Mentre sembrerebbe che Donald Trump, con tempestiva mossa elettorale, abbia offerto la grazia a Julian Assange in cambio di una sua fattiva collaborazione nello “smascheramento” del Russiagate (notizia che, resa pubblica, è stata immediatamente smentita dalla Casa Bianca), continua a Londra, presso il Tribunale di Old Bailey il processo che è stato ripreso il 7 settembre contro il grande giornalista australiano sulla richiesta USA di estradizione per rispondere a diciotto capi di accusa che comporterebbero, in caso di condanna, 175 anni di carcere.
Julian Assange, in un carcere di massima sicurezza dal 2019, in seguito all’irruzione violenta della polizia londinese, in barba al diritto internazionale, nell’ambasciata ecuadoriana, dove si era rifugiato nel 2012 in seguito ad un mandato di cattura spiccato dalla magistratura per un presunto reato di violenza carnale rivelatosi inesistente, è attualmente gravemente malato a causa di uno stress psico-fisico che ha dovuto sopportare per sette anni, spiato impunemente all’interno della stessa Ambasciata, assieme a tutti coloro che andavano a visitarlo, giornalisti compresi, impossibilitato ad avere contatti con l’esterno.
Secondo Ron Paul, politico statunitense libertario che ha avuto la possibilità di incontrarlo, corre ormai seri pericoli per la sua vita. Secondo il parere di molti medici che hanno potuto esaminare la sua situazione di salute, potrebbe morire in carcere. Pare che vi sia stato un tentativo di suicidio da parte di Julian, molto debilitato psichicamente, come risulta da suoi comportamenti abnormi. La Corte ha ascoltato gli avvocati della difesa che hanno denunciato tentativi di rapimento nell’Ambasciata ecuadoriana e trattamenti inumani in carcere “nudo e in manette”. Del resto, ciò che si vede in Aula da adito alle voci più allarmanti sulle torture subite da Julian. Rinchiuso in una gabbia di vetro, non può parlare con i suoi avvocati, pena l’espulsione dall’aula.
Per l’Amministrazione USA e per quella Britannica la morte del grande attivista contro le guerre “umanitarie” sarebbe preferibile ad una lunga detenzione che esporrebbe la dirigenza yankee, qualora venisse concessa l’estradizione, a polemiche e a critiche reiterate. Meglio effettivamente farla finita il più presto possibile. La sua esistenza, la sua vita costituirebbero da sola un richiamo ed un atto di accusa contro le atrocità dell’Impero anglosassone, contro le sue guerre genocidarie, contro le violenze sistematiche operate nei paaesi da riportare alla democrazia, contro gli abusi giudiziari, contro la corruzione dilagante nelle forze armate, contro il disprezzo del diritto internazionale.
Proteste e petizioni hanno accompagnato la vita carceraria di Julian. Molto attiva la compagna Stella Moris che ha consegnato una petizione di 80.000 firme e ha dichiarato che con l’estradizione Julian non ne sarebbe uscito vivo, lasciandola sola, senza il padre con i suoi due figli. John Pilger si è espresso con la sua ben nota determinazione, asserendo che si sta assistendo all’atto finale di una campagna per seppellire Julian, ad un processo truccato, ad una dovuta vendetta, ad una farsa evidente.
In effetti, nel silenzio dei media, della stampa, dei giornalisti, dei cosiddetti uomini di scienza e di cultura, nella scarsa attenzione alla vicenda da parte di pacifisti, di associazioni ambientaliste, di “femministe”, di sindacati, di donne e di uomini della sinistra antagonista, si può avvertire il degrado culturale e morale cui è arrivata la società liquida, atomizzata ed edificata dal neoliberismo imperante
Una società malata che oramai è disposta ad accettare qualsiasi sopruso, qualsiasi ingiustizia, a patto che non si tocchi il proprio orticello (che tra non molto potrebbe essere devastato).
La sfacciataggine degli opinionisti televisivi ha raggiunto punti di guardia. In fondo si è inguaiato da solo con le sue investigazioni e con le sue scoperte. Certo ha scoperchiato il mare di menzogne che hanno accompagnato le avventure dell’occidente, i massacri, gli stupri, gli assassini di gruppo e quelli mirati, i genocidi, le malattie terrificanti che hanno travolto intieri popoli, distrutto nazioni, causando inevitabili conflitti etnici grazie al terrorismo.
Ha esagerato. Si tratta delle forze armate Usa e Nato e dell’Amministrazione USA, impegnata severamente nelle guerre genocidarie, denominate “umanitarie”. Sono argomenti scottanti con cui ci si può far male. Ben gli sta dunque. Svergognare Hilary Clinton, massima responsabile della distruzione di una nazione che primeggiava in Africa per la sua organizzazione sociale, per la sua economia, per la sua moneta in fieri che avrebbe falcidiato il potere tirannico del Franco coloniale e compromesso i trionfi in avvenire dell’Euro e del dollaro (operazione intrapresa con il sostegno fattivo della classe dirigente italiana che ha lavorato (non è certo la prima volta che accade) contro l’Italia stessa, gravemente danneggiata dalla distruzione dello stato libico.
E’ probabile che la sentenza venga emessa alla fine dell’anno o a gennaio. Non c’è molto da sperare. Il governo inglese vuole soddisfare il suo potente alleato. Aspetta con ottimismo la sentenza che difficilmente sarà giusta. La giudice Emma Arbuthnot, Lady fedelissima alla Corona, sposata con un magnate dell’apparato industriale-militare, ha già respinto le conclusioni del Gruppo di lavoro Onu sulla detenzione arbitraria di Assange e anche quelle del responsabile ONU sulla tortura, e non sembra credibile che possa emettere una sentenza che scontenti Corona, States e consorte.
La sentenza costituirà un altro passo in avanti dell’elitè finanziaria e militare internazionale verso una società totalitaria, gestita da pochi eletti. La condanna di Assange sarà un monito per chi vuole fare un giornalismo che sia di critica al sistema imperiale ed un invito per i padroni dei giornaloni a continuare con un notiziario evanescente che sia di critica solo di eventi che non disturbino eccessivamente il Manovratore e che quindi su tali eventi abbiano licenza di strepitare e di pavoneggiarsi. Personalmente credo che la condanna sia un colpo tremendo al giornalismo che voglia esaminare la realtà per quella che è ma non sarà una campana a morte.
Perché denunciare i crimini di guerra dovrebbe essere un merito morale, perché denunciare le nefandezze compiute contro le nazioni, contro i popoli, dovrebbe non solo essere valorizzato ma anche considerato legale in quanto rispondente alla salvaguardia degli esseri umani, mentre le guerre per l’esportazione della democrazia, le guerre “umanitarie”(condannate dallo stesso Francesco nell’ultima enciclica “Fratelli tutti”) dovrebbero essere considerate illegali.