La recente apertura della Meloni ai padri separati e alla questione maschile (q. m.), sta ponendo a noi, antimisandrici di sinistra, alcuni problemi e stimoli di discussione.
Come credo la maggioranza dei lettori saprà, La Meloni sulla sua pagina fb (e probabilmente anche in altri ambiti) ha denunciato, citando un caso specifico, il silenzio circa le vittime maschili di violenza domestica[i]. In seguito ha messo sotto accusa una dichiarazione misandrica di Saviano[ii] e, in occasione della festa del papà, ha richiamato l’attenzione sulla condizione dei padri separati[iii]. Più recentemente, in polemica con le affermazioni di Letta, ha espresso una critica alle quote rosa per scegliere i vertici di partito[iv]. Tutto ciò, mettendo spesso sotto accusa il femminismo e ottenendo migliaia di like. Troppo per essere un caso. Demagogia, si dirà. Certo, è fin troppo facile contrapporre a questi post tutte le prese di posizione e sostegno di leggi misandriche che hanno caratterizzato la politica di Fratelli d’Italia[v].
Il problema è che siamo ancora alla fase dello sdoganamento della questione maschile cioè al “se ne può almeno parlare” e la Meloni lo ha fatto, mentre tutti gli altri politici di primo piano, se e quando riconoscono le nostre ragioni, lo fanno solo a telecamere spente. È chiaro che per noi di sinistra sarebbe stato preferibile l’apertura da parte di qualunque altra forza politica che non fosse Fratelli d’Italia. Il pericolo che la q. m. venga rubricata come “cosa di destra” diviene un rischio reale.
D’altro canto, l’apertura della Meloni potrebbe essere positiva anche per noi. Visto il successo che i suoi post hanno riscosso, può darsi che qualche politico (più o meno di sinistra), ritenga utile un’analoga apertura alla q. m.
Infatti, in questo contesto di inanità politica, tematiche e culture trasmigrano da destra a sinistra e viceversa, con partiti e partitini sempre ( e solo ) alla ricerca di manciate di voti in più.
In fondo, per il femminismo è successo così: da cosa di sinistra, è stato fatto propria anche dalla destra, divenendo “luogo comune”.
In ogni modo, positiva o negativa che sia, per noi s’impone un maggior sforzo di analisi e comunicazione nonché un’attenta osservazione di come la destra tratta i temi della questione maschile. In quest’ottica ho scelto di analizzare due articoli che rappresentano due ambiti della destra: uno di “Primato nazionale” e uno di Marcello Veneziani.
L’articolo su “Primato nazionale” intitolato “Perché il femminismo di maniera non può bastarci”[vi] è a firma di tal Adriano Scianca che avrebbe anche scritto un libro sulle stesse tematiche.
Nell’articolo vi sono affermazioni condivisibili. Per es. “Alle follie ideologiche [ del femminismo e lgbt ] non si risponde rispolverando categorie ovvie, naturali, aproblematiche, ma accettando la sfida e ripensando ruoli, funzioni, rapporti.”
Altra affermazione condivisibile, che merita una riflessione più attenta, riguarda un dato storico incontrovertibile: il femminismo ha raccolto, in alcune fasi, anche istanze legittime.
Infatti, la nostra principale preoccupazione è stata spesso quella di dimostrare, con acute osservazioni e ricerche storiche, l’assurdità della distinzione tra un femminismo buono e uno cattivo mettendone in risalto il suo carattere intrinsecamente sessista.
Sì, il femminismo è stato ed è un’ideologia sessista ma questo non significa che non abbia raccolto istanze legittime. Naturalmente, le giuste battaglie per l’emancipazione femminile sarebbero potute essere parte di una battaglia unitaria per i diritti civili ma ciò non è avvenuto.
Credo anzi che il femminismo proprio in ragione del suo sessismo, del suo pescare nelle zone irrazionali e rancorose, abbia costituito il carburante più potente per quelle battaglie. Forse il paragone più azzeccato potrebbe essere col movimento di emancipazione dei neri capitanato da Malcolm X. Nessuno può mettere in discussione la legittimità delle istanze ma si è trattato di un movimento separatista che non cercava un rapporto con la classe operaia bianca, guardava all’Africa e all’Islam, non era esente da elementi schiettamente razzisti esso stesso.
