Il colpo di Stato in Myanmar (Birmania) inaugura una costante nella politica di Joe Biden: golpe militari, solidarietà diplomatica virtuale e finanziamenti sottobanco all’estrema destra militarista. L’Asia è già – utilizzando le parole di Mao – una ‘’zona in tempesta’’.
L’era Biden è iniziata con un colpo di Stato: gli Stati Uniti non hanno permesso al Myanmar di passare alla Cina. Nel settembre 2017, con l’articolo Myanmar, fra repressione militare e terrorismo wahabita avevo spiegato la rottura – inaspettata per molti analisti – fra Aung San Suu Kyi e lo Stato profondo USA; dal momento che il testo in questione anticipa le dinamiche della tragedia birmana, è opportuno ripartire dall’analisi che, già tre anni fa, mi ha permesso di leggere gli eventi:
“Il Partito del Programma Socialista della Birmania, nonostante il nome ed un apparente patriottismo anti-statunitense, era profondamente anticomunista. La rottura con gli Usa è stata sacrosanta ed ha impedito alla nazione di finire come la Thailandia – un paradiso per il turismo sessuale – ma tutto il resto può essere definito, a dir poco, catastrofico. Per questa ragione i buddisti massacrarono i movimenti popolari e musulmani. La repressione contro i rohingya fonda le sue radici nell’islamofobia dei militari; come avrebbe potuto estirpare Aung San Suu Kyi, da poco eletta, un problema così radicato nella società, un problema antico caratterizzante la ‘’cultura dominante’’ del paese?
Perché si parla soltanto ora della repressione dei rohingya? Le ragioni sono due: (1) Aung San Suu Kyi, al pari del padre, ha ritenuto che con il servilismo atlantico non si rende indipendente il paese, quindi ha progressivamente avvicinato il suo governo di centro-sinistra alla Russia ed alla Cina. (2) I rohingya hanno wahabizzato il loro Islam, non a caso l’Arabia Saudita li ha subito appoggiati. Lo speculatore Soros ed Amnesty International seguono Casa Saud alzando la bandiera, come al solito, di una causa ‘’infiltrata’’ dal wahabismo reazionario. Domanda: Aung San Suu Kyi s’è tirata addosso le ire di Soros schierandosi dalla parte del legittimo governo venezuelano di Nicolas Maduro. Saprà tenere duro, riuscirà a non farsi corrompere?’’ 1
Nel 2017 avevo inquadrato un doppio scenario:
- Il governo politico birmano avrebbe stipulato una alleanza tattica con Pechino contro la borghesia commerciale USA.
- L’esercito buddhista sarebbe diventato una proiezione dello Stato profondo israeliano.
Leggiamo cosa scrivevo e ripercorriamo l’attuale realtà dei fatti:
“I militari, che si dicevano ‘’socialisti’’, intrecciarono stretti rapporti con le lobby sioniste anticinesi mentre la Cina maoista appoggiò il Partito comunista fuori legge. La Cina attuale, che non ha nessun legame con quella di Mao, strapperà la Birmania dal dominio occidentale? Non è facile soprattutto perché l’imperialismo israeliano, attraverso l’esercito, controlla una parte importante delle strutture del paese. I maoisti appoggiarono i Wa, la formazione combattente del PC birmano, mentre la guerriglia, tutt’ora armata ( e sempre filocinese), lo United Wa State Army ( UWSA ), ha rifiutato d’incontrare la neoeletta presidentessa. Aung San Suu Kyi, per rompere con gli Usa, deve riappacificarsi coi guerriglieri riuscendo dove il filippino Duterte ha fallito; così facendo ha una formazione militarmente addestrata in grado di epurare l’esercito dagli elementi pro-Israele. Si spingerà fino a questo punto?’’ (Ibidem)
La presidente Aung San Suu Kyi, figlia di uno dei fondatori del Partito comunista birmano, nel 2020 ha dato una svolta decisiva ricucendo le relazioni sino-birmane, congelate da vent’anni: ‘’Un editoriale sul sito CGTN intitolato ” La visita del nuovo anno di Xi in Myanmar: pietra miliare nelle relazioni bilaterali “, contribuiva ad inquadrare il significato della visita del Presidente Xi confrontando i legami del Myanmar con Cina e Stati Uniti. Il direttore notava che il viaggio del Presidente Xi in Myanmar fu il primo grande viaggio all’estero nel 2020’’ 2. La visita di Xi era centrata sul pragmatismo economico, non sull’ideologia politica, nonostante ciò il disegno di Pechino rientra nell’ottica pan-asiatica, un blocco egemonico alternativo dialogante con Mosca e Teheran, ma non obbligatoriamente complementare all’Eurasia:
“La Cina raggiunge il Myanmar attivamente all’inizio del 2020. Speriamo che il Myanmar restituisca il favore cooperando più strettamente con la Cina e attuando progetti BRI finanziariamente sostenibili e che rafforzano localmente i progetti BRI in Myanmar” (Ibidem)
Gli USA e la sinistra ‘’politicamente corretta’’, al di là delle numerose testate specializzate in politica estera, hanno compreso ben poco del pan-asiatismo e del nuovo antimperialismo di mercato sistematizzato dal presidente Xi: pragmatismo, scambi bilaterali secondo la logica win-win, antimperialismo morbido senza compromettersi troppo. Diverse testate statunitensi, fra cui The Diplomat, hanno prospettato una immediata reazione occidentale e l’analista internazionale Joseph Thomas aveva messo in conto una reazione USA inquadrabile nel soft power. Donald Trump, il maestro corruttore, era l’ideologo del soft power al tempo del social, adesso si ritorna ai colpi di Stato auto-organizzati dalla CIA: in Asia tornano i gorilla ‘’vendi patria’’, ma chi arma l’esercito birmano?
La stampa israeliana ha rivelato che il generale golpista Min Aung Hlaing è un cliente dello Stato profondo dal 2015 quando, accompagnato da una delegazione di militari anti-musulmani, incontrò il presidente Reuven Rivlin ed i vertici di IDF e MOSSAD, rimanendo colpito dall’efficacia della macchina da guerra ‘’americano-sionista’’ 4. Israele ha sostenuto i crimini di guerra dell’esercito birmano contro la minoranza musulmana, mentre Washington ha boicottato la mediazione cinese aizzando lo Scontro di Civiltà 2.0: musulmani contro buddisti.
La Dottrina ‘’americano-sionista’’ che vorrebbe rilanciare anacronisticamente la ‘’guerra infinita ‘’, col ritorno della fazione ‘’cosmopolita’’ dello Stato profondo USA avrà diverse declinazioni: (1) latino-americani contro afroamericani; (2) arabi contro persiani; (3) musulmani contro buddisti. Tel Aviv entrerà nel continente asiatico, portando caos, dittature militari e repressione anti-comunista: il ritorno dei gorilla.
https://www.linterferenza.info/esteri/myanmar-fra-repressione-militare-terrorismo-wahhabita/
http://aurorasito.altervista.org/?p=12757
https://www.haaretz.com/.premium-sanctioned-myanmar-sends-army-man-to-israel-1.5399480?fbclid=IwAR36ifYentXZCsxfQbeHbsXyoqyOka_zAbCwVwU77XCms5LYcXxLzzst-CY
https://www.invictapalestina.org/archives/29738