Ai tempi della guerra fredda e della “mai abbastanza deprecata” prima repubblica l’Italia era, per molti aspetti, uno dei paesi più liberi del mondo.
Libero, al suo interno: di avere un’economia mista, con il ruolo centrale delle partecipazioni statali. Libero, sempre al suo interno, di convivere senza particolari problemi, con il partito comunista più forte dell’occidente; considerandolo parte centrale dell’”arco costituzionale”.
Libero, sul piano internazionale, di aderire al Patto Atlantico. Ma nella sua accezione territorialmente limitata e difensiva. E di conciliare, costantemente, con Moro, Fanfani e, ancor più, con Craxi, solidarietà con l’Occidente e aperture a tutto campo: che si trattasse dei rapporti con la Russia o del riconoscimento della Cina, dell’apertura alla Libia o del sostegno aperto alla lotta del popolo palestinese.
Dopo la brevissima parentesi successiva alla caduta del Muro siamo diventati il più subalterno perché più ricattabile ( o, se preferite, il più ricattabile perché più subalterno).
Ricattati/subalterni rispetto agli Stati Uniti: al punto di sentire il dovere, ogni santo giorno, di confermargli la nostra immarcescibile fedeltà.
Ricattati/subalterni rispetto all’Europa di Bruxelles e alle agenzie di rating che ci tengono sempre sotto osservazione richiamandoci, periodicamente, al rispetto dei nostri impegni. Ma anche a quella di Stoltenberg, di Varsavia e di Kiev che non bada alle nostre parole ma ai nostri impegni; annotando, a futura memoria, la distanza che separa le prime dai secondi.
Ricattati/subalterni rispetto all’Egitto che dal massacro di Regeni sino ad oggi ci ha preso pubblicamente a schiaffi perché dipendiamo da lui per il futuro di alcune nostre grandi aziende mentre lui può tranquillamente fare a meno di noi.
Ricattati/subalterni rispetto alle fazioni libiche, cui abbiamo aperto la strada, sacrificando- e qui per pura subalternità- l’ amico Gheddafi. E, più in generale, dei regimi libici, turchi, tunisini e quant’altro, perché abbiamo affidato loro le chiavi ( seguiti, in questo, da altri stati europei) per “tenere fermi” gli aspiranti profughi, pagandoli profumatamente per questo servizio.
Ricattati/subalterni, infine, non tanto rispetto alla Russia ( qui la dipendenza è reciproca, anche perché economicamente conveniente) ma nei confronti di stati lontani e/o inaffidabili che andiamo a cercare in pompa magna per garantire, in un futuro e a condizioni imprecisate, le nostre forniture energetiche.
Si dirà che vogliamo, per natura o per calcolo, essere amici di tutti. E che ciò comporta dei vincoli. Ma tra vincoli spontaneamente accettati e vincoli subiti c’è un abisso.
Si dirà che il popolo italiano è per natura pieghevole, adattabile, esterofilo, seguace senza criterio di mode, miti e modelli esterni. Ma qui non stiamo parlando dei governati ma dei governanti. E non di condizioni consolidate se non epocali, ma di mutamenti radicali e in un arco di tempo breve.
E, allora, perché ?
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