La prossima legge di bilancio prevede sgravi fiscali del 100% per le aziende che assumono donne: https://www.fanpage.it/economia/legge-di-bilancio-arrivano-sgravi-al-100-per-assunzione-donne/
Dal momento che, secondo la vulgata mediatica/ideologica dominante, le donne, a parità di qualifica e mansione, sarebbero retribuite con un salario inferiore a quello degli uomini, con questo ulteriore provvedimento, ci aspettiamo che l’occupazione femminile sarà stratosfericamente superiore a quella maschile nell’arco di pochissimo tempo. Già dovrebbe esserlo e da un pezzo, per la verità, dal momento che se fosse veramente possibile assumere una donna, a parità di mansione e qualifica, con un salario inferiore a quello di un uomo, è evidente che tutti gli imprenditori, soprattutto nell’economia sommersa, non avrebbero alcun interesse ad assumere uomini…
Già da alcuni anni, come ci ha spiegato il Sole 24 Orehttps://www.ilsole24ore.com/art/universita-gratis-o-scontata-le-studentesse-che-scelgono-corsi-scientifici-AEgpU2dD e come abbiamo riportato in questo articolo https://www.ilsole24ore.com/art/universita-gratis-o-scontata-le-studentesse-che-scelgono-corsi-scientifici-AEgpU2dD le donne potranno iscriversi alle facoltà scientifiche senza pagare tasse o pagandone di meno, a prescindere dalla loro condizione sociale e di quella delle loro famiglie, per il solo fatto di appartenere al genere femminile. Ciò significa che un ragazzo figlio di lavoratori dovrà pagare le tasse per intero mentre una ragazza figlia di imprenditori, professionisti, banchieri o ereditieri non le pagherà.
Delle quote rosa non vale neanche la pena parlarne. Si tratta, come è evidente, di quote di classe, destinate alle donne appartenenti alle elite sociali dominanti che vengono così collocate in questo o in quel consiglio di amministrazione, e non certo alle donne lavoratrici. Del resto, mutatis mutandis, non sono previste quote rosa per lavorare nei cantieri edili, nelle acciaierie, sulle piattaforme petrolifere, sui tralicci dell’alta tensione, sulle navi mercantili, così come non sono previste quote celesti (cioè destinate ai maschi) per prestare servizio nella pubblica amministrazione o nella scuola.
Le chiamano “discriminazioni positive”. A mio parere sono soltanto discriminazioni, nel senso più pieno del termine, sia sessuali che sociali, perché discriminano sia in base al sesso che alla condizione sociale (vedi il caso delle tasse per le facoltà scientifiche).
Naturalmente questo scempio classista, anticostituzionale, antidemocratico e sessista, è possibile in virtù del postulato ideologico in base al quale le donne, in quanto tali, sarebbero, nell’attuale società capitalistica, in una condizione di discriminazione generalizzata e sistematica. Oltre alla sua palese falsità, è evidente ancora una volta come questo assunto sia intriso di sessismo e interclassismo. Tutti/e sanno perfettamente che la nostra società è divisa in classi e non per genere. Le classi sociali dominanti sono formate da uomini e da donne così come le classi popolari e subalterne sono formate da uomini e da donne. A meno di non pensare che una top manager, una imprenditrice, una dirigente pubblica o privata, una diva del cinema o della televisione o una rockstar se la passino peggio di un qualsiasi lavoratore maschio (o femmina), solo per il fatto di essere donne…
Il fatto che la divisione sessuale del lavoro abbia creato e tuttora crei in parte delle differenziazioni e una diversa distribuzione delle mansioni all’interno dell’organizzazione del lavoro non ha nulla a che vedere con la discriminazione sessuale ma a fattori oggettivi, cioè fisici, biologici, ambientali, sviluppo o mancato sviluppo tecnologico che consente o non consente che tutti /e possano svolgere le stesse mansioni, oppure a fattori economici. Nel senso che l’imprenditore o l’imprenditrice che non assumono una donna perché potrebbe andare in maternità (una intollerabile discriminazione, questa sì, contro la quale ci battiamo senza se e senza ma, come contro qualsiasi altra discriminazione) non lo fanno per ragioni di discriminazione sessuale bensì per mere ragioni di profitto. Assumere una donna che poi va in maternità significa retribuirla senza che questa produca profitto per l’imprenditore (o l’imprenditrice). La stessa ragione per cui un imprenditore edile assume operai e non operaie: in un settore in cui la forza muscolare è ancora l’elemento prevalente è ovvio che la capacità produttiva di un uomo sarà di gran lunga superiore a quella di una donna. E’, dunque, questo il nocciolo della questione, anche in questo caso, non certo l’aspetto sessuale. Del resto, è più gravoso lavorare come manovale in un cantiere edile oppure come addetta alle pulizie in un ufficio o dovunque sia (lavoro a cui peraltro sono addetti anche molti uomini)? E’ una questione che a me non interessa neanche porre e non dovrebbe interessare nessuno di noi. Personalmente sto, ovviamente, dalla parte sia dell’uno che dell’altra, in quanto appartenenti alla classe lavoratrice, e non mi metto certo a misurare col bilancino chi se la passi peggio.
