La testata online Sinistra.ch, vicina al Partito Comunista del Canton Ticino, ha pubblicato gli estratti di un intervento del Partito Comunista (Maoista) dell’Afghanistan, partito politico dell’estrema sinistra afghana inviso prima al regime islamista dei Talebani e dal 2004 al regime filo-USA, una delle rarissime voci marxiste che ci è consentito ascoltare da quella nazione asiatica.
Grandezza e limiti del maoismo
Lo scisma sino-sovietico spinse le organizzazioni maoiste a considerare l’Unione Sovietica una potenza social-imperialista paragonabile all’imperialismo USA, quindi la contrapposizione socialismo/capitalismo venne sostituita dalla dicotomia centro/periferia: Mosca, secondo i maoisti più ortodossi, dopo il XX Congresso (1956) e la liquidazione del lascito teorico-politico staliniano, ebbe il lascia passare verso le centrali di comando dell’economia capitalista transnazionale. Approccio analitico a tratti bislacco e non privo di conseguenze politico-militari: in Afghanistan, la guerriglia maoista si affiancò agli islamisti radicali contro i comunisti sovietici, una tragedia purtroppo non isolata; in Perù, il fondatore di Sendero Luminoso, Abimael Guzman, arrivò a considerare Cuba un avamposto delle trame social-imperialiste in America Latina, dando inizio alla lotta armata contro il governo progressista e filo-cubano di Velasco Alvarado. Il maoismo, senza praticare l’’’entrismo’’, seguì una parabola analoga a quella ‘’trotskista’’: disconoscere il ruolo degli Stati Autoritari Antimperialisti, un contrappeso geopolitico all’imperialismo USA.
Al di là delle falle teoriche (a cui seguirono catastrofi politiche), il maoismo asiatico ha avuto il merito di rompere con l’eurocentrismo della Terza Internazionale, evidenziando la natura neocoloniale dell’economia di mercato: l’imperialismo del ventunesimo secolo ha rilanciato la contrapposizione fra la borghesia metropolitana anglo-statunitense e le periferie legate a modi di produzione ‘’statizzati’’, quindi le aeree periferiche sarebbero diventate ‘’zone di tempesta’’ in ribellione permanente contro l’Occidente capitalista. Questa impostazione teorica (il grande merito di Mao) ha decostruito il concetto di transizione breve della Terza Internazionale, rilanciando il dibattito marxista sulla fase di transizione al socialismo.
L’imperialismo è una tigre di carta
Il Partito Comunista (Maoista) dell’Afghanistan ha analizzato la sconfitta strategica dell’imperialismo statunitense (citazioni tratte da Sinistra.ch):
“Per il fallimento, Biden incolpa il popolo dell’Afghanistan che, secondo la sua visione del mondo imperialista e razzista, è incapace di vivere in armonia. Biden e gli imperialisti statunitensi cercano di nascondere il loro ruolo nella creazione degli ormai 40 anni di crisi e caos in Afghanistan. Anche se difficilmente hanno successo nell’oscurare questo fatto, perché la storia del ruolo imperialista degli Stati Uniti nel creare e scatenare l’attuale crisi e caos è ben nota e ben documentata. La débâcle americana in Afghanistan, più di ogni altra cosa, dimostra che gli imperialisti sono tigri di carta e che sono realmente in una fase di declino e decadenza. Questa débâcle mostra il declino della sua egemonia, l’influenza volubile della sua diplomazia e l’inefficacia della sua capacità militare criminalmente vasta e costosa” 1
Un esercito di disperati comandato da un demente senile (Biden), l’esercito regolare afghano (“Afghan National Defence Security Forces”) è stato costruito artificialmente reclutando i poveri e disperati del paese, “erano una forza mercenaria che mancava della volontà politica di combattere” e per questo è stata sconfitta dalla guerriglia reazionaria, ma antimperialista, dei Talebani. I maoisti afghani concludono il comunicato rileggendo la ‘’contraddizione principale’’:
“ora che la contraddizione principale è tra il popolo dell’Afghanistan e le classi feudali borghesi compradore e i loro padroni imperialisti” i rivoluzionari dovranno adeguare la loro strategia per combattere la teocrazia, perché – ne sono convinti i maoisti – “la natura reazionaria dei Talebani sta per alienare ulteriormente le masse, spingendole a combattere e a resistere alle loro politiche anti-popolari” (Ibidem)
Per quanto se ne dica, questo movimento di estrema sinistra s’inserisce nella transizione al mondo multipolare: soltanto con la sconfitta della proiezione unilaterale del Pentagono e il riequilibrio delle forze borghesi e capitaliste (policentrismo), riacquisterebbe senso la ‘’guerra popolare’’ nelle aeree periferiche, ciononostante alcune organizzazioni m-l pensano al rilancio della ‘’guerriglia urbana’’ perfino nelle metropoli dominate dal Grande Reset.
