E’ in errore chi pensa che quello presieduto da Draghi sia un governo “neo-democristiano”, perché il “metodo Cencelli” (cioè la divisione degli incarichi e delle poltrone in base ai numeri e alle percentuali ottenute dai vari partiti) applicato da Draghi non ha nulla a che vedere con quello elaborato dal suo ormai celebre inventore.
Il “manuale Cencelli” ha contraddistinto la politica italiana per quasi mezzo secolo, in una fase storica in cui i partiti – in particolare i grandi partiti di massa della cosiddetta Prima Repubblica – svolgevano un ruolo molto importante perché erano i “polmoni” della società civile, lo strumento attraverso il quale le masse popolari veicolavano istanze sociali di vario genere ed erano in qualche modo, sia pure con grandi limiti, ostacoli e contraddizioni, protagoniste della vita pubblica.
Certamente il “Cencelli” aveva i suoi vizi formali e sostanziali però garantiva una spartizione del potere e del sottopotere che in qualche modo aveva una sua “democraticità”. Fermo restando la conventio ad excludendum nei confronti del PCI che gli impediva di andare al governo, è altrettanto vero che anche quel partito, in virtù di quella logica spartitoria (e della sua forza elettorale…) aveva i suoi (spesso anche ampi) margini di gestione della cosa pubblica (amministrazioni locali, regioni, comuni, province, aziende municipalizzate, università ecc.). Insomma, anche del PCI si doveva comunque tenere conto anche se accadeva – a causa, appunto, della conventio ad excludendum – che partiti elettoralmente poco più che insignificanti, per lo meno rispetto ai numeri del PCI (penso al PLI, al PRI e al PSDI), avessero, in proporzione alla loro effettiva consistenza elettorale, molti più spazi e molte più posizioni di potere. Questa fu senz’altro una della maggiori contraddizioni della Prima Repubblica, dovuta naturalmente a ragioni di politica internazionale (la guerra fredda…). E però, nonostante ciò il Partito Comunista italiano, in virtù della sua forza elettorale e della sua capacità di egemonia (Movimento Operaio, sindacati, associazionismo ecc.), era in grado di condizionare le politiche dei vari governi a guida prevalentemente democristiana e la politica nel suo complesso.
Da alcuni decenni a questa parte però – diciamo dal crollo del muro di Berlino e da “Tangentopoli” in poi – i partiti, compresi quelli nati dalle ceneri dei vecchi, non contano più nulla e soprattutto non rappresentano più nulla dal momento che non esiste più una vera e autentica dialettica politica. E proprio il di fatto già nato “governissimo” Draghi è la conferma di quanto sto dicendo.
La Politica con la P maiuscola che, con tutti i suoi limiti e contraddizioni, ha caratterizzato la Prima Repubblica è morta da un pezzo, sostituita dall’economia, anzi dalla finanza e dalla tecnocrazia. Il Potere (lo scrivo, non a caso, con la maiuscola) è ormai gestito direttamente dal grande capitale finanziario che mette i suoi uomini (senza, ovviamente, passare per le elezioni, di cui ormai di fatto si può anche fare a meno…) alla guida dei governi. I partiti, tutti, si inchinano né sono in grado di fare altro dal momento che sono stati completamente svuotati del loro ruolo e della loro funzione. Il giuramento solenne davanti al Capo dello Stato di fedeltà alla Costituzione è ormai una farsa, perché la Costituzione italiana è stata letteralmente bypassata dai “Mercati” e dal capitale finanziario che impone le sue regole (e i suoi interessi).
La formazione dell’attuale governo, dunque, con la ridistribuzione dei ministeri ai vari partiti, in base alla loro consistenza elettorale – appunto la logica del “manuale Cencelli” – è una pura finzione che serve a mantenere l’illusione che i partiti giochino ancora un ruolo effettivo. In altre parole, che esista ancora una democrazia sostanziale, sia pure con tutti i paradossi e le contraddizioni che ben conosciamo e abbiamo conosciuto e ai quali ho molto sinteticamente fatto cenno poco sopra.
E’ bene, quindi, dirsi le cose in modo chiaro e per come effettivamente stanno: gli attuali partiti sono soltanto finzioni, dal punto di vista della loro effettiva capacità di incidere politicamente e di rappresentare la volontà di chi (ancora) li vota, e servono soltanto a tenere in vita un ceto di professionisti e (nella maggior parte dei casi) di mestieranti della politica.
La democrazia reale in questo paese non esiste più da tempo.