Dico subito con molta chiarezza che al ballottaggio fra Michetti e Gualtieri mi asterrò, senza se e senza ma, come si suol dire.
Se fosse alle porte una dittatura nazifascista mi turerei il naso e sarei disposto a votare anche per una “sardina” marcescente e maleodorante. Ma il caso vuole – si fa per dire, diciamo la fase storica nella quale viviamo – che non ci sia all’orizzonte nessun pericolo di quel genere.
Lo spauracchio agitato dalle forze liberali (mi riferisco, ovviamente, in primis, al PD) non attacca più. Turarsi il naso e votare per il meno peggio aveva un senso fino a mezzo secolo fa quando si era, appunto, in un’altra epoca storica, e le dinamiche interne al sistema capitalista occidentale prevedevano ancora la possibilità di ricorrere a soluzioni di estrema destra, militari, golpiste e fasciste.
Ma ormai da tempo – per lo meno dal crollo del muro di Berlino e anche prima – quel pericolo non c’è più, per lo meno nel centro dell’”impero”, cioè il mondo europeo e occidentale. Il sistema capitalista, nella sua “metropoli” (nella “periferia” la situazione è molto diversa) non ha più nessuna necessità di ricorrere a quel genere di soluzioni politiche e politico militari, perché è un sistema in grado di generare, costruire e anche imporre consenso attraverso altri mezzi e altre modalità molto più sofisticate, pervasive e funzionali dei carri armati, delle giunte militari e degli squadroni della morte.
Fare il solito appello, dunque, al voto necessario a fermare la barbarie, terrorizzando la gente sul pericolo della svolta reazionaria e fascista è un mero escamotage per raccogliere voti e coagulare il consenso sullo schieramento liberale e neoliberale. Anche perché quello attuale è già un governo reazionario e di destra, anche se diversamente colorato e camuffato.
Un eventuale cambio della guardia sia a livello nazionale che – tanto meno – locale, non cambierebbe assolutamente nulla, perché la destra e l’attuale “sinistra” sono soltanto due facce della stessa medaglia, cioè dello stesso sistema dominante che utilizza ora l’una e ora l’altra in base alle necessità del momento. I ceti dominanti se ne infischiano altamente se a Roma il prossimo sindaco sarà di centrodestra o di centrosinistra perché sanno perfettamente che entrambi saranno proni ai loro interessi. Il ragionamento vale, concettualmente, anche per il governo nazionale ma, in questo caso, dato che la posta in gioco è molto più alta, preferiscono sempre il personale politico più affidabile, meglio ancora se è una loro diretta filiazione, come appunto l’attuale capo del governo.
Onde per cui, la domenica del ballottaggio, non sprecate il vostro tempo libero inutilmente. Fatevi una bella gita fuori porta che fa sempre piacere.
Fonte foto: Adnkronos (da Google)