Alla rituale domanda che Lilli Gruber pone ormai a tutti i suoi ospiti:” Lei si è vaccinato?”, il filosofo Massimo Cacciari ha risposto con un secco e stizzito “Questi sono affari miei, torniamo a parlare d’altro, di come far ripartire questo paese”.
Non ho simpatia per Massimo Cacciari dal punto di vista politico e ideologico, però in questo caso aveva perfettamente ragione.
Dalla risposta che si dà a questa domanda dipende infatti l’essere incluso nel club dei buoni oppure l’essere precipitato nel girone dei dannati. Cacciari se l’è cavata con un sostanziale voto di astensione, anche se con un modo di fare decisamente seccato.
Anche e soprattutto in questa vicenda specifica del covid (vaccini, lockdown, misure da adottare ecc.), così come per tanti altri temi (DDL Zan, questioni di genere, Unione Europea) non è stato possibile aprire un dibattito magari acceso ma laico e razionale perché la crisi pandemica è stata fin da subito politicizzata e ideologizzata impedendo l’apertura di una discussione lucida e anche di un approccio, come dicevo, razionale, alla questione.
Anche la scelta di vaccinarsi o meno – che dovrebbe essere presa lucidamente e consapevolmente da ciascuno di noi sulla base di una riflessione razionale e ponderata – è diventata una sorta di referendum pro o contro il sistema. Se ti vaccini sei pro sistema, se non ti vaccini sei contro. Il che è semplicemente ridicolo. Personalmente ho scelto di vaccinarmi, senza entusiasmo e senza nessuna certezza assoluta (che non esiste in nessun caso e in nessuna decisione che si prende nella vita), cercando di non farmi condizionare né dal bombardamento mediatico a reti unificate né dalle fantasticherie dei No vax a prescindere, consultando alcuni amici medici e scienziati (non allineati ideologicamente…) di cui ho fiducia e che, sulla base di una serie di considerazioni, mi hanno consigliato di vaccinarmi. Del resto, non ci si può inventare scienziati da un giorno all’altro né esperti tuttologi e se normalmente mi affido al parere di questi amici per qualsiasi problema di salute che mi occorre, dal più lieve al più grave, non vedo perché non avrei dovuto assumere lo stesso atteggiamento rispetto alla scelta di vaccinarmi o meno. La fiducia non è una cosa che si dà o si toglie in base a quello che vorremmo sentirci dire.
Ciò detto, il sottoscritto resta un anti sistema, pur avendo scelto, senza nessun entusiasmo, di vaccinarsi.
Questa politicizzazione/ideologizzazione della crisi pandemica, come dicevo, ha impedito fin dall’inizio un approccio lucido, razionale e realmente scientifico alla questione e, dall’altra, non poteva che provocare una reazione altrettanto estremista e ideologizzata da parte delle frange, più o meno folte, di No vax a prescindere che fin dal primo giorno hanno cominciato a fantasticare sull’inesistenza del virus, sulla Spectre interplanetaria e intergalattica, sull’”ordigno fine di mondo” – per parafrasare la battuta di un celebre film di fantapolitica – sull’inserimento (ho sentito con le mie orecchie anche questo), attraverso i vaccini, di un congegno che a comando sarebbe in grado di provocare questo o quel malore che ci obbligherebbe all’uso di questo o quel farmaco per poterlo eliminare, anche solo momentaneamente.
Molta gente, soprattutto fra i più giovani ma non solo, ha scelto invece di vaccinarsi solo per evitare complicazioni di vario genere relative alla possibilità di spostarsi, viaggiare, andare all’estero, partecipare ad eventi pubblici, andare a ballare, alla movida notturna ecc.
Molti altri invece lo hanno fatto solo per non essere additati come untori, come complottisti/negazionisti e per non essere emarginati, per poter continuare a far parte della grande comunità dei “buoni”.
In entrambi i casi queste persone sono state spinte a vaccinarsi in ragione di un sostanziale ricatto, pratico e psicologico/emotivo.
Una buona parte di coloro che hanno invece scelto di non vaccinarsi, hanno preso questa decisione su una specie di atavico e irrazionale sospetto, una sorta di atteggiamento di recondita sfiducia nella modernità e nella scienza.
In altre parole, lo “scientismo” (da non confondere con la scienza) attualmente dominante – che ha da tempo sostituito i dogmi religiosi con quelli dell’infallibilità della scienza (che è per definizione fallibile), trasformando quest’ultima in una sorta di nuova religione secolarizzata – ha prodotto il suo opposto speculare, cioè una nuova forma di superstizione postmoderna, ostile per definizione alla scienza stessa.
Se, dunque, la scienza e la tecnica (ma quest’ultima merita un’analisi ad hoc) sono state da una parte elevate a feticcio (ideologico), dall’altra proprio questa feticizzazione ideologica non poteva che produrre il suo opposto speculare.
Entrambe le posizioni sono il risultato di un crollo verticale della ragione, della laicità, della razionalità e quindi anche della scienza che di quella razionalità e di quella laicità è figlia. Entrambe sono, dunque, intrinsecamente reazionarie perché fondate su un presupposto ideologico/religioso e non, appunto, su un approccio razionale e laico alla realtà.
Ci raccontano ormai da decenni – guarda caso dal crollo del comunismo – che saremmo entrati nell’era post ideologica. Ma è una balla, una delle più grandi balle che siano mai state raccontate perché in realtà viviamo in un’epoca ultra ideologizzata anche se ben camuffata. E’ una truffa, anche ben concepita, perché il sistema capitalista è vivo e vegeto e provvisto di una sua ideologia ben precisa anche se molti, la grande maggioranza delle persone purtroppo (anche e soprattutto fra i cosiddetti “intellettuali”), non riesce a scorgerla con la chiarezza che sarebbe necessaria. Ma questo sarà oggetto di un mio successivo articolo.