Il Désir d’enfant’ dovrebbe far tappa a Milano il 14 e 15 maggio 2022, è la fiera dell’utero, in Italia dovrebbe essere illegale, ma in questi decenni il valore di scambio è diventato l’unica legge che tutto guida ed ordina, per cui l’utile finanziario è il solo tracotante diritto a cui tutto è sottomesso.
Il capitalismo assoluto trasforma ogni esperienza umana ed essere umano in valore di scambio, per cui l’utero delle donne disponibili a valorizzare la loro potenziale capacità di riprodursi è immesso sul mercato degli affari.
Non poche sono le considerazioni che si potrebbero svolgere, scandalizza il silenzio delle donne e del femminismo liberista: la fiera si è già svolta a Parigi, nel silenzio, non vi sono state contestazioni. Il femminismo liberista, probabilmente, valuta la vendita dell’utero e della capacità riproduttiva un’estensione del diritto dell’aborto: le donne sono libere di decidere di liberarsi del feto abortendo o di vendere al migliore offerente con l’utero in affitto la loro capacità riproduttiva con un comportamento atomistico e libero da ogni vincolo etico ed affettivo. Il mercato garantisce loro la libertà di essere padrone e signore di se stesse in modo anonimo e meccanico. Si può vendere il proprio corpo o affittarlo come qualsiasi bene, purché si garantisca al compratore la garanzia genetica del prodotto finale. Nel mercato ognuno vende ciò che può, si può immaginare che donne geneticamente quasi perfette, giovani e forse povere hanno trovato il modo di essere incluse nel mercato.
La nostra è una società inclusiva ci dicono gli esperti e gli accademici. La precarizzazione delle donne meno abbienti ha trovato nell’utero in affitto una possibilità di sopravvivenza, ognuno immette nel mercato i propri talenti. Le vittime del mercato, anziché combattere la violenza del capitale la sorreggono, la consolidano fino a presentare lo squallore della vita in vendita come una conquista di libertà. Se un essere umano si autopercepisce come un ente tra gli enti da mettere in vendita, se si normalizza tale pratica, saremo presto di fronte ad una società aziendalizzata, in cui ogni essere umano è un’azienda da presentare sul mercato. Si passerà dall’individuo alla deindividualizzazione, la persona non sarà più pensata come unità psico-fisica, ma come parti da vendere esattamente come una macchina da smontare. Il nazionalsocialismo sarà poca cosa se passa tale visione dell’essere umano.
Si immagini una madre, o meglio una venditrice del proprio utero, dopo la gestazione taglia il cordone del figlio che ha tenuto in grembo per nove mesi, che ha nutrito con suo sangue e la sua carne per consegnarlo al venditore. Che tipo di madre e persona può essere un simile soggetto, a cosa non sarà disposta in nome del denaro, e che tipo di affettività ed emotività può sviluppare una società che ammette come leciti e normali simili comportamenti. Si pensi ai compratori eterosessuali o omosessuali, che con la loro superiorità di censo possono ordinare da catalogo il figlio geneticamente sano. Il messaggio è chiaro, se si ha denaro, si è padroni e signori della vita. Saranno pagate le donne geneticamente migliori, per cui vi sarà massimo disprezzo verso i meno fortunati. Si consoliderà il razzismo di Stato, mentre si invoca l’uguaglianza e si perseguitano le differenze ideologiche e coloro che credono nella sacralità della vita, già quotidianamente irrisi.
L’autodissolvimento dell’Occidente incombe minaccioso su di noi e ci viene incontro nella sua brutalità profetica. La fiera dell’utero si è svolta in Francia, all’Espace Champerret di Parigi, il 4 e il 5 settembre 2021 nel più totale silenzio dei giornalisti e del Vaticano e della sinistra, entrambi presi dalla sola ossessione del vaccino con cui insegnare la sottomissione. Ancora una volta dinanzi ad una realtà sempre più disumana e violenta si è inermi, si resta sorpresi del silenzio complice. Un figlio che diventa un desiderio da comprare sul catalogo non è accolto nell’amore, ma diventa solo la proiezione di fantasie di onnipotenza che vorrebbero un figlio ad immagine e somiglianza del desiderio dei genitori, per cui si può ipotizzare che qualora l’articolo deluda, così come è stato comprato può essere rigettato.
In questo contesto le relazioni sono segnate dalla sola violenza che il diritto quale sovrastruttura ideologica della struttura economica giustifica tragicamente.
Su tutto aleggia il nichilismo nella forma dell’irrilevanza, poiché i “buoni fini” sono sostituiti dalle transazioni finanziarie. Il mercato totalitario per potersi affermare in modo assoluto ha consumato ogni ancoraggio della tradizione filosofica e del diritto europeo. Habermas denunciava la fine degli ancoraggi della tradizione con la metafora del grasso, il quale è la riserva di energia per il corpo in difficoltà. Il primo gesto da compiere è sollevare dubbi e resistenze facendo appello alla tradizione critica e religiosa dell’Occidente, bisogna dimostrare che “le riserve di grasso” sono vive. Bisogna opporsi a viso aperto alla barbarie che avanza ammantata dalla degenerazione dei diritti individuali. Se si naturalizzano nell’indifferenza tali pratiche, saremo tutti complici e potenziali vittime di un sistema che non ha vincoli etici e giuridici e che sta svelando la sua verità senza filtri, in quanto giudica il trionfo dell’intercosalità, termine geniale del filosofo Massimo Bontempelli, la normalità del tempo presente e futuro. La fiera dell’utero dimostra che l’unica imperitura verità del modo di produzione capitalistico è il denaro, il resto è niente[1]:
“(Tutte le merci sono denaro perituro; il denaro è la merce imperitura. Quanto più si sviluppa la divisione del lavoro, tanto più il prodotto immediato cessa di essere un mezzo di scambio. Subentra la necessità di un mezzo di scambio universale, ossia di un mezzo di scambio che sia indipendente dalla produzione specifica di ciascuno. Nel denaro, il valore delle cose è separato dalla loro sostanza. Il denaro è originariamente il rappresentante di tutti i valori; nella prassi la cosa si rovescia, e tutti i prodotti e i lavori reali diventano i rappresentanti del denaro. Nel baratto immediato ciascun articolo non può essere scambiato con qualsiasi altro, e una determinata attività può essere scambiata soltanto con determinati prodotti. Le difficoltà inerenti al baratto il denaro può superarle soltanto generalizzandole, rendendole universali. È assolutamente necessario che gli elementi violentemente separati, che sono essenzialmente omogenei, attraverso una violenta eruzione si mostrino come scissione di qualcosa che è essenzialmente omogeneo. L’unità si ristabilisce violentemente. Quando la scissione estrema porta a eruzioni, gli economisti additano l’unità essenziale e astraggono dall’alienazione. La loro sapienza apologetica consiste nel dimenticare in tutti i momenti decisivi le loro stesse definizioni. Il prodotto come immediato mezzo di scambio è 1) ancora immediatamente legato alle sue qualità naturali, e quindi comunque limitato dalle medesime; per es. può deteriorarsi ecc.; 2) ancora immediatamente legato all’immediato bisogno che un altro ha o non ha proprio di questo prodotto, o anche potrebbe avere del suo prodotto. Quando il prodotto del lavoro e il lavoro stesso sono subordinati allo scambio, viene un momento in cui vengono separati dal loro possessore. Che da questa separazione essi tornino di nuovo a lui sotto altra forma, è un fatto accidentale. Una volta che nello scambio è intervenuto il denaro, ed io sono costretto a scambiare il mio prodotto con il valore di scambio universale o con l’universale possibilità di scambio, il mio prodotto viene a dipendere dal commercio generale e viene strappato dai suoi limiti locali, naturali e individuali. Appunto per questa via esso può cessare di essere un prodotto)”.
[1] Karl Marx, Grundrisse della critica dell’economia politica paragrafo 2.9
Fonte foto: Nurse Times (da Google)