Recep Tayyp Erdogan, è il leader di un grande e potente stato, sia economicamente che militarmente, come la Turchia che gioca un ruolo geopolitico strategico determinante nello scacchiere mediorientale e in tutta l’area del Mediterraneo. La collocazione geografica della Turchia, paese di cerniera fra l’Europa e il Medioriente, crocevia di vie di comunicazione fondamentali (basti pensare allo stretto dei Dardanelli…) rende questo paese di importanza vitale per tutti gli “attori” sulla scena internazionale.
Erdogan è un caudillo autoritario, estremamente spregiudicato e astuto che gioca da sempre su più tavoli. La Turchia, infatti, pur essendo uno stato membro della NATO, ha l’ambizione di diventare la potenza egemone in tutta l’area mediorientale e per fare questo è necessariamente costretta a fare i conti anche con potenze ostili alla NATO e agli USA quali la Russia e in qualche modo anche la Cina e a mantenere una sua autonomia e un suo margine di manovra.
In poche parole, la Turchia di Erdogan non ha mai avuto e non ha nessuna intenzione di accontentarsi di svolgere la funzione di un qualsiasi paese satellite degli USA e della NATO. Per questo ha flirtato a più riprese con la Russia senza però far mai venire meno la sua fedeltà alla NATO.
In tal senso ha dapprima svolto un ruolo fondamentale nel (criminale) processo di destabilizzazione della Siria voluto dagli USA, sostenendo, armando, finanziando e facendo affari con l’ISIS (a sua volta sostenuta anche dall’altro grande alleato-competitor, cioè l’Arabia Saudita) in funzione anti Assad. Dall’altra ha sempre massacrato i curdi, parte dei quali, in specie quelli siriani, hanno scelto di allearsi con gli Stati Uniti per poi essere da questi successivamente abbandonati. Le sue mire espansionistiche ed egemoniche in tutto il quadrante mediorientale potrebbero addirittura portare la Turchia – già presente con i suoi “consulenti” in Libia e provvista di un potentissimo esercito – ad intervenire anche nel conflitto in corso nello Yemen.
Il tratto distintivo che ha da sempre caratterizzato la politica estera – e quindi anche quella economica, commerciale e militare – di Erdogan è sempre stata l’estrema ambiguità e, come già detto, la spregiudicatezza, unita ad una volontà egemonica che forse può essere comparata, con le debite e dovute proporzioni, solo con quella degli USA. Ed è proprio con questi ultimi che, ovviamente, nascono i problemi che molto probabilmente hanno portato anche all’ incidente diplomatico con la Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen.
La nuova amministrazione americana, a guida Biden/Harris, sta rilanciando la strategia dello scontro permanente (sia economico-commerciale che militare) in funzione anti cinese e antirussa e per questo ha necessità di una Turchia allineata e coperta che abbandoni definitivamente la sua ambiguità e faccia una scelta di campo netta. Una scelta che il governo turco – per le ragioni sommariamente spiegate sopra – mal sopporta.
La Turchia, oltre ad essere ormai da molto tempo uno dei partner economici e commerciali privilegiati della Germania, si adopera attivamente e con metodi brutali (leggi lager) per impedire il massiccio flusso di immigrati, rifugiati e profughi siriani vero quel paese. Per svolgere questa funzione è (molto) ben remunerata con denari dell’UE e, non a caso, uno dei temi oggetto dell’incontro incriminato con il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e la Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, era proprio questo anche se, con ogni probabilità, non solo questo. La mia opinione è che il governo turco sia interessato ad un rapporto privilegiato con la Germania ma non con l’UE; del resto quest’ultima non ha una politica estera univoca e unitaria per la semplice ragione che è un aggregato di stati all’interno del quale la fanno da padroni, appunto, la Germania, e la Francia che ha a sua volta una sua politica estera autonoma che potrebbe arrivare a confliggere con quella turca. Erdogan non ha nessun interesse a rinsaldare i legami interni dell’Unione Europea e a rafforzare il ruolo di quest’ultima, optando per costruire rapporti preferenziali con i singoli stati e in particolare con la Germania (cercando, per quanto gli è possibile, di indebolire il suo legame con la Francia) la quale, a sua volta, è interessata a mantenere una relazione con la Russia nonostante ciò faccia naturalmente irritare gli americani che vogliono una Europa completamente prona ai loro interessi geopolitici.
In tutto ciò non sono neanche da sottovalutare un paio di questioni.
La prima. Nei giorni scorsi c’è stato un sommovimento interno alla Turchia dovuto ad una iniziativa presa da circa 104 ex ammiragli (alcuni già arrestati) in difesa dell’accordo di Montreux del 1936 che garantiva e garantisce una certa sicurezza alla Turchia per quanto riguarda il controllo del Bosforo, del Mar di Marmara e dei Dardanelli; un accordo che, guarda caso, la NATO vorrebbe superare.
La seconda. In Germania fra non molto tempo ci sarà un cambio della guardia e Angela Merkel, protettrice della Von der Leyen che in fondo è quasi una sua creatura, lascerà la scena.
E’ questo, sia pur molto sinteticamente, il quadro che fa da sfondo all’incidente diplomatico che tanto scandalo ha destato per quella ridicola quanto falsa e molto probabilmente se non certamente calcolata indecisione della Von der Leyen che i media occidentali hanno subito derubricato e enfatizzato come la reazione ad un atto di palese sessismo nei suoi confronti da parte di Erdogan. Peraltro quest’ultimo ha a suo tempo incontrato la leader e capo di governo tedesca, Angela Merkel, vis a vis, e non si è certo creato problemi di sorta.
In realtà i protocolli diplomatici seguono delle procedure molto rigide e il Presidente del Consiglio Europeo è di fatto ma anche formalmente considerato come un Capo di Stato mentre il Presidente della Commissione Europea è equiparato ad un Capo di Governo. Ovvio, quindi, che Michel sia stato collocato al fianco di Erdogan e la Von der Leyen sia stata fatta accomodare di fronte al Ministro degli Esteri turco. Pensare che i rispettivi uffici, della Von der Leyen e di Michel, non fossero a conoscenza dell’organizzazione dell’evento e della distribuzione dei posti a sedere, è irrealistico.
Se l’analisi fin qui svolta ha una sua veridicità – e naturalmente io credo che l’abbia – è evidente che il sessismo non c’entra assolutamente nulla e, anzi, sia stato artatamente e strumentalmente sollevato dai media occidentali per gettare ulteriormente discredito nei confronti di Erdogan. Non che quest’ultimo non lo meriti ma per ben altre ragioni (repressione sistematica delle opposizioni, persecuzione del dissenso, massacro dei curdi, collusione con il terrorismo islamista) e non per queste sciocchezze inventate ad arte in cui tanti gonzi e gonze scientemente disabituati/e ad un minimo di approfondimento e di analisi critica, cascano con tutte le scarpe. Una strategia mediatica finalizzata a coprire una strategia geopolitica. Si criminalizza a comando, in base alle necessità geopolitiche. Ora è stata la volta di Erdogan, in altri momenti se non celebrato, comunque ipocritamente coperto da quegli stessi media che ora lo criminalizzano.
Fonte foto: La Repubblica (da Google)