Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
“I fenomeni sociali sono frutto dell’azione umana, ma non della progettazione umana.”
Adam Ferguson
Sono cresciuto guardando X-Files, Fox Mulder era il mio guru. In edicola compravo X-Factor – rivista che si occupava di enigmi, misteri, Ufo e fenomeni paranormali – e in età adolescenziale leggevo libri come Impronte Degli Dei e Il Mistero di Orione. Insomma, ho sempre avuto una perversa attrazione per le cosiddette realtà alternative. Non è nelle mie corde, quindi, approcciarmi, anche alla più stramba delle teorie, con pregiudizio e puzza sotto il naso. Anzi, per mio cruccio, tendo ad appassionarmene a tal punto da finire per conoscerla meglio di chi la diffonde compulsivamente.
Approccio dicotomico e mortificazione del confronto
Ho ritenuto necessaria questa premessa per svincolarmi preventivamente dalla semplicistica quanto generalizzata logica del tifo da squadra. La smania di assegnare le persone a compagini contrapposte – Guelfi vs Ghibellini, Buoni vs Cattivi o, come in questo caso, Complottisti vs Manipolati dal Potere – svilisce ogni discussione. Pensiamo, ad esempio, all’attualissima, quanto degradante, discussione sui vaccini. Porsi delle domande in merito alle politiche nazionali sull’obbligo vaccinale, senza però buttare alle ortiche le conquiste umane in campo medico-sanitario, sembra diventato impossibile. Il polverone alzato dalle orde di NoVax per cui i vaccini non sarebbero altro che veleni iniettati per rimpolpare le casse di Big-Farm, e magari togliere di mezzo qualche poveraccio, inquina ogni ragionamento che voglia svincolarsi dalla contrapposizione dualistica. La complessità degli equilibri che intercorrono tra libertà individuali, doveri delle istituzioni pubbliche in termini sanitari e gli interessi economici che sotto intendono ad ogni aspetto della nostra società, meriterebbe ben altro ragionamento rispetto a quello da arena imperiale che vede contrapposti scientisti e antiscientisti. La tendenza ad approcciarsi ai problemi del mondo in modo dicotomico è la via meno impervia, certo, ma è anche, però, la più stupida. Credere che di fronte alle questioni dell’attualità, della nostra quotidianità, ci siano solamente due alternative è cosa banale. È un approccio volto a rassicurarci, a semplificare una scelta che, alla fine, guarda caso, ci vede schierati sempre dalla parte giusta. È l’atteggiamento proprio di chi, più o meno coscientemente, cerca di scaricare le responsabilità delle brutture, delle ingiustizie, delle cattiverie del mondo sempre su altri. Tutti, prima o poi, chi più e chi meno, cadiamo in questo tranello autoassolutorio.
“Anche i Governi più beceri han fatto cose buone!” Un concetto, questo, spesso ripreso per giustificare un sommario e semplicistico tentativo di riqualifica di controverse esperienze politiche del passato. In realtà, questa affermazione, contiene una verità oggettiva: anche nei Regimi più abietti, nelle classi politiche meno preparate o più corrotte possono essere presenti personalità di qualità capaci di perseguire azioni utili alla collettività. Questo avviene perché la complessità della vita è composta da una vastità di gradazione di grigi che separano quel bianco immacolato e quel nero fitto che tanto ci piace applicare ad ogni questione. In quella complessità dovremmo imparare a destreggiarci, scrutando quell’universo di grigi che invece, spesso, facciamo finta di non vedere. Eppure, la banale divisione del mondo in buoni e cattivi dovrebbe essere ormai cosa vecchia, da Film Disney anni ‘50. Dovremmo essere cresciuti. Dovremmo aver capito che quando siamo in coda al semaforo lamentandoci del traffico e della stupidità umana, quel traffico siamo anche noi, di quella stupidità facciamo parte, forse per un solo pezzettino minoritario, ma a pieno titolo.
