La cultura dello spettacolo ha divorato gli ultimi residui ideologici delle grandi liturgie di massa. Pochi giorni fa, l’8 marzo festa della donna, a Torino un gruppo di donne a seno nudo ha protestato contro il pericolo climatico. Femminismo e urgenza dei temi climatici in vetrina per la società dello spettacolo. Il tentativo di attrarre l’attenzione non è più orientato con il concetto e la politica, ma si insegue la congruità estrema al sistema, fino ad esserne assimilati.
Le attiviste di Extinction Rebellion si sono spogliate di fronte a Palazzo Lascaris, la sede del Consiglio regionale torinese, e in altri luoghi nodali del capoluogo torinese. Lo spettacolo ha offerto l’ennesima nudità senza concetto. Ancora una volta le ribelli si sono mostrate organiche al potere, il gruppo ha un nome tassativamente inglese, gli slogan utilizzati sono una forma di ginecomorfismo assoluto, scusate il neologismo, tutto è donna, anche la terra, quest’ultima è stuprata come fosse una donna; è implicita l’accusa al genere maschile reo del sistema economico capitalistico nella sua fase assoluta.
Il genere femminile, invece, è associato alla madre terra, la quale subisce violenza dalla cultura maschile e dagli uomini. Ancora una volta siamo di fronte ad un semplicismo regressivo. Il gruppo delle ribelli con la propria esibizione a seno nudo e senza logos, non è ribelle ma parte integrante del politicamente corretto. La ribellione che conferma il sistema è il massimo successo del capitalismo assoluto: cultura anglofona e della vetrina sono i suoi capisaldi.
Mostrarsi per attrarre attenzione, non è ribellione, non è essere rivoluzionari, la nudità riduce l’essere umano a manichino da esporre, alle ribelli sfugge che hanno utilizzato lo stesso linguaggio del capitalismo che non contestano, poiché la loro ribellione è primariamente a difesa della madre terra, la quale è in pericolo per il capitalismo assoluto che invece è confermato dai loro linguaggi. Nudità senza scambio simbolico e relazione, ma seduzione ed imposizione di sé all’orizzonte dell’altro è la norma nel laicismo ateo attuale. Non a caso il loro intervento è stato fotografato e documentato come “banale normalità”. Nessun concetto o discorso, ma solo colpevolizzazione implicita del genere maschile che stupra le donne e la terra in una linea di continuità senza interruzione, poiché la natura mostruosa del maschio non conosce che lo stupro.
In tale contesto al gruppo delle ribelli sfugge che le donne in posizioni apicali e formate al laicismo anglosassone sono responsabili quanto gli uomini del disastro ambientale, politico e antropologico. Uomini e donne sono stuprati dai tagli dei diritti sociali e da patologie causate da un ambiente saccheggiato, gruppi elitari costituiti da donne e da uomini governano la globalizzazione col ferro e col fuoco, sono parte integrante della struttura economica che contestano.
Le “ribelli” con il loro corpo manichino sui quali erano tatuati i loro slogan hanno voluto denunciare, anche, quanto le donne subiscano la crisi economica in modo maggiore rispetto agli uomini stupratori e privilegiati. Se il loro sguardo si orientasse a guardare, anziché ambire ad essere guardate, vedrebbero che gli uomini delle classi popolari sono oggetto di un taglio vertiginoso dei diritti quanto le donne. Sono gli uomini a morire normalmente sul lavoro e non le donne; se si lotta contro lo sfruttamento si ha l’obiettivo di emancipare tutti gli sfruttati, non solo una parte in particolare. La ribellione prima è liberarsi dagli stereotipi e dalla cultura del politicamente corretto, solo in tal modo è possibile strappare il velo di Maya dell’ideologia e capire la verità terribile nella quale siamo implicati.
Per accedere alla verità sociale bisogna rinunciare al narcisismo indotto dal sistema per una nuova cultura della solidarietà mediata dal pensiero politico, altrimenti ogni lotta non sarà che un’esibizione senza concetto e parola. Alla centralità del corpo da mostrare tatuato bisogna sostituire la centralità del concetto solidale.
Al potere, un gruppo di donne che si denudano fa lo stesso effetto del gay pride, ovvero il solletico, anzi il potere applaude a coloro che confermano il sistema con una critica fatta di slogan e di esibizione di sé. Non c’è nulla da temere da coloro che sono organici al sistema pensando di essere ribelli, si contribuisce a presentare il sistema come democratico e plurale, al punto che consente la “pubblica esposizione” del dissenso sotto i palazzi governativi.
Si deve operare un’autentica rivoluzione copernicana, bisogna rimettere il pensiero al centro con gli uomini e le donne che si impegnano nella prassi silenziosa e discreta, la quale deve preparare l’alternativa ad un sistema che afferma i diritti umani, ma li nega.
Le prime autentiche femministe, pur con le loro contraddizioni, sono state pensatrici che hanno messo al centro il pensiero ribelle senza slogan e facili gratificazioni, ma hanno trasformato la loro esistenza in lotta volta a comprendere l’ideologia per smascherarla nella sua complessità dinamica. Non esistono, uomini e donne in astratto, ma ciascuno è in una condizione materiale differente, per cui alla cultura dell’astratto in linea con il cosmopolitismo globalista, bisogna sostituire il materialismo storico senza il quale sfuggono le differenze sociali su cui bisogna operare per un futuro a misura di persona nelle sue differenze senza integralismi e miti totemici di genere.
Fonte foto: La Stampa (da Google)