I maoisti pianificano la guerriglia urbana?
Il giornale indiano Indian Express, il 19 settembre 2021 ha pubblicato un articolo, firmato da Vivek Deshpande, in cui comunica che i naxaliti (m-l):
‘’hanno già riorganizzato le loro reti a Mumbai, Pune, Nagpur, Delhi e Calcutta, tra le altre città. Hanno nominato organizzatori nelle aree urbane e condotto riunioni regolari per discutere e attuare l’agenda’’
Continua
“I maoisti cercano di attingere al divario sociale e comunitario causato dalla politica di casta e religione. Cercano sostegno dalla classe operaia, dalit e minoranze, soprattutto musulmani. I ribelli vogliono radicalizzare i giovani e hanno già una forte rete nelle principali università di Delhi e Calcutta”
“Ciò che è allarmante, tuttavia, è che pianificano tattiche di guerriglia in grande stile per sviluppare una milizia urbana. Cercano d’infiltrarsi nella macchina d’intelligence del governo e sanno che i tempi sono maturi per capitalizzare le rimostranze dovuti dalla politica dell’Hindutva”
“L’altro grande piano maoista è attivare una rete di coordinamento tra gruppi similari in India, Bangladesh e Nepal. Vogliono facilitare il movimento senza ostacoli degli estremisti di sinistra in questi territori e scambiare armi, munizioni e informazioni” 2
Il maoismo avrà un ruolo nel mondo dopo la pandemia? Dopo decenni di lotta armata, dalle Filippine al Perù, la ‘’guerra popolare di lunga durata’’ rimane una variante della guerriglia a-simmetrica capace di impensierire il complesso militar-industriale USA. La domanda è questa: la Cina perseguirà sulla strada tracciata da Deng oppure riscoprirà una parte dell’antica tradizione rivoluzionaria prendendo in custodia le ‘’nuove’’ guerriglie urbane? Oggi le ‘’zone di tempesta’’ equivalgono alla resistenza operaia e contadina contro la nuova Architettura di potere, un progetto ‘’globalista’’ della borghesia metropolitana anglo-statunitense che ha pianificato la distruzione di una porzione del pianeta: il ‘’pensiero di Mao’’ dimostra di non essere antiquato.
L’economista Samir Amin era solito citare questa formula cinese “gli Stati vogliono l’indipendenza, le nazioni vogliano la liberazione e il popolo vuole la rivoluzione”, dinanzi alla debolezza delle ‘’borghesia nazionali’’ (Guevara le paragonava ad un nano con la testa enorme) il terzomondismo radicale mantiene vivo (in parte) il leninismo anti-cosmopolita: delle ‘’classi dominanti’’ non bisogna fidarsi ‘’nemmeno un po’’’. Una cosa è sicura: senza sovranità nazionale (quindi transizione ad un mondo multipolare) è impossibile qualsiasi processo rivoluzionario, è una legge antica delle relazioni internazionali basata sulla regolamentazione dei rapporti di forza fra classi e paesi.
https://www.sinistra.ch/?p=11854&fbclid=IwAR3fQHKlIdEcwFJFoi7PsZmBoQevES-XB1Gf9LQ23iHZPrJpLa-lRoLZ3SE
http://aurorasito.altervista.org/?p=19937
Fonte foto: Radio Rai (da Google)