Indro Montanelli era un borghese reazionario di destra, fascista convinto al tempo del fascismo (al punto di arruolarsi come volontario nella guerra colonialista contro l’Etiopia) e poi “pentito” (quando il vento cambia sono in tanti a seguire la corrente…), visceralmente anticomunista e antisocialista, filo americano e aperto sostenitore di tutte le guerre imperialiste, uno che avrebbe preferito una dittatura sul modello pinochettista pur di non vedere il PCI al governo.
Il suo tentativo di discolparsi dall’accusa di stupro di una ragazzina eritrea, sostenendo che gli era stata offerta in sposa in ragione delle tradizioni locali, è patetico. Forse non l’avrà “tecnicamente” stuprata, nel senso che non l’ha presa con la forza, ma non c’è dubbio che quel “matrimonio” (la ragazza fungeva praticamente da schiava) con quella ragazzina di tredici o quattordici anni era il risultato dei rapporti di dominazione coloniale con la complicità delle logiche e delle gerarchie tribali (subalterne al colonialismo) di quel paese, rispetto ai quali lui non solo non fece nulla per svincolarsi, ma che accettava, riconosceva e perpetrava.
Montanelli all’epoca dei fatti aveva circa ventisette anni. Non era un certo un ragazzino. Poteva rifiutarsi, poteva evitare di andare in Etiopia. E invece ci andò, come volontario, quindi ideologicamente convinto di quello che stava facendo. E proprio quando raccontava di quella sua esperienza lo faceva con quell’insopportabile (per lo meno per me) atteggiamento a metà fra il razzismo e un certo qual bonario e mellifluo autocompiacimento.
Ha provato a scusarsi del suo passato sostenendo che all’epoca era giovane e i tempi erano quelli che erano. Balle. Ciascuno è responsabile delle proprie azioni e delle proprie scelte. Sempre. Lui a ventisette anni era un ufficiale di un esercito colonialista e razzista resosi colpevole di crimini di guerra. Mio padre a venticinque anni era sulle montagne al comando di una brigata di giovani e giovanissimi partigiani (lui era il più anziano) a combattere contro i nazisti. Giovani (ma non ragazzini) entrambi. E ciascuno ha fatto la sua scelta.
Nonostante ciò, nonostante cioè il fastidio e il mal di pancia che mi ha sempre procurato una figura come quella di Montanelli, trovo profondamente sbagliato imbrattare il monumento eretto in suo onore. Sbagliato è stato piuttosto erigerlo. Memoria di cosa e per cosa? Dei suoi trascorsi fascisti (poi rinnegati…) e colonialisti abbiamo già detto. Per il resto era indubbiamente un bravo giornalista e uno storico preparato (sia pure spudoratamente di parte), ma come ce ne sono stati tantissimi altri (non c’è necessità di fare l’elenco…) per i quali non è stato eretto nessun busto. E’ stato un uomo lucidamente al servizio della sua classe, quella borghesia reazionaria che per tanto tempo è stata egemone in questo paese e che pur di mantenersi ben salda in sella non ha esitato a coprire stragi e a nascondere le prove. Insomma, un vero, autentico nemico di classe. La “sinistra” lo aveva strumentalmente elevato al rango del “liberale moderato” con cui dialogare perché negli ultimi anni della sua vita (probabilmente meno lucido e irretito dall’astro nascente di Travaglio) si era fatto coinvolgere nella crociata contro Berlusconi.
Imbrattare il monumento in suo onore è un atteggiamento sterile, estremista, che non fa che rafforzare i suoi sostenitori e i peana nei suoi confronti. E’ la solita reazione infantile di gruppi ultra minoritari della “sinistra radical”, completamente separati dal tessuto sociale e dalla realtà concreta e imbevuti di ideologia liberal (senza esserne neanche consapevoli).
Montanelli va demolito politicamente, e vanno demoliti coloro che lo hanno celebrato scegliendo di erigere un monumento in sua memoria, non tirandogli della vernice, scopiazzando quegli atteggiamenti, a mio parere altrettanto sterili e infantili (anche se più giustificati, nel caso specifico) dei radical americani. La lotta di classe è una cosa troppo seria (e drammatica) per ridurla ad un gioco.