Da buon francese – anche se ormai trapiantato stabilmente negli USA – Omar Sy non poteva ignorare che Lupin III – il personaggio che racconta di aver incontrato con manga e anime giapponesi – emanava direttamente da quello creato da Maurice Leblanc.
Stando alle interviste, l’attore che su Netflix sta interpretando l’ennesima versione di Lupin, appare invece all’oscuro in merito alle vere origini del “ladro gentiluomo” (e quindi di tutte le derivazioni successive: letterarie, cinematografiche, fumettistiche…).
Leblanc infatti riconobbe di essersi ispirato alle imprese di una persona in carne e ossa, l’anarchico espropriatore Marius Jacob di cui il suo Arsenio Lupin era solamente una proiezione romanzata.
Del resto nemmeno Kazuhiko Kato (più noto come Monkey Punch e creatore di Lupin III) ne era a conoscenza. Come avevo avuto modo di verificare direttamente nel 1995 (a una Convention di cinema, fumetto e animazione giapponese: Kaiju, Apoteosi & Paranoie).
Cogliamo quindi l’occasione della serie televisiva in cui il figlio di un immigrato – incastrato ingiustamente – si richiama a Lupin nella sua vendetta sociale.
Intanto va detto che già con la versione letteraria (quella appunto di Maurice Leblanc) si erano perse per strada alcune delle caratteristiche più nobili del personaggio originario.
Jacob, nato a Marsiglia nel 1879, era il “leader” morale di una banda di espropriatori libertari che operò sia in Francia che in Spagna, Svizzera e anche Italia. Nella sua biografia Jacob si riconoscerà colpevole di più di un centinaio di “operazioni di riappropriazione individuale” per un valore (all’epoca) di almeno cinque milioni di franchi oro.
Coerentemente con i suoi principi, Jacob assaliva solo abitazioni di lusso, palazzi, chiese e castelli. Per precisa scelta ideologica non faceva mai uso di violenza (e in questo, come segnalai all’epoca ai curatori della versione italiana, Lupin III era un nipote degenere). Inoltre versava una congrua parte del bottino alle organizzazioni di solidarietà proletaria e alla stampa anarchica (come Buenaventura Durruti, come Salvador Puig Antich…).
Una volta arrestato si autodifese davanti ai giudici con intelligenza e ironia. Rivendicò al proletariato il diritto di riappropriarsi della ricchezza sociale anche con il furto dato che “quelli che producono tutto non hanno niente e quelli che non producono niente hanno tutto”.
Sebbene non fosse accusato di fatti di sangue venne condannato all’ergastolo nel 1905.
Venti anni dopo, una vasta campagna di solidarietà riuscì a strapparlo dal carcere. Per il resto della sua vita rimase in Francia, lavorando come venditore ambulante. Scrisse anche un libro di memorie (“Ricordi di mezzo secolo”) pubblicato nel 1948.
Altro testo che mi sento di raccomandare è quello di Bernard Thomas: Jacob – recuerdos de un rebelde, Txalaparta editorial, Tafalla (Nafarroa) in coedizione con Ediciones De La Flor (Buenos Aires).
Il vero, unico e autentico ladro gentiluomo Marius Jacob morì “come e quando volle” nel 1954 a Bois-Saint-Denis.