Il dominio oligarchico ha paura di se stesso, l’esperienza pandemica con la sua pletora di provvedimenti crescenti fino all’irrazionale conclamato smentisce la sua stessa narrazione: il green pass dura 12 mesi, ma l’effetto del vaccino decade dopo sei mesi, per cui il green pass non ha giustificazione sanitaria i primi mesi. I provvedimenti, d’altra parte, si soffermano sulla necessità di accelerare fino a “sospendere” le libertà costituzionali, in un tripudio di proclami e smentite. La verità emerge in modo sempre più palese, è il PIL il vero obiettivo, si teme un nuovo collasso della crescita, in realtà la difesa della vita è secondaria rispetto agli obiettivi economici. Il sistema non ha catalizzatori etici o politici, l’unico collante che consente al sistema occidente di sopravvivere è la crescita infinita del PIL, la promessa che la crescita sia possibile sempre e per sempre. L’occidentale medio vive di questa illusione distopica, ha fiducia in un futuro che progetta in funzione dell’accumulo crescente. La pandemia è, dunque, ancipite: è ghiotta occasione per estendere il dominio e per l’accumulo di capitali da parte delle multinazionali che governano le nazioni o vi partecipano vivamente alla loro gestione, d’altra parte le contraddizioni sociali sono state immesse nel tessuto sociale con il decremento del PIL, e la possibilità che si ripeta un nuovo confinamento terrorizza il dominio oligarchico. La popolarità del sistema facilmente si potrebbe inabissare, perché si sorregge solo sul benessere economico promesso e reale. La pletora di provvedimenti tradiscono la paura di un fallimento e il timore del ripetersi di un nuovo confinamento con gli inevitabili effetti economici su gran parte della popolazione con il rischio di esiti imprevedibili. Il popolo, benché plebe nella prospettiva degli oligarchi potrebbe sempre scoprire il grande inganno, i giochi di potere e i retroscena dello stato pandemico. L’intelligenza collettiva si acuisce nelle difficoltà diffuse, quando la nuda vita non è più praticabile per molti, il dolore può diventare l’afrodisiaco del concetto e della prassi. Dinanzi al pericolo fiutato, il potere-dominio non può che pianificare interventi sempre più massicci per prevenire il fantasma di nuove chiusure, al punto che potremmo dire che nelle stanze del potere si aggira lo spettro del confinamento verso il quale il sentimento è ambiguo. Il dominio per sua natura non ha senso del limite, e vorrebbe eternizzare il controllo, ma nello stesso teme ciò che desidera. Le folle che i sabati affollano le piazze, oggetto di provvedimenti sempre più severi, possono essere l’inizio di un’incontrollata protesta, specialmente se le promesse di ritorno alla normalità grazie al siero vaccinale vengono gradualmente abbandonate.
La trappola in cui non bisogna cadere è la guerra orizzontale tra vaccinati e non vaccinati, espediente con cui si cercano i responsabili della normalità persa tra i non vaccinati. Fin quando l’opinione pubblica è disponibile a lasciarsi beffare in questa partita manichea il potere-dominio può continuare i suoi traffici mondani. La paura potenzia gli immensi mezzi che il potere possiede con i suoi servi fedeli e sciocchi, ma anche nella pressante campagna di respingimento delle domande che in una democrazia sono la normalità, assieme al parlamentare degli organi deputati, si scorge la paura della verità, e nel contempo la pratica del controllo sempre più pervasiva denuncia un’impotenza e un’incapacità di gestione di una condizione complessa e fluida. La pressione a cui si è sottoposti sicuramente condiziona, e a volte determina le scelte, le opinioni e le parole, ma nello stesso tempo il fiato sul collo sempre presente induce taluni sudditi a porsi delle domande, lo stress è capace di muovere domande e parole fino a trasformare il suddito in cittadino capace di senso critico e di recuperare per concettualizzare la memoria degli avvenimenti. La condizione attuale è attraversata da un’ambiguità di fondo che può assumere diverse configurazioni. Il futuro non è prestabilito da nessuno, ma certamente perderà chi avrà paura al punto da perdere il contatto della realtà. I processi di derealizzazione in cui i popoli sono implicati possono essere il percorso che porta alla consapevolezza della verità storica del nostro tempo o alla rovina. I versi di Friedrich Hölderlin evocano la potenzialità del momento storico che stiamo vivendo:
“Dove c’è pericolo cresce anche ciò che salva”
Non bisogna disperare la grande paura può essere una grande sconfitta per i potentati economici oppure la plebeizzazione totale dei popoli belanti pronti a chiedere protezione al potente di turno in un mondo divenuto periglioso e irrazionale. La salvezza nel pericolo ci è data dallo svelamento senza filtri della verità del nostro tempo, guardarla in pieno volto è occasione che capita poche volte nell’arco della storia e, ancor più raramente nella vita i ciascuno.
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