Tempi duri per i padri, ma soprattutto per i figli, per le basi del Diritto e per la Giustizia stessa. Nel 2006 è stata necessaria una riforma per stabilire un principio apparentemente ovvio: per la crescita dei figli è fondamentale che abbia un ruolo anche la figura paterna. Questo la dice lunga sul come si sia consolidata la giurisprudenza nei 40 anni precedenti: casa, soldi e figli alla madre, il padre paghi e si accontenti di essere relegato ai margini nella vita della prole. Poi l’affido condiviso ha cambiato gli equilibri, sgombrando il campo dalle rivendicazioni maschili contrapposte alle rivendicazioni femminili e riconoscendo ai figli il diritto inalienabile a conservare rapporti equilibrati e continuativi con entrambi i genitori, a prescindere dallo stato civile di madri e padri.
Ma a certa gente l’equilibrio non piace, la parità da fastidio, l’uguaglianza non conviene. Meglio mantenere una posizione dominante, meglio ripristinare il modello di affido precedente alla riforma che sostanzialmente prevedeva la madre come genitore centrale e il padre periferico. E questa gente ha trovato sponda in diverse parlamentari che provano, non da oggi, ad invalidare gli effetti della legge 54/06. L’ultimo anello di una catena delegittimante è rappresentato dagli emendamenti al processo civile 15.0.8/2 , firmati dalla presidente della commissione femminicidio Valeria Valente ed altri 16 parlamentari.
Emendamenti giuridicamente aberranti, orientati da un vistoso pregiudizio ideologico in ragione del quale, pur di riagguantare l’affidamento esclusivo, si arriva ad elevare la menzogna al rango di verità.
La sovrapposizione tra processo civile e penale, la valenza di prova attribuita a segnalazioni e dichiarazioni di vittime autoproclamate senza alcun riscontro, l’accettazione acritica di denunce, semplici segnalazioni ed ancor più semplici dichiarazioni nemmeno formalizzate in un denuncia, la pretesa di attribuire al giudice civile competenze psicologiche che non ha, la negazione di diritti dell’infanzia piegati al rancore materno sono alcuni dei bachi contenuti negli emendamenti. Il filo conduttore è la violenza, ripetuti richiami alla Convenzione di Istanbul (notoriamente imparziale), appelli alla formazione sulla violenza di genere degli operatori giudiziari, i magistrati dovrebbero nominare i propri consulenti solo se appositamente formati sulla violenza di genere, stesso discorso per tutori e curatori … Praticamente potrebbero lavorare nei tribunali solo persone formate dai Centri Anti Violenza.
Sarebbe troppo lungo e noioso analizzare uno ad uno i punti critici degli emendamenti che in tanti stanno evidenziando in questi giorni; basti ricordare che questo obbrobrio giuridico calpesta i diritti dei figli stabiliti dal Legislatore nel 2006 e celebrati come una grande conquista di civiltà. La stessa conquista di civiltà che oggi viene stizzosamente definita “maledetta bigenitorialità”. Non sanno, i firmatari degli emendamenti, che preparano un tappeto rosso alle false accuse strumentali? Oppure lo sanno, ed è esattamente questo l’obiettivo? Nel frattempo Piero Calamandrei e i Padri della Costituzione si rivoltano nella tomba.
(Fabrizio Marchi, candidato, come indipendente, alle prossime elezioni amministrative di Roma, con il Partito Comunista guidato da Marco Rizzo, come consigliere comunale)
Fonte foto: Non Sprecare (da Google)