La concorrenza ai tempi del coronavirus

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo (che riportiamo di seguito) di Alberto Benzoni pur non condividendone le conclusioni.

Sostenere oggi Biden, infatti, equivarrebbe ad aver sostenuto a suo tempo Hillary Clinton.

Biden è il “volto buono” del capitalismo USA, e recita il copione che da sempre contraddistingue la dialettica politica in quel paese. Ma è un copione vecchissimo, anche se ormai da tempo in voga anche in Europa dove – a parte rare eccezioni (leggi Corbyn in GB e, recentemente, l’affermazione del Sinn Fein in Irlanda) una vera dialettica politica tra forze realmente alternative è morta da un pezzo (i governi reazionari di destra di alcuni paesi est europei, Polonia e Ungheria in testa, sono parte del sistema europeo, nonostante i distinguo e le scomuniche formali da parte dei gruppi dirigenti dei vari stati dell’UE).

Abbiamo sostenuto con convinzione Corbyn in GB e, anche se con minore entusiasmo, Sanders (consapevoli, peraltro, che mai sarebbe arrivato alla corsa per la Casa Bianca), ma oltre non si può andare, non solo per ragioni ideologiche bensì semplicemente perché non avrebbe nessuna utilità da un punto di vista politico concreto.   

Pensare, come l’amico Benzoni, che lo scontro politico in atto negli USA fra Biden e Trump rappresenti la battaglia fra il principio di solidarietà da una parte e della barbarie reazionaria dall’altra è, a nostro parere, ingenuo. Si tratta di due espressioni – con caratteristiche diverse, certamente – del sistema capitalista e imperialista americano. Schierarsi per l’uno o per l’altro non avrebbe nessun significato né, soprattutto, nessuna utilità per tutti coloro che lavorano alla costruzione di un nuovo soggetto politico socialista e di classe in grado di mettere in campo un programma e una strategia realmente alternativi.

(Fabrizio Marchi)

 

“Una sfida collettiva cui dare una risposta collettiva”. “Una sfida collettiva che ci renderà migliori”. O, nella versione meno impegnativa “da oggi in poi, nulla sarà come prima”.

Siamo alla riproposizione laica del messaggio di Dio al popolo eletto. “ Le grandi calamità che ti affliggono sono il frutto delle tue colpe; a te di capire la loro natura e di tornare sulla retta via”. Con la non piccola differenza che, questa volta, il messaggio non è stato affatto recepito.

Vediamo come e perché.

In primo luogo, colpisce il totale esautoramento delle organizzazioni internazionali, con la relativa assenza di regole condivise.

Il povero Guterres, nella sua veste di segretario generale dell’Onu, ha proposto ( appoggiato dal Papa; ma quante divisioni ha il Papa ?) di sospendere i conflitti armati in corso; continuano tutti. E crescono, contestualmente, le produzioni e le vendite di armi. Mentre è stato disdettato da Trump l’ultimo dei tanti accordi sul disarmo e sul controllo degli armamenti conclusi prima e dopo la caduta del Muro ( quello che tendeva ad evitare lo scoppio di una guerra per errore).

Il G 20 ( o era il G7 ?) si è debitamente riunito. Ma l’unico provvedimento che ha partorito è  stata la temporanea sospensione del pagamento del debito da parte dei paesi poveri; subito contestata, peraltro, da schiere di  creditori privati inferociti.

Bussano alle porte del Fmi decine e decine di paesi, molti dei quali praticamente in default. Per loro, nessuna speranza di soccorso; tanto più alle condizioni previste dall’Organizzazione.

Infine, e soprattutto, totale e voluta emarginazione dell’Oms. Magari colpevole di eccessiva indulgenza nei confronti della Cina; ma non per questo meno autorevole nel suo compito di fissare regole comuni per combattere la pandemia. In assenza delle quali ognuno si è regolato come meglio credeva; e secondo criteri oggettivamente discutibili e soggettivamente contestati.

Sull’Europa meglio sospendere il giudizio. Ma gli indizi di cui disponiamo non inducono all’ottimismo.

Ora l’esistenza di regole condivise e di obbiettivi comuni è la condizione necessaria, anche se magari non sufficiente, per l’affermazione concreta del principio di solidarietà.

In assenza di questa è la guerra di tutti contro tutti.  O, secondo il pensiero unico vigente, l’applicazione del principio di concorrenza in cui, come ci insegnano da secoli  i cantori delle magnifiche sorti e progressive dell’umanità, chi vince ha sempre ragione ( o meglio ha ragione perché ha vinto).

Si dà però il caso che la concorrenza ( a prescindere dalle forme addirittura feroci in cui si va manifestando) presuppone regole condivise ( e queste non ci sono) e soprattutto la famosa e famigerata “uguaglianza delle opportunità, leggi delle condizioni di partenza, nella fattispecie del tutto inesistenti.

In assenza di queste, vinceranno ( o, più esattamente stanno vincendo; perché, come vedremo, la partita non è ancora chiusa) i più forti; che non sono necessariamente migliori. Mentre a perdere saranno i più deboli;  che sono poi quelli richiamati a sé da Gesù nel Discorso della montagna. E di questi dobbiamo occuparci.

Parliamo dei poveri del Terzo mondo. Senza difese, senza risorse e senza solidarietà di fronte alla catastrofe incombente; , quasi sempre, preda di governi stupidi e feroci che usano le opportunità offerte dalla pandemia per reprimerli e soffocarli ogni giorno di più. Parlo degli anziani, prima del morbo considerati un peso per la società e oggi amorevolmente protetti, sino a sequestrali per il loro bene, così da poter morire serenamente nei loro ospizi e nelle loro case. Gli ultimi a uscire, sempre per il loro bene; così da vedersi negato quel diritto alla socialità che è l’aria che respirano. Parlo dei bambini, delle scuole e dei parchi chiusi, nel nostro paese, sino a settembre; piccole gioie, piccole amicizie, tante possibilità di studiare cancellate sino a data da destinarsi. Parlo dei poveri, dei senza lavoro e dei senza speranza; in un mondo in cui il reddito di…. ( chiamatelo come volete) è considerato bieco assistenzialismo,  mentre il pagamento di dividendi, superstipendi ed emolumenti esorbitanti è considerato normale. Parlo della democrazia: di quella che si manifesta negli appuntamenti elettorale ma che nasce, ogni giorno, dalla socievolezza collettiva, nei luoghi in cui gli uomini si incontrano, si salutano e discutono si divertono insieme e progettano insieme; un modo di essere e di vivere che recupereremo lentamente e con fatica. Anche perché dominati dal timore dell’assembramento e del contatto. Parlo delle persone che bussano alle nostre porte; per essere ricacciati indietro come possibili untori. E parlo infine, per venire a noi, della cultura e della civiltà del socialismo; che, in un momento decisivo, non trova rappresentarli in grado di difenderla.

“E’ la concorrenza stupido”, ci direbbe, a questo punto, quell’allegro imbroglione di Clinton. Mentre, per evitare di cadere nel baratro, basterebbe un po’ di solidarietà.

I due principi si scontreranno nelle prossime elezioni americane. Dovremmo potervi partecipare anche noi; magari a titolo consultivo.

Trump shaking hands with Obama and Biden

 

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