I complotti esistono
Ma veniamo al nocciolo della questione: il complottismo. Di subdole e cruenti azioni segrete messe in campo da poteri più o meno espliciti, la storia contemporanea ne è piena. Le stesse vicende che hanno caratterizzato lo sfondo sociale, politico ed economico del nostro paese sono inequivocabili: il gruppo massonico deviato P2; l’omicidio Calvi; le vicende che hanno visto protagonista Sindona. E poi le Stragi, i tentativi di colpo di Stato e i depistaggi, molti, che hanno offuscato pagine buie della nostra storia come, per esempio, Ustica e l’omicidio Moro. La lista sarebbe ancor più lunga e ogni cittadino avrebbe il diritto e il dovere di conoscere bene i contorni di questi avvenimenti. Solo uno stolto potrebbe negare l’esistenza dei complotti. Solo chi è ignaro di quanto poc’anzi elencato potrebbe escludere a priori che, tra i persecutori di determinati interessi, ci sia anche chi è disposto a qualunque tipo di deprecabile azione; chi, operando dietro le quinte dello Stato di Diritto, all’ombra dell’ufficialità, agisce oltre il limite di ogni deplorevole immoralità.
Il complottismo come nuovo credo
Questa consapevolezza, questa messa agli atti, però, non può, in nessun modo, giustificare una superstiziosa caccia alle streghe. Non si può, in balia della duale, e spesso miope, logica Potere vs Popolo, prendere per buone, credere, propagare ogni tipo di teoria, solo perché opposta alla versione ufficiale. L’esistenza dei complotti nella complessità della storia umana non rende, magicamente, reale ogni tipo di complotto ipotizzato. Al contrario, proprio l’esistenza di questi dovrebbe rappresentare un monito, una molla pronta a scattare per renderci allergici all’accettazione passiva di verità somministrate. Dovrebbe renderci critici, curiosi, dubbiosi, vogliosi di approfondire ogni virgola spacciata per incontestabile. Questo vale per ciò che passa dai canali ufficiali, ma vale, allo stesso modo, per tutti gli altri. Eppure, soprattutto da quando l’accesso a Internet è diventato di dominio comune, si osserva una insana tendenza: invece di approfittare di questo strumento straordinario che permette di cercare le informazioni con un’indipendenza e una libertà di approfondimento mai avuta prima, imperversa una graduale sostituzione della vecchia passiva accettazione della verità imposta dall’Autorità – politica, religiosa, economica che sia – con una nuova, non meno pericolosa fede. Un fanatico abbandonarsi a nuovi racconti, diversi e opposti a quelli precedenti, ma uguali nel risultato ottenuto: un’accettazione acritica di una qualche certezza propagata. È in questo magma che prende forma il complottismo.
Zeitgeist e il germe del dubbio
Quando la mia curiosità si spostò su politica e potere, sulle dinamiche che muovono l’economia, la società, il mondo – abbandonando così la fase X-Files – potei appagarla all’infinito grazie all’avvento di Internet. Un universo di informazioni a completa disposizione, nel quale immergersi, ma dentro il quale destreggiarsi non è per nulla semplice. Ricordo il fascino e il successo che riscontrò sul Web il documentario Zeitgeist – la video/Bibbia del complottismo digitale – e con quanta curiosità, io per primo, lo guardai e riguardai. Ricordo anche, però, che, mosso da quel germe spesso poco conosciuto chiamato dubbio, non mi fermai inerme davanti a quelle rivelazioni. Le ripresi, una per una – probabilmente avevo molto tempo da perdere – per verificarne la bontà, la veridicità. E mi accorsi, forse con un briciolo di delusione, che a fronte di una dose di stimolanti e interessanti spunti proposti da quel Film, parte importante di quelle informazioni erano colme di imprecisioni, inesattezze e grossolane falsità.
Imparai ben presto che trovare la verità non è per nulla facile; imparai che è molto semplice credere a quello che piace sentirsi dire; imparai che il narratore, la sua reputazione, le sue competenze, i suoi interessi economici e professionali sono importanti quanto quello che dice; imparai, soprattutto, che possedere gli strumenti per saper leggere e interpretare la mole di informazioni che il mondo offre è cosa importante; imparai, in definitiva, il valore dello studio e della competenza.
