Facendo una discreta violenza su me stesso ho letto un articolo, segnalatomi da un amico, scritto dall’attivista antisessista (così si definisce), Lorenzo Gasparrini , relativamente alla fortuna di essere nati maschi, anche a prescindere dalla condizione sociale di appartenenza.
Mi scuso con chi volesse leggerlo ma volutamente scelgo di non postare il link dell’articolo in questione perché non voglio dare spazio e visibilità a determinate posizioni (ne hanno già fin troppa e non hanno certo bisogno del nostro aiuto). Penso però di avere la credibilità sufficiente per essere creduto sulla parola.
L’articolo contiene una infinità di “chicche” (si fa per dire…) però, dal mio punto di vista, quella che ritengo più “interessante” e che sottopongo alla vostra attenzione è la seguente. Cito testualmente:”…perché tanti e molto diversi fra loro sono gli uomini che sperimentano da subito, da appena nati, i vantaggi della fratellanza nel patriarcato. Patriarcato che sa ben differenziarsi, a sua volta, offrendo agli uomini eterosessuali di ogni classe sociale, e desiderosi dei destini più diversi, un modo comune di sostenere la propria esistenza: basarla sullo sfruttamento, l’invisibilità o la soggezione degli altri generi”.
Questo stralcio non ha bisogno di essere spiegato per quanto è estremamente chiaro. L’autore ci pone di fronte a ciò che secondo lui è un’evidenza, quella che ogni maschio (o quasi) sperimenterebbe fin da quando sta al mondo, e cioè l’immensa fortuna che gli deriverebbe dal semplice fatto di essere nato maschio (io non me ne sono mai accorto, sarà sicuramente un mio problema…). L’essere, dunque, un soggetto di sesso maschile lo porrebbe, anzi, lo pone (i toni e le modalità del suo argomentare, infatti, sono assertivi; l’autore non sta esprimendo un’opinione, al contrario, sta solo rispecchiando quella che per lