Si sta da tempo facendo largo l’idea – e la crisi pandemica ha dato la spallata definitiva sotto questo profilo – che ad esprimersi sui vari temi debbano essere solo e soltanto gli esperti.
Ma la democrazia è un’altra cosa. La democrazia è il confronto fra ignoranti, come si suol dire. Anche perché, in fondo, ignoranti lo siamo praticamente tutti, anche se a diversi livelli, con rarissime eccezioni che si contano sulle dita di due mani in tutta la storia dell’umanità.
Ma non c’è dubbio che la pressochè quasi totalità degli esseri umani non sappia nulla di quasi tutto. Eppure su quasi tutto si esprime, come è normale e giusto che sia. Certo, su alcuni argomenti di natura prettamente scientifica sarebbe meglio astenersi e lasciar parlare solo e soltanto i competenti. Ma non c’è dubbio che anche in questo caso, una volta ascoltati doverosamente i pareri degli esperti, debba essere il dibattito democratico, cioè la Politica, ad esprimersi e a prendere decisioni.
Da tempo invece, come dicevo, assistiamo ad una pericolosa tendenza, e cioè quella che sostiene più o meno tacitamente e in diversi casi esplicitamente che ad occuparsi delle varie questioni debbano essere solo e soltanto gli specialisti. E questo non vale, ovviamente, solo per le materie scientifiche ma anche per la filosofia, l’economia, la politica.
E’ un processo – in buona parte già avvenuto – che sta pericolosamente portando dalla democrazia (pur con tutte le sue contraddizioni strutturali che ben conosciamo) alla tecnocrazia. Alla guida dei governi, così come fra i ministri, avremo sempre più “tecnici”, per lo più del tutto estranei alla “carne e al sangue” della battaglia politica e sociale.
Si tratta di una concezione che si fonda su una sostanziale delegittimazione della Politica stessa, svuotata del suo più alto significato per essere ridotta e concepita come luogo di corruzione, di mero intrigo ma, soprattutto, di promozione di individui mediocri che fuori dell’ambito politico vivrebbero nella più totale e insignificante oscurità. E in effetti, oggi, è in larghissima parte così.
Ma questo – il livello penoso e desolante dell’attuale classe politica – è dovuto, appunto, a questo processo di lucida delegittimazione sostenuto dalle classi dominanti che non hanno più alcun bisogno della mediazione politica, cioè dei partiti e dei sindacati, ormai neanche più la pallida ombra di ciò che erano e rappresentavano per lo meno fin verso la fine degli anni ’70 del secolo scorso. Del resto, il crollo del comunismo, la scomparsa del movimento operaio, la fine di ogni conflittualità e quindi della dialettica non poteva che portare ad un impoverimento e anche ad un imbarbarimento della società. Qualsiasi contesto sociale, privo di dialettica, è destinato a morire, anche se questo, paradossalmente, non comporta necessariamente la sua fine o il suo superamento.
Siamo entrati ufficialmente nell’era tecnocratica, del dominio del Capitale e della Tecnica.
Fonte foto: Huffington Post (da Google)