Condizionamento e approccio avalutativo come bussola
Gli strumenti culturali sono necessari per un’analisi seria della realtà che ci circonda, ma non sono sufficienti. In questo ci viene in aiuto la grande lezione lasciataci in eredità da Max Weber sull’approccio avalutativo. Ovvero il principio secondo il quale lo studio delle discipline storico-sociali debba essere – nel limite del possibile, mi permetto di aggiungere – libero da giudizi di valore, per favorire la neutralità nella ricerca e, quindi, condurci verso un giudizio di fatto scevro da preconcetti. Questo tipo di approccio, che potremmo definire scientifico, è quello dedito alla ricerca dei fatti, alla verifica di questi al fine di renderli dimostrabili e non solo teorizzati. Certo, non è cosa banale la sua applicazione, specialmente nelle Scienze Sociali, anzidette Scienze Morbide, per la natura liquida delle stesse. Inoltre, ognuno di noi porta con sé un bagaglio sociale, culturale,
economico ed emotivo con il quale confrontarsi. Tutti subiamo il condizionamento dell’ambiente di cui facciamo parte. Proprio per questo, per non rimanere impantanati nei nostri preconcetti, ci vuole impegno, rettitudine intellettuale e apertura mentale.
Bufale e fake news
In questo turbinio di informazioni non è sicuramente facile riconoscere verità oggettive e dati attendibili. Gli stessi termini Bufala e Fake News, nati per bollare le notizie false, sono spesso usati a sproposito al fine di denigrare opinioni diverse dalle proprie. Di Bufale il mondo dell’informazione è colmo e, non lo si dice mai abbastanza, i Media Mainstream hanno ormai tolto ai siti complottisti l’esclusività del loro utilizzo. La logica del Click-Baiting, la disonestà intellettuale e gli interessi economici condizionano le strategie comunicative di giornali “prestigiosi” e degli staff comunicativi di Partiti e Governi. Purtroppo, questa diffusa aridità di integrità nel mondo della comunicazione professionale ha finito per deresponsabilizzare ulteriormente noi fruitori. Ai classici “l’ha detto la Televisione” e “l’ho letto sul giornale” si è aggiunto e contrapposto il popolarissimo “l’ho visto su Internet”. Il meccanismo di passiva accettazione è sempre il medesimo, ma con in aggiunta l’ingenua percezione che le narrazioni antisistema debbano per forza trovarsi dalla parte della verità.
La galassia complottista
Questa generalizzata tendenza ha contribuito, negli ultimi 15 anni, al proliferare delle più disparate teorie del complotto: il finto allunaggio; la terra piatta; i rettiliani; le scie chimiche; gli illuminati; l’11 settembre e tante altre. Se per alcune, con tutta la buona volontà, è impossibile trovare un qualsivoglia minimo appiglio logico-scientifico, per altre – e sta qui parte del loro appeal – basi reali (o verosimili) esistono, e su questi si sviluppano avvincenti e seducenti castelli narrativi. Ecco il principale effetto dannoso del modus operandi della galassia complottista: gli spazi di (necessaria) controinformazione sono oggi abusivamente inflazionati da un esercito di sciacalli del Click-Baiting il cui obiettivo principale non è la ricerca della verità – che presupporrebbe metodi di ricerca e approcci professionali di una certa integrità e competenza – ma bensì l’attrazione sconsiderata di pubblico e follower attraverso la sensazionalità della storia raccontata. La viralità del messaggio è il fine ultimo. Non importa a quale costo. Il complottista si illude di opporsi al potere costituito e allo status quo, quando invece lo sta rafforzando. La critica seria, mirata, razionale viene sporcata, delegittimata dal turbinio confusionale delle teorie cospirazioniste. Una caciara utilizzata spesso dalle élite come giustificazione per denigrare l’efficacia del metodo democratico (il popolo è irrazionale e, quindi, inaffidabile), ma nella quale sguazzano alcuni odierni personaggi politici di primo piano come, per esempio, Trump, che la sfrutta per sostenere la propria finta narrazione antisistema.
Documenti contraffatti, farlocche traduzioni, foto modificate e video montati ad arte sono solo alcuni dei metodi usati dagli sciacalli del complottismo. Eppure, nonostante la grossolanità di alcuni prodotti, la loro viralità è garantita. Come mai? Numerosi studi sociologici, soprattutto in riferimento alle conseguenze psicologico-sociali dell’uso delle tecnologie digitali, si sono fatti. Altri se ne faranno, perché l’argomento è decisamente ampio e complicato. Nel mio piccolo, mi limito a riportare alcune caratteristiche e alcuni atteggiamenti ricorrenti in chi condivide – assiologicamente e digitalmente – materiale cospirazionista. Non vuole essere questa, ovviamente, una banale generalizzazione, ma una mera fotografia di ricorrenti condotte del caso limite del complottista “tout court”:
- Scetticismo a fasi alterne: il complottista si dichiara scettico quando la notizia arriva dai canali ufficiali. Ma di fronte al video del tizio con la maschera di V per Vendetta, o al messaggio WhatsApp di un perfetto sconosciuto, non si pone la minima domanda.
- Banalizzazione del Potere: il Potere non viene inteso come una dinamica sociale stratificata e diffusa, in cui gli interessi – economici, politici, geopolitici, religiosi, di categoria, di ceto sociale e individuali – si incrociano in infinite possibilità. Il Potere sarebbe invece ben localizzato in alcune stanze segrete – tipo il Bilderberg (talmente segreto che tutti lo conoscono) – e riguarda un numero ristretto di persone capaci di guidare il destino dell’umanità tutta. Questo approccio si può spiegare con la comprensibile tendenza a preferire una risposta semplice ad un’altra complessa che richiederebbe, invece, studio, analisi, approfondimenti noiosi e faticosi.
- Banalizzazione della teoria: in contraddizione con la concezione semplificata del Potere, i complotti, per come vengono spesso presentati, richiederebbero la partecipazione di milioni di persone. Di solito, il 99% degli scienziati del mondo, le Università, laboratori e esperti di ogni campo, oltre che, ovviamente, Banche, Governi, Servizi Segreti e l’informazione tutta. Nel caso della teoria sul finto allunaggio, per esempio, anche tutto l’indotto aerospaziale, tutte le agenzie aerospaziali (con fantomatica collaborazione USA-URSS), tutti gli ingegneri aerospaziali e gli scienziati in campo astronomico degli ultimi 70 anni dovrebbero essere stati implicati.
- L’onere della prova: le narrazioni cospiratrici, per il solo fatto di opporsi al potere costituito, godrebbero di una sorta di aurea apodittica. Pertanto, l’onere della prova non spetterebbe a chi propone una nuova teoria, ma bensì a chi, invece, ne chiede delucidazioni. Quindi, per esempio, se dovessi cominciare a sostenere che la mia ciabatta è in grado di tenere lontano i meteoriti, secondo questo tipo di ragionamento, dovrebbero essere gli altri a confutare tale tesi. Anche perché, come è ben chiaro a tutti, su casa mia non sono mai piovuti meteoriti.
- Svilimento della competenza: sulla scia di una certa moda demagogica – cavalcata anche da illustri esponenti politici nostrani – il “professorone” e il “competente” sono visti con sospetto. In quanto titolati/professori/scienziati/esperti non possono che far parte dell’élite e, quindi, dire il falso. La competenza assumerà valore solo quando il Professore X, l’Esperto Y o il premio Nobel Z sosterrà la tesi complottista. Questo perché sfugge l’ipotesi che il conflitto di interessi possa riguardare anche i propri paladini. La viralità sul Web, con conseguente popolarità, vendita di libri, conferenze, ospitate Tv e crowdFunding a vario titolo, non vengono mai viste con sospetto. Lo scetticismo rimarrà unidirezionale.
• Mortificazione e staticità della Scienza: la scienza non viene intesa come un processo vivo, in continua evoluzione, dedito alla ricerca e alla spiegazione di fenomeni e teorie attraverso metodologie rigorose e ripetitività dei risultati ottenuti. Per il complottista, la Scienza ha la stessa valenza di un marchio, il cui valore è ad uso e consumo di chi lo utilizza. La si esalta al fine di sottolineare il “titolo” di chi rilancia la teoria in cui si crede – come nel recente caso del Premio Nobel Montagnier e la sua (già confutata) tesi sull’origine del Covid-19; la si disprezza quando smentisce la teoria complottista. In questo secondo caso “Scienza” diventa sinonimo di “potere corrotto”.
- Misticismo complottista: atteggiamento diffuso all’interno del mondo cospirazionista, volto a dare una parvenza messianica alle teorie del complotto. Queste, viste nel loro insieme, condurrebbero ad una sorta di apocalisse laica (dominio totalitario dei potenti/illuminati/rettiliani). La salvezza risiederebbe nel risveglio spirituale, individuale e collettivo, possibile solo in chi possiede la “consapevolezza“, “l’istinto”, la “sensibilità” nel percepire una realtà che la cecità della maggioranza delle persone non riconosce. Un atteggiamento che ricorda l’arroganza con la quale gruppi religiosi si attribuiscono il ruolo di “popolo eletto“. Un piedistallo dal quale diventa difficile mettersi in discussione e, contestualmente, ci si sente dispensati dal confronto razionale e oggettivo, spostandolo sul piano spirituale, emotivo e quindi soggettivo.
Dana Scully e il COVID-19
La crisi da Covid-19 rappresenta, per il mondo complottista, una sorta di “profezia che si auto-avvera”. Molte teorie sembrano convergere in questo irenismo complottaro: dalla decimazione della popolazione, al microchip installato tramite vaccino; dal controllo digitale dell’intera razza umana, all’azzeramento delle libertà individuali; dal 5G come arma bio-ingegneristica, al virus prodotto in laboratorio. Poco importa se alcune di queste teorie sono in completa contraddizione con altre e se talune, invece, non trovano posto nella narrazione attuale. Il complottista troverà il modo di incastrarle, esattamente come un pessimo giocatore di Lego che, alle prese con pezzi incompatibili tra loro, userà la forza bruta per assemblarli.
Forse c’entra il bisogno di identità, la necessità di riconoscersi in qualche gruppo sociale esclusivo. Forse la voglia di sognare, di immaginare una realtà più interessante e fantasiosa di quella che ci si palesa davanti tutti i gironi. Fatto sta che tutti noi, chi più chi meno, prima o poi, abbiamo avuto il nostro momento, il nostro pensiero complottista. Filosofia del sospetto e dietrologia fanno parte della nostra cultura. E si sa, qualche volta “ci si azzecca pure”. È un universo, quello complottista, variegato, appassionante e romantico. Guai a chiederne la censura, a perseguirne la limitazione e il controllo tramite “task force” varie. Il risultato non potrebbe che essere quello di alimentarne la forza, diminuendone ancora di più la qualità. Mai, però, si dovrebbe abbassare la guardia nei confronti di un esercito di fanatici alla ricerca di nuove superstiziose narrazioni in cui credere. I pozzi dell’informazione, già belli che inquinati, rischierebbero di tramutarsi in vere e proprie fogne e cielo aperto, senza possibilità di bonifica. Di fianco a Mulder c’era l’agente Scully, non dimentichiamolo. Lei rappresentava la scienza, la logica, la razionalità. Spesso correggeva le intuizioni del collega, riportandolo sulla via della ragione. Altre volte era lei a rimanere senza risposte, accettando quelle eccezionali di Fox. L’unica cosa certa era la forza della loro collaborazione. La necessità dell’indagine scientifica, dell’approccio razionale da una parte e, dall’altra, l’esigenza di guardare oltre, di aprire la mente a soluzioni non ancora preventivate. Due poli agli antipodi che rappresentano l’un il limite dell’altro, come piatti di una stessa bilancia; due metà, tanto opposte, quanto complementari.
Fonte foto: Reccome Magazine (da Google)