Curioso che tutto ciò sfugga incredibilmente anche a tanti amici e compagni sinceramente comunisti (ma forse ancora un po’ troppo “veteri” per indagare in alcuni “territori” tradizionalmente non esplorati neanche dai marxisti…). Del tutto normale che sfugga ai liberali, alla “sinistra” neoliberale e radicale politicamente corretta e femminista, quella che inneggia oggi a Kamala Harris e ieri inneggiava alla Clinton, ma non a dei marxisti. Sarebbe ora – lo dico con benevolenza e affetto – di aggiornare, proprio a partire dalle categorie e dall’analisi marxista, il nostro punto di vista sulla realtà. Osservare cioè quest’ultima per quella che è e non per quella che ci piacerebbe che fosse sulla base dei nostri desiderata ideologici. Specie poi quando questi ultimi non fanno neanche parte della nostra storia. Di certo, è l’ideologia che deve essere applicata alla realtà per verificarne la sua veridicità, e non il contrario. Non resta che augurarci che il metodo, la dialettica e la prassi marxiana abbiano la meglio sul dogmatismo, sull’opportunismo e sul conformismo. Per la serie: “Chi me lo fa fare di mettere mano ad un argomento così scabroso? Meglio far finta di nulla e ripetere, per default, i mantra rassicuranti ripetuti più o meno da tutti”.
In ultimo, una parola alle donne. Non a tutte, ovviamente, molte non hanno nessun interesse a modificare l’attuale status quo e, anzi, hanno interesse ad alimentare questa gigantesca manipolazione della realtà in atto ormai da tempo. Mi rivolgo alle donne non appartenenti, a vario titolo, alle elite sociali, economiche, mediatiche e politiche dominanti, mi rivolgo alle donne che la mattina si alzano presto per andare a lavorare in un ufficio o in una fabbrica dopo aver preparato la colazione ai figli e averli accompagnati a scuola, alle donne “normali”, quelle che non hanno un particolare peso specifico da mettere sul piatto della bilancia, che non sono particolarmente attraenti (oggi l’attrazione fisica è un capitale notevolissimo, specie per le donne, lo è sempre stato ma nell’attuale società capitalista ha assunto un valore enorme…), quelle che non appartengono ai vari livelli, ai “salotti buoni”. Ragazze, non vi fate ingannare, molte di voi pensano oggi di avere il vento in poppa ma alla lunga non sarà così. Quando le cose peggioreranno – e a mio parere saranno destinate purtroppo a peggiorare – diventerà evidente che la partizione non sarà quella fra i sessi ma fra chi sta sopra e chi sta sotto, fra chi sta in alto e chi sta in basso, fra chi è ricco e chi non lo è, a prescindere dal sesso. E allora vi guarderete intorno e vi accorgerete che donne che fino al giorno prima parlavano di “sorellanza” e di femminismo saranno dall’altra parte della barricata, quella dei vincenti (insieme ad altri uomini), e voi da quella dei perdenti (anche in questo caso, insieme ad altri uomini). Rifletteteci. Non chiedo altro.