In un liceo romano una vicepreside ha invitato le studentesse a non indossare minigonne poiché avrebbero potuto – così vestite -indurre i professori maschi a occhiate pruriginose.
La dirigente scolastica non ha di fatto accusato alcun professore di gesti degni della commedia erotica all’italiana, quella che andava per la maggiore sul finire degli anni ’70, ma solo l’evocazione generica di una possibile deriva pecoreccia ha fatto scattare indignazione e risentimento tra le studentesse. La gogna in assenza di reati rappresenta la nuova frontiera del politically correct.
Repentina è arrivata la protesta civilizzante con quel pizzico di marketing che trasforma tutto in spettacolo e in indignazione momentanea da flash mob. Le ragazze sono libere di vestirsi come vogliono e i maschi devono farsi cadere l’occhio da qualche altra parte. Peccato che nessun docente è stato accusato di comportamenti indecorosi. Ma appunto nell’era del femminismo puritano delle ricche signore di Hollywood il maschio è colpevole a prescindere e incarna solo per il fatto di esistere tutte le pulsioni più retrive dell’essere umano.
Il tutto per non poter affermare l’ovvio. La spinta soggettivistica e libertaria impone un determinato tipo di argomentazioni – prendersela con il maschio buzzurro è una di queste – ma esclude tutte quelle che profumano di autoritarismo. Quindi è impossibile imporre un determinato vestiario consono all’istituzione che si sta frequentando. Impossibile sostenere che la Scuola dovrebbe insegnare a mantenere un determinato decoro in quanto è il luogo in cui lo Stato e quindi l’intera comunità investe per formare individui che sappiano maturare spirito critico nel rispetto di regole condivise.
Vietato definire l’importanza del compito assunto dallo Stato e condirlo di quella sacralità utile a far percepire la Scuola luogo in cui consapevolezza di sé e crescita intellettuale sono accompagnate da una seria dialettica sulle idee. Per contestare il modo in cui viene esercitata l’autorità occorre riconoscerne la funzione collettiva.
Se al contrario la sola spinta individualista possiede la legittimazione a disegnare dispositivi etici ecco che tutto si riduce nel rivendicare una supposta libertà nel far valere propri capricci. Da assecondare sempre senza alcun limite. Magari mettendo al patibolo qualche maschio – non oso immaginare che seratine passate in famiglia dopo l’essere stati accostati ad Alvaro Vitali – colpevole di voler presentarsi ancora come essere degno della formazione di giovani.