Nell’arco di pochissimi giorni circa cinquecentomila (500.000) profughi ucraini (in realtà quasi tutte donne e bambini perché il governo ucraino ha imposto a tutti i maschi sopra i 18 anni di restare nel paese) sono stati accolti in Polonia. E molti/e altre continuano ad arrivare.
Solo pochi mesi fa lo stesso governo polacco (con il sostegno politico dell’UE) ha schierato l’esercito al confine con la Bielorussia per impedire a poche migliaia di migranti provenienti da vari paesi mediorientali e dell’Asia centrale di entrare in Polonia.
Due pesi e due misure. E’ evidente che ci sono migranti e/o profughi di serie A e migranti e/o profughi di serie B.
Penoso e patetico, a dir poco, l’atteggiamento delle destre europee, costrette a fare buon viso rispetto a quello che per loro è da sempre uno dei cavalli di battaglia, cioè l’ostilità pregiudiziale verso gli immigrati, e in generale rispetto a quanto sta accadendo.
Salvini si vantava fino a poco tempo fa di avere rapporti molti stretti con Putin e in generale con gli ambienti a lui vicini (da esponenti del mondo culturale come Dugin a vari oligarchi e uomini d’affari).
Ma lo spettacolo più farsesco è senz’altro quello della Meloni, obbligata a sostenere la crociata antirussa occidentalista per non giocarsi le sue chances di governo, magari o forse molto probabilmente come leader della coalizione di centrodestra. Prima o poi toccherà anche a lei il rituale pellegrinaggio (una tappa obbligata per i post fascisti) a Gerusalemme, kippah munita, per ricevere la benedizione del governo israeliano.
Per ora le tocca, obtorto collo, unirsi al coro che invoca la criminalizzazione di Putin e della Russia. Del resto, Parigi val bene una messa e anche più d’una.
Veri e propri pagliacci, in questo caso ancor più dei loro colleghi di area liberale e di “sinistra” per i quali la demonizzazione di tutto ciò che non rientra nelle liturgie ideologiche e postmoderniste dell’universo liberal “californication” (cioè la quasi totalità del pensiero, della filosofia e della cultura mondiale) è un elemento costitutivo del loro stesso essere ed esistere. Non credo di sbagliarmi se dico che non manca ormai molto al giorno in cui anche la grande letteratura russa sarà sottoposta al fuoco purificatore della cosiddetta “cancel culture”.
C’è solo da augurarsi (purtroppo però è solo un augurio) che molta gente, specie dei ceti popolari, che in buona fede ha individuato in questi soggetti degli interlocutori o addirittura una alternativa al sistema, si ravveda e comprenda la loro reale natura.
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