Condivido completamente questo articolo del professore e nostro collaboratore, Salvatore A. Bravo.
Si rende assolutamente necessaria una mobilitazione di tutto il mondo della scuola, studenti, docenti e genitori per fermare questo “progetto” di demolizione della scuola che il ministro Azzolina sta portando avanti con solerzia.
Aggiungo (anche per esperienza personale diretta) che la DaD (Didattica a distanza) può servire tutt’al più per una breve fase emergenziale ma NON può certamente diventare la normalità.
Quindi, prima la facciamo finita con questa sciocca celebrazione della digitalizzazione e dell’istruzione online e meglio sarà per tutti.
Studenti e docenti hanno bisogno di tornare in classe, a discutere, confrontarsi, polemizzare, ascoltarsi, apprendere reciprocamente gli uni dagli altri, socializzare, e anche ridere, scherzare, quando se ne presenta l’occasione, o arrabbiarsi e rimproverare quando è necessario.
La maieutica, il dialogo socratico, che è fondamentale per l’apprendimento, soprattutto delle materie umanistiche, NON può essere fatto online. Piuttosto andiamo tutti nei parchi e nelle ville a fare lezione ma NON online. Qualcuno, forse molti, inevitabilmente si distrarranno, dato il contesto, ma sempre meglio, MOLTO meglio della didattica online.
La DaD rappresenta l’esatto contrario di ciò che dovrebbe essere la scuola.
Propongo uno sciopero generale a oltranza di tutti gli studenti e i docenti contro la DaD.
Hai visto mai che il conflitto sociale riprenda proprio dalla scuola?
(Fabrizio Marchi)
La lettera del ministro Azzolina del 27 Giugno 2020, ministro della pubblica istruzione non lascia dubbi, la pandemia è stata ghiotta occasione per dare la spallata finale alla scuola ed alla comunità. La ministra si rivolge alla comunità, omettendo un dettaglio sostanziale, vi è comunità solo nel radicamento dialogico, nella storia, nel passato. Il presente ed il futuro sono dimensioni progettanti, solo se una comunità ha la chiarezza del proprio passato, degli errori, delle potenzialità inespresse come dei valori non contrattabili. Nel testo della lettera non vi è cenno all’importanza del passato, ma il tutto è schiacciato sulla dimensione del presente e del futuro. La lingua e l’educazione classica fondano la comunità, si può leggere il presente e stabilire le finalità ontologiche ed assiologiche per il futuro, se il passato è parte integrante del presente. La lettera fa appello alla costituzione, ma nei fatti di essa non vi è traccia, poiché lo sguardo è rivolto al presente ed al futuro. Un popolo-comunità senza passato non esiste, è solo disperso nella globalizzazione-glebalizzazione. La lingua italiana , ne è un esempio, è ormai giudicata retaggio del passato, perché si punta solo sul presente ed sul futuro (di chi?), per cui l’inglese dei mercati divora la nostra lingua, sostituisce il lessico italiano con l’inglese. E’ l’esempio più lapalissiano della didattica che punta sul presente e sul futuro e non ha memoria della propria identità che si radica in un arco temporale che unisce passato, presente e futuro. Le comunità possono comunicare se hanno un’identità, se hanno un passato, se si disperdono nel presente sono solo simulacri, per cui sono interscambiabili, pertanto la comunicazione è sostituita con il nichilismo passivo nel quale i popoli come le persone sono interscambiabili:
“Sarà una scuola radicata nel presente, ma con lo sguardo rivolto al futuro, perché ogni pietra che metteremo in questa ripresa sarà la base su cui costruire la scuola di domani. Abbiamo la straordinaria occasione di puntare sul digitale, sulla formazione del personale scolastico, sull’innovazione della didattica e degli ambienti di apprendimento, sul miglioramento dell’edilizia scolastica. Ambienti di apprendimento che non devono essere intesi solo in senso fisico, ma come spazi mentali ed emotivi che incoraggino l’apprendimento collaborativo”.
Mondo digitale
L’appello al digitale come opportunità didattica non è supportata da nessun dato scientifico, è un dogma che si abbraccia funzionale ai bisogni del mercato globale, il quale esige ed ordina che le nuove leve del capitale abbiano pochi contenuti, ma siano edotti nell’uso non consapevole del digitale. Naturalmente all’interno della scuola non vi è stato nessun dibattito, nessuna discussione sulla trasformazione che cade dall’alto ed a cui bisogna adeguarsi. Nessuna riflessione sugli effetti a breve o a lunga durata del digitale da un punto di vista fisico e psichico, ma solo accoglienza entusiastica e senza discussione nella scuola definita presidio di democrazia. Le novità che incidono nella vita delle persone, qualora esse siano il centro dell’azione, non possono essere introdotte senza sperimentare e capire gli effetti. Si inneggia al successo senza aver ascoltato sindacati, docenti, genitori ed alunni. L’ascolto democratico è lungo e difficile e dev’essere argomentato con il concetto ed i dati oggettivi, se ci si limita pertanto ad una propaganda da campagna elettorale non vi è democrazia, ma una parvenza di essa. Ancora una volta si deve rottamare il passato in nome del progresso, e specialmente il dubbio è d’obbligo: siamo sicuri che il nuovo nella forma del digitale formi maggiormente della didattica tradizionale già molto innovata negli ultimi decenni? Una comunità sana non procede per slogan, ma per domande e dubbi, ed in questi tempi terribili dubbi e domande profonde paiono assenti, mentre le risposte semplici sembrano prevalere.
Sempre più flessibili
La scuola di settembre sarà flessibile e aperta, dice il ministro, ma non si rende conto che i nostri alunni chiedono di stare nelle classi per poter imparare i contenuti, per vivere un’esperienza di comunità che è ormai rara, in quanto le lezioni sono continuamente interrotte da PCTO, orientamento, Pon e progetti, lo scopo, si sospetta, non è di formare, ma di rendere i nostri alunni flessibili, pronti ad essere usati dal mercato:
“La scuola di settembre sarà responsabile, flessibile, aperta, rinnovata, rafforzata. Responsabile nell’accompagnare la comunità scolastica a comportamenti coerenti con le misure di sicurezza: istituti puliti e igienizzati, personale scolastico formato, famiglie, studenti e studentesse informati. Flessibile nella valorizzazione delle potenzialità derivanti dall’autonomia scolastica, per la rimodulazione degli orari e delle classi, per l’organizzazione degli ingressi e degli spostamenti. Aperta per la ricerca di nuovi spazi, anche oltre il perimetro scolastico, in un’ottica di integrazione e di alleanza con il territorio. Rinnovata nei locali e negli arredi scolastici, che consentano di modificare le metodologie didattiche e siano funzionali a creare geometrie d’aula variabili, a facilitare la collaborazione tra gruppi omogenei ed eterogenei per competenze e livelli. Rafforzata attraverso il potenziamento dell’organico del personale scolastico, in particolare per le classi di alunni più piccoli”.
Nessun dio verrà a salvarci, c’è da augurarsi che le comunità scolastiche possano concettualizzare il presente e le parole per poter difendere la formazione e la comunità da una disumanizzazione che avanza in mille forme e che richiede risposte a cui non possiamo sottrarci.