Tornando all’articolo, finiti i pochi accenni razionali si sprofonda nel delirio più completo. Gli incel vengono ridotti ad una “americanata” prendendo per buona la peggior vulgata nazifem sull’argomento. Poi, immancabile, il “maschio e il selvatico” e tutta la sottocultura di derivazione junghiana. Una strumentazione teorica desueta che, purtroppo, ogni tanto appare come un fantasma anche tra noi.
Per concludere, mi sembra che l’intenzione che sottende l’articolo, nelle sue parti razionali come in quelle folli, sia di tendere una mano al femminismo, cercando di renderlo compatibile con un certo neofascismo “di sinistra”. Non per nulla ad un certo punto riconosce al femminismo “qualche significativo motivo di disallineamento, pensiamo solo ai conflitti con le rivendicazioni dei trans”. Insomma, meglio femministi che gender.
L’altro articolo che ho preso in considerazione è a firma del più intelligente intellettuale conservatore, Marcello Veneziani[i]. Nonostante l’evidente differenza di capacità e di cultura, qui le cose vanno anche peggio. Si prendono per buone le stime sui femminicidi e le violenze contro le donne, non si parla della violenza contro gli uomini. La sua unica preoccupazione è salvare la famiglia tradizionale come causa della strage di donne (che non c’è).
Secondo Veneziani i femminicidi non sono causati dalla famiglia e nemmeno dal ruolo tradizionale del maschio, quanto semmai dalla sua negazione: è l’uomo svirilizzato, divenuto dipendente e senza dignità, a reagire con violenza all’abbandono. C’è anche un accenno, piccolo in verità, allo straniero cattivo e pericoloso. Insomma anche qui un tentativo di edificazione di un femminismo alternativo di destra. Niente ma proprio niente sulla sofferenza maschile.
Conclusioni necessariamente provvisorie. Mi pare evidente che le necessità demagogiche della destra le suggeriscono di tentare di cavalcare l’onda del mainstream piuttosto che negarla. Le concessioni fatte ai diritti maschili e ai padri separati non mettono in discussione radicalmente la mistificazione femminista.
Da parte nostra vale l’indicazione evangelica “dovete sforzarvi di entrare dalla porta stretta”. La porta stretta è quella della verità, della demistificazione della menzogna misandrica. Ancora più stretta è quella che ci conduce alla formalizzazione di un polo antimisandrico democratico e di sinistra che sappia centralizzare il dibattito ed elabori una strategia adeguata e condivisa. Ci stiamo provando. Chi vuole impegnarsi con noi è il benvenuto.
[1] https://www.facebook.com/photo?fbid=10158844085470446&set=a.10154728160660446
[2] https://www.facebook.com/photo?fbid=10158896538285446&set=a.10154728160660446
[3] https://www.facebook.com/photo?fbid=10158971660805446&set=a.10154728160660446
[4] https://www.facebook.com/giorgiameloni.paginaufficiale/photos/a.10151958645677645/10159076283212645/
[5] Per es. la Meloni ha votato il DDL della Valente, una femminista TERF che vuole ostacolare la ricerca sugli uomini vittima di violenza. Questo DDL:
(1) rende obbligatorio per l’ISTAT indagare solo la violenza sulle donne;
(2) assegna al ministro delle pari opportunità il compito di decidere quali ricerche l’ISTAT non deve fare (e deve fare). Da Facebook https://www.facebook.com/Privilegiato-e-Saccente-Pillole-di-mansplaining-quotidiano-100931361751448
[6https://www.ilprimatonazionale.it/cultura/perche-anti-femminismo-maniera-non-puo-piu-bastarci-184909/
[7] http://www.marcelloveneziani.com/articoli/donne-non-prendetevela-col-pater/?fbclid=IwAR1nfIDnytORbH9CMtqVnQ5uhBDZqjpP1tPVWNeIq5UNi8ZVSijHajsNtiQ
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