina, la russofoba guerrafondaia Irina Vereshchuk, il direttore de La Stampa, Massimo Giannini, quello di Limes, Lucio Caracciolo, e Massimo Cacciari.
Caracciolo e soprattutto Cacciari si sforzavano di proporre una possibile soluzione politica e diplomatica alla crisi in corso (riconoscimento dell’autonomia del Donbass e Crimea alla Russia) ma la risposta della Vereshchuk era sempre la stessa:” Nessuna concessione territoriale e di nessun genere alla Russia, la Crimea è ucraina, Putin non si combatte con la diplomazia ma con le armi, dobbiamo sconfiggere la Russia e costringere Putin a dimettersi. Putin non si fermerà, vuole invadere la Georgia, i paesi baltici, e tanti altri ancora, dobbiamo sconfiggerlo ora militarmente, tutti insieme, non c’è nessuna alternativa”.
Cacciari, dopo aver spiegato che è impensabile che la Russia possa rinunciare alla Crimea, tra lo sconsolato e l’ironico (sia pur camuffato) le risponde che in effetti quella proposta dalla Vereshchuck è una strada possibile, cioè quella della guerra perpetua, con tutte le drammatiche conseguenze che ciò comporta, cioè l’inquietante e soprattutto pericolosissimo allargamento del conflitto nel cuore dell’Europa (e forse il conflitto mondiale). Ma è come parlare ai muri. La Vereshchuck, completamente indifferente a tutto ciò che viene detto, non si muove di una virgola e continua imperterrita con la stessa musica: guerra ad oltranza finchè Putin non sarà stato sconfitto e deposto.
Arriva il bello (si fa sempre per dire…). La Gruber dice che non si può confondere il popolo russo con Putin e chiede alla Verescuk la sua opinione nel merito, probabilmente aspettandosi una risposta quanto meno un po’ più diplomatica. Ma niente da fare, ottiene anzi l’effetto contrario. La Vereshchuk, con toni sempre più assertivi e agguerriti, risponde che tutto il popolo russo è responsabile di quanto sta accadendo, dei massacri, degli stupri delle stragi compiute dall’esercito russo, scavalcando a destra perfino Biden che si è limitato a definire Putin un macellaio criminale.
In studio vengono inquadrati i volti e le espressioni dei presenti. Caracciolo, semipietrificato, ha lo sguardo fisso nel vuoto, Giannini guarda in basso mentre si passa una mano sulla fronte, Cacciari ha l’espressione tra lo sconsolato e il rassegnato che assume solitamente quando si rende conto che non c’è più nulla da fare. Addirittura Giannini – ripeto, Giannini, uno dei principali e per quanto mi riguarda più insopportabili (ammesso che ce ne siano di sopportabili) esponenti del mainstream mediatico liberal dominante – è costretto a smarcarsi e a prendere le distanze, anche se in evidente difficoltà personale, dalle parole della criminale russofoba. “La cultura russa – ha detto più o meno – è patrimonio dell’Europa che senza di essa sarebbe un’altra cosa, non possiamo regalare l’intero popolo russo a Putin”.
Non poteva mancare l’immancabile riferimento al famigerato battaglione nazista Azov sotto assedio nell’acciaieria di Azovstal a Mariupol. La Gruber afferma che alcuni ufficiali del battaglione avrebbero dichiarato che il governo di Kiev li starebbe abbandonando al loro destino. Del resto, specie sotto il profilo dell’immagine, i nazisti cominciano ad essere troppo ingombranti non tanto e non solo per Zelensky quanto per la narrazione mediatica occidentale. Ma anche in questo caso la Vereshchuck nega tali accuse ribadendo che sono infondate e che stanno lavorando ad una soluzione.
Fantastico! (si fa ancora una volta per dire…). La commedia è andata ben oltre l’immaginabile. L’imbarazzo della Gruber e soprattutto degli altri si tagliava col coltello.
Ben gli sta a questi stipendiati d’oro del circo mediatico. Che tutti sappiano chi è questa gent(aglia) che stanno armando e sostenendo.
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