La Bielorussia è l’unico paese ex sovietico che non conosce la presenza di oligarchi né corruzione, nonostante ciò il progetto di Lukashenko è organico alla costruzione di un capitalismo di stato-sociale, autoritario, originariamente non imperialista e, di recente, caratterizzato dalla dissimulazione geopolitica verso Mosca. Minsk, al di là dell’alleanza strategica con la Russia, vorrebbe giocare – in quanto nazione capitalista semi-indipendente – in modo autonomo la propria partita nel conflitto per la costruzione del mondo multipolare. Partiamo da un presupposto: Mosca e Pechino, non necessariamente rappresentano un blocco monolitico. L’attivista Angelo Vinco, ha descritto con rigore alcune divergenze fra il ‘’socialismo confuciano’’ cinese ed il nazionalismo ortodosso di Putin, leggiamo:
‘’Non andrebbe dimenticato che in tempi recenti Lukashenko si era distinto per una strategia di chiara dissimulazione geoeconomica e geostrategica verso Mosca, aprendo su tutta la linea a Pechino: in ballo non ci sono solo i due miliardi di dollari che Xi aveva messo sul piatto per la “perla della Silk Road Economic Belt”, un parco di futuristica avanguardia tecnologica che la Cina avrebbe “donato” a Minsk, ma c’è soprattutto una vera e propria linea strategica filoeuropea e filocinese, portata avanti da Lukashenko negli ultimi tempi, non gradita a Mosca’’ 1
Il presidente Xi Jinping, da diversi anni, si è impegnato nel convertire l’Ue al ‘’multipolarismo’’, ai danni della Nato e degli USA. La ‘’sinofobia’’ psicotica di Trump è una reazione alla diplomazia intelligente di Pechino. La Linea Putin poggia su pilastri differenti: l’Ue è un’avanguardia russofoba, ‘’l’americanismo in Europa’’. A differenza di quello che credono alcuni comunisti-stalinisti dogmatici, lo statista russo è molto più antioccidentale dei “marxisti-confuciani” cinesi: nemico del post-modernismo, dell’ideologia (balorda) politicamente corretta e scettico nei confronti del modernismo.
Ci sono tre fatti, occultati dai media pro ed anti Ue:
- Il Ministro degli Esteri russo, Lavrov, inizialmente non ha sposato la tesi di Lukashenko sulla ‘’Maidan ucraina’’ sostenendo che ‘’le iniziali proteste di massa sono state patriottiche’’.
- In queste ore, Dragomir Karic, console serbo, si sta impegnando ‘’per una uscita indolore di scena del presidente bielorusso’’.
Una opzione – la seconda – totalmente errata. Il premier bielorusso – per quanto autoritario – conserva un blocco storico-sociale popolare ed una prospettiva geopolitica – al di là dell’opportunismo – moderatamente ‘’multipolare’’. Non è vero che Mosca non possa avere alleati strategici, di fatto ne ha (es. Cuba e Venezuela), ma la fuoriuscita dal mondo unipolare teorizzata dagli strateghi di Putin è difforme rispetto alla prospettiva antimperialista del Partito Comunista Cinese. Per il premier russo la priorità è de-globalizzare, i comunisti cinesi distinguono la globalizzazione dall’imperialismo: globalizzano la solidarietà (come nel caso del Covid-19), creano connessioni sociali e non hanno dismesso la pratica confuciana della persuasione. L’Ue imperialista potrebbe diventare multipolare?
I comunisti sono divisi dinanzi alle politiche contraddittorie di Lukashenko. Un importante dirigente del Partito Comunista Operaio Russo (vicino al KKE greco), Sergeui A. Novikov, seppur il presidente eletto rappresenti il ‘’male minore’’, ritiene che il capitalismo di stato non sia meno oppressivo di quello mercantile. Leggiamo:
‘’Per quanto riguarda la Bielorussia, i comunisti bielorussi fanno troppo affidamento su Lukashenko.
Per quanto concerne la disputa territoriale tra Bielorussia e Federazione Russa, non mi pare sia una questione davvero importante, tale che possa provocare una pericolosa crescita del nazionalismo. L’economia bielorussa è strettamente associata con quella russa, molto più profondamente di quanto non fosse stato con l’Ucraina. Non si creda che l’eventuale sconfitta di Lukashenko trasformerà l’Ucraina in un nuovo fantoccio degli Stati Uniti come è successo all’Ucraina.
Io spero che i nostri compagni bielorussi capiscano la necessità di concentrarsi sul movimento operaio e sulla lotta di classe invece di concetrarsi nel sostenere il cosiddetto “male minore”. Ma mi rendo conto che questa soluzione rischia di essere astratta, facile da difendere in teoria, ma molto più difficile da mettere in pratica. Basti dire che se sei contro Lukashenko, precipiti immediatamente nel campo di una minoranza molto marginalizzata e proliberale’’ 2
Una fuga in avanti che non tiene conto della contrapposizione di Minsk allo stato profondo euro-statunitense che resta il nemico principale. Il giornalista russo Rostislav Babjak, a differenza dei militanti m-l, solleva altre problematiche:
‘’Ora, alla vigilia delle elezioni presidenziali in Bielorussia, Lukashenko ha fatto una passo imperdonabile dichiarando che il governo russo cercava d’istigare una rivoluzione contro di lui e arrestando 33 imprenditori russi accusandoli di far parte di una forza mercenaria russa chiamata Gruppo Vagner (un nome buffo per una forza mercenaria paramilitare ultra-nazionalista russa volta a ricostruire l’Unione Sovietica), che erano in Bielorussia perché l’aereo che dovevano prendere per l’Africa era fuori servizio e dovettero aspettare dei nuovi biglietti. I presunti mercenari russi non erano nell’Unione-Stato della Bielorussia per provocare la sconfitta di uno degli artefici del modello di Unione-Stato e creare una seconda Ucraina alle frontiere nord-orientali. È una mossa che non sarebbe nell’interesse della Russia avere una Maidan bielorussa, e quindi l’isteria di Lukashenko è illogica e infondata’’ 3
Il nazionalista Lukashenko non è un ‘’fantoccio di Mosca’’ e non si è unito ai cori russofobi occidentali, ma nella transizione al mondo tri-polare (USA, Russia e Cina) ha optato per abbandonare l’antimperialismo ripiegando opportunisticamente sull’autonomismo geopolitico. Minsk continuerà probabilmente a respingere il neoliberismo e la Nato, sfruttando le contraddizioni non fra due, ma tre blocchi egemonici. Di una cosa dobbiamo prendere atto: la borghesia nazionale di un piccolo paese post-sovietico (Bielorussia) considera Pechino – non Mosca – garanzia d’indipendenza. La Cina non è capitalista, ma la geopolitica cinese non è detto che sia ‘’migliore’’ di quella russa. La lotta di classe non sempre precede le relazioni internazionali.
https://www.sollevazione.it/2020/08/la-verita-in-bielorussia-di-a-vinco.html
https://www.sollevazione.it/2020/08/bielorussia-sostenere-lukashenko-di-sergeui-a-novikov.html
http://aurorasito.altervista.org/?p=13212
Fonte foto: Asia News (da Google)