Improbabile che il brutale arresto di una operaia dell’area industriale di Kundli (alla periferia di Delhi) sia avvenuto casualmente.
In quanto esponente di MAS (Majdoor Adhikar Sanghatar – Unione per i diritti del lavoro, associazione formata da lavoratori e disoccupati) Nodeep Kaur partecipava attivamente alla CASR (Campaign against state repression – Campagna contro la repressione dello stato), frutto dell’alleanza tra numerose organizzazioni popolari.
In particolare la giovane, una dalit (paria, “intoccabili”), era intervenuta su una questione molto attuale nell’attuale fase della lotta di classe in India, ossia dei salari non corrisposti. Oltre naturalmente che in merito alle questioni “croniche”: le angherie e il brutale sfruttamento subito da molti lavoratori industriali, donne e uomini.
Privi di sindacati (nonostante questi siano costituzionalmente garantiti), in gran parte migranti interni, per lo più a contratto interinale e quindi esposti a molteplici abusi.
Come se non bastasse subiscono periodicamente gli attacchi squadristici delle cosiddette QRT (Quick Response Team – Squadre di risposta rapida), squadracce – appunto – armate al servizio delle direzioni aziendali e in particolare delle agenzie interinali. Sul libro paga della KIA (Kundli Industrial Association), tra i loro scopi principali quello di impedire – anche con la violenza – la formazione di sindacati, gli scioperi e le proteste.
Ma a rincuorare gli animi dei lavoratori era giunta l’onda lunga di KISAN ANDOLAN, la grande protesta dei contadini indiani recentemente arrivata fino alle porte di Delhi.
Una parte della sinistra radicale (in particolare, sembrerebbe, quella che si richiama al maoismo delle origini, movimentista) vi ha riconosciuto l’opportunità per rilanciare lo slogan Kisan-Maidoor Ekta (Unità operai-contadini). E – nel contempo – mobilitarsi concretamente con raduni, sit-in e manifestazioni di solidarietà.
Talora ricambiati dai contadini che hanno voluto portare un loro attivo contributo ad alcune lotte dei lavoratori dell’industria. Come a Kundli dove il loro sostegno ha consentito a qualche centinaio di operai di ottenere i salari rimasti bloccati durante il lookdown (nonostante una ordinanza del ministero risalente al marzo 2020).
Ovviamente il governo indiano guarda con apprensione alle possibili conseguenze di questa saldatura tra classi subalterne e – quando può – interviene per stroncarla anticipatamente.
Questo sarebbe appunto avvenuto nel caso dell’arresto di Nodeep Kaur, una lavoratrice e attivista che aveva collaborato alla distribuzione di generi alimentari (cereali) ai lavoratori in difficoltà.
Già per questo era finita nel mirino di Hindu Jagriti Manch (Forum per il risveglio indù), associazione settaria di destra finanziata da industriali e latifondisti locali.
L’arrivo di Kisan Andolan aveva portato un raggio di sole nella desolata situazione dei lavoratori senza salario consentendo le prime mobilitazioni congiunte operai-contadini. Ma fatalmente questo incrementava anche gli attacchi della QRT, soprattutto ai danni di quei lavoratori e militanti che si prodigavano nel sostenere i contadini accampati a Kundli.
Il 2 gennaio contro gli operai che reclamavano i loro salari venivano esplosi diversi colpi di armi da fuoco. L’immediata denuncia del MAS non venne nemmeno presa in considerazione dalla polizia locale. In compenso veniva sporta denuncia per “estorsione” contro i lavoratori.
Dieci giorni dopo, un’analoga protesta per i salari veniva brutalmente repressa a bastonate da scagnozzi di Hindu Jagriti Manch, mentre alle operaie venivano strappati i vestiti. Per il MAS, un atteggiamento “discriminatorio e sessista riconducibile alla matrice brahmanica, patriarcale e hindutva (in sintesi: fascista nda) di queste organizzazioni paramilitari”.
Considerazioni valide anche per le violenze a cui è stata sottoposta Nodeep Kaur dopo l’arresto.
La ventiquattrenne (operaia e attivista sindacale, proveniente da una famiglia di contadini senza terra del Punjab), è stata arrestata il 12 gennaio nel corso dell’irruzione della polizia nella tendopoli del MAS eretta in solidarietà con i contadini che protestavano al confine di Singhu. Contro di lei svariate accuse più o meno fantasiose. Tra cui l’aver partecipato ad assemblee e a scontri “brandendo arma mortale”. Viene inoltre accusata di “ferite a pubblico ufficiale, aggressione e uso criminale della forza, violazione, estorsione, furto, intimidazione criminale e tentativo di omicidio”. Il tutto si basa sulle dichiarazioni di un ispettore di polizia e del commercialista dell’azienda che non aveva corrisposto gli stipendi ai dipendenti. Secondo il MAS, mentre si trovava nel commissariato (poi in un carcere di Karnal) sarebbe stata “brutalmente picchiata da agenti maschi, anche sui genitali”. Una forma di violenza sessuale quindi.
Sempre in un comunicato del MAS si denunciava “la collusione tra i padroni delle fabbriche, la direzione, le loro forze armate, gruppi locali come l’indù Jagriti Manch e la polizia di Haryana”. Così come il fatto che “lavoratori-attivisti come Nodeep Kaur vengano arrestati e abusati sessualmente in carcere mentre nei media viene lanciata una sistematica campagna diffamatoria nei loro confronti”. E si proseguiva sostenendo che “le forze fasciste brahmaniche indutva sono aiutate e incoraggiate dalla polizia complice della loro agenda anti-donne, anti-dalit, anti-lavoratori e anti-contadini che – quando ogni altro metodo risulta fallimentare – si trasforma in pura e semplice repressione statale”. Con tali precedenti l’arresto di Nodeep Kaur e le sevizie a cui è stata sottoposta appaiono nella loro luce autentica. Ossia, una ritorsione, una rappresaglia contro una lavoratrice, una dalit (termine in genere tradotto con “intoccabili”, ma sinonimo anche di “oppressi”) che ha osato ergersi contro l’oppressione nelle sue molteplici e svariate forme.