Unum castigabis, centum emendabis ( in cinese 殺一儆百T, 杀一儆百S, shā yī jǐng bǎiP) il detto latino è sempre valido, lo si ritrova anche nel libro degli Han. L’analogia con la Cina non è casuale, in quanto le democrazie hanno gestito l’emergenza covid avendo come punto di riferimento la Cina.
Stefano Puzzer è stato licenziato. Paga una resistenza eroica e spesso solitaria. Dopo il daspo urbano annullato dal Tar del Lazio, arriva il licenziamento. La tempistica svela la verità del potere che agisce, mai a caso, le leggi sono utilizzate per colpire fortemente, quando si ritiene vicina l’uscita dal pericolo, in tal maniera l’effetto è doppio sulla vittima. Non si deve solo punire, ma si deve destabilizzare il soggetto colpendolo, quando ritiene vicina la salvezza. Dal 2 maggio è possibile rientrare al lavoro senza green pass, tre settimane prima arriva la lettera di licenziamento, perché non ha voluto presentare il green pass e non lo ha scaricato, pur essendo vaccinato. Il dominio colpisce, si è detto in tempi ben determinati per fare più male possibile. Vi è il sadismo del calcolo nell’uso della violenza. Non si deve solo incutere paura, ma vi dev’essere una carica sadica nel colpire in modo che il messaggio arrivi forte e chiaro a colui che ha disobbedito e a coloro che vorrebbero disobbedire, anche simbolicamente con gesti non plateali, al dominio degli oligarchi. Si colpisce Puzzer per educare, o meglio, addomesticare le moltitudini. Il potere deve mostrare i muscoli tagliando i viveri. Qualsiasi lavoratore non può che temere il licenziamento, stile Puzzer, poiché ricollocarsi sul mercato del lavoro dopo un simile licenziamento è probabile che sia impossibile. Il dominio, dunque, usa razionalmente la violenza, ne ha il monopolio, per cui agisce concentrandola su talune vittime, in modo che l’effetto tellurico possa devastare le altrui coscienze. Una società è democratica, se i cittadini non vivono nell’angoscia e nella paura. Ogni dittatura dichiarata o implicita usa la paura per dominare e per inibire non solo il pensiero, ma specialmente l’attività politica, la quale è associativa e comunitaria. La paura circola nel corpo sociale, ha il potere di separare e di tacitare i resistenti. L’inquietudine è un acido che scioglie il pensiero e irreggimenta il popolo tramutandolo in plebe. Un popolo impaurito non può che diventare un gregge belante alla ricerca di un pastore e quindi dell’uomo forte al comando. Le democrazie liberali hanno imparato dalla storia del Novecento, gli oligarchi hanno sperimentato la paura, sanno gestirla e conoscono il suo potere isolante. La solitudine di Puzzer, o presunta tale, è la solitudine di tutti i lavoratori, i quali senza articolo 18 e precari sono ricattabili, e se a ciò si aggiunge l’esperienza di Puzzer, il potere spera e calcola di averli schiacciati. La guerra non la si combatte solo con le armi, essa è parte sostanziale del corpo sociale liberista: ovunque vi sono trincee e barriere sociali. Gli idranti che liberarono il porto di Trieste e scacciarono pacifici lavoratori, sono ancora attivi con il licenziamento del portuale triestino. Il sogno distopico del potere è la violenza perpetua da usare in modo razionale e dosato per trasformare singoli episodi in inibitori universali dei lavoratori. La notizia del licenziamento non è stata data dalle TV di Stato, le quali continuano a far propaganda per le armi da inviare in Ucraina. Il silenzio con cui la TV di Stato ha accolto il licenziamento, si può ipotizzare, sia parte della logica della paura. Non vi dev’essere nessun riconoscimento pubblico delle ragioni di Puzzer, nessun confronto, deve sparire dall’immaginario sociale e politico, dev’essere rimosso dalla coscienza collettiva. Nessuna dialettica, tacciono i partiti e i sindacati confederati. I lavoratori attraverso Puzzer devono imparare che resistere è inutile e bisogna solo obbedire. Il dominio sta allargando il fossato che divide le istituzioni pubbliche e private dal popolo dei lavoratori, la violenza allontana e divide, per cui alla fine di questo percorso il fossato potrebbe essere così profondo e largo da rendere le istituzioni distanti, ma farle percepire come inutili. In simili frangenti tutto può accadere, per cui nella notte della nostra democrazia bisogna difenderla con i mezzi legalmente riconosciuti in modo da neutralizzare pericolose derive già p