<<(…) Concittadini!… Voi chiedete un programma a chi sollecita l’onore dei vostri suffragi; il mio programma, in mancanza d’altri meriti, avrà quello della brevità: esso compendiasi in tre sole parole: Libertà, progresso, democrazia (…) Cittadini! Io non voglio turbare la solennità di questa adunanza portando dinanzi a voi le piccole gare in cui si affannano le anime piccole; ma voi sapete che un’accusa mi fu lanciata; voi sapete che mi dissero … aristocratico …. Quest’accusa è fondata sui miei natali. Io non sono responsabile della mia nascita … né voi della vostra, né alcuno della propria , visto e considerato che quando veniamo al mondo non ci chiedono il nostro parere…. Io sono responsabile della mia vita; e la mia vita è stata tutta spesa in un’opera di redenzione: redenzione dei pregiudizii sociali e politici, redenzione morale e intellettuale; e nulla è valso ad arrestare quest’opera (…) Permettetemi dunque di dirvi le mie idee in proposito. Disciolte le antiche parti parlamentari, non ancora si delineano le nuove. Io auguro pertanto la formazione, e seguirò le sorti di quel partito che ci darà la libertà con l’ordine interno e la pace col rispetto all’estero, di quel partito che realizzerà tutte le riforme legittime conservando tutte le tradizioni rispettabili; di quel partito che restringerà le spese folli e largheggerà nelle produttive, di quel partito che non presumerà colmare le casse dello Stato, vuotando le tasche dei singoli cittadini, di quel partito che proteggerà la Chiesa in quanto potere spirituale, e la infrenerà in quanto elemento di civili discordie, di quel partito, insomma, che assicurerà nel modo più equo, per la via più diretta, nel tempo più breve, la prosperità, la grandezza, la forza della grande patria comune. (…)>>.
Il testo riportato è estratto dal discorso che il principe Consalvo Uzeda di Fracalanza, protagonista del romanzo “I Vicerè” di De Roberto, tenne per la sua candidatura al Regio Parlamento nel passaggio dal Governo della Destra Storica al trasformismo inaugurato da De Petris. Ebbene le parole del discorso del Principe di Fracalanza, al netto dell’italiano ottocentesco, possono benissimo essere attribuite anche ad Enrico Letta. Il Principe di Fracalanza dichiara che finiti i tradizionali partiti lui si schiererà con quella parte politica che garantirà tutto e il contrario di tutto. Che sia così lo dichiara esplicitamente in un’altra parte del suo discorso a proposito del compito del politico di trovare il giusto equilibrio tra gli opposti. In un passaggio il Principe di Fracalanza dichiara che avendo letto Proudhon è contro la proprietà privata perché è un furto ma è anche a favore della proprietà privata purchè legittima.
Che il discorso del Principe di Fracalanza calzi a pennello alla figura politica di Enrico Letta si evince da tutta una serie di fatti. Come Consalvo Uzeda di Fracalanza, Enrico Letta appartiene alla elite; come il nobile siciliano vive in un contesto caratterizzato da profonde trasformazioni senza avere un’idea su come guidarle e indirizzarle; come Uzeda deve essere giovane ma al contempo maturo nel senso di essere funzionale al sistema e quindi disponibile al compromesso. La sua appartenenza partitica deve essere flessibile, adattabile, perché per assecondare la modernità bisogna essere post moderni e destrutturati. Solo a queste condizioni è possibile garantire l’egemonia a quella elite alle quali appartiene. Da Consalvo Uzeda di Fracalenza fino ad Enrico Letta esiste una sorta di filo rosso che lega le classi dirigenti italiane. Daniela Chironi e Mario Pianta scrivono su Sbilanciamoci.it che il PD a guida Letta è alla ricerca della propria identità e sostengono questo attraverso l’analisi dei dati elettorali degli ultimi anni. A differenza dei due autori della ricerca penso che il PD, con Letta, rappresenti esattamente coloro che lo votano. L’elezione di Enrico Letta a Segretario è funzionale al mantenimento di questa non – identità. <<Disciolte le antiche parti parlamentari>>, il PD si pone al centro dello schieramento politico cercando di gestire al meglio la rendita di posizione che ritiene ancora di avere, puntando sulla durata del Governo Draghi. A confermare questa mia ipotesi ci sono una serie di fatti. Primo tra tutti la stessa elezione di Letta a Segretario. Quella di scegliere un leader rassicurante per l’establishment è la tattica che il ceto politico proveniente dall’ex PCI, o ciò che ne resta, segue da tre decenni. Il PD, con Letta segretario, si posiziona saldamente al centro puntando al mantenimento del 18 – 20% dei consensi da spendere in future alleanze. Non è un caso che Letta in questi giorni abbia incontrato i rappresentanti di tutti i partiti politici. In un sistema post ideologico e post moderno non ci sono più barriere che impediscono alleanze con chiunque. Altro tema, il partito. Manovra a dir poco banale è stata quella di prendere atto della protesta delle donne del PD non rappresentate a sufficienza nel Governo Draghi e di recuperarle attribuendo loro la presidenza dei Gruppi Parlamentari e riconfermando nel contempo la linea politica renziana dei gruppi.
Ulteriore tema è il rapporto con il M5S. Dato il contesto, in attesa che con il governo Draghi decantino tutta una serie di contraddizioni, si limita a riproporre con esso il rapporto privilegiato. L’alleanza con il M5S non è affatto scontata, dipende da molti fattori uno dei quali l’accettazione della leadership del PD. A distanza di un mese la Segreteria Letta è perfetta per un Governo incolore come quello di Draghi. L’unica certezza è la conclusione del processo di trasformazione del PD che delle antiche radici non ha più nulla. Enrico Letta, proprio come il Principe Consalvo Uzeda di Fracalanza, si pone al centro dello schieramento politico rendendosi disponibile a qualsiasi accordo, interessato, più che ad esprimere un progetto politico, ad amministrare la rendita di posizione proveniente da un consenso elettorale che non ha più nulla a che vedere con le fasce sociali che un tempo votavano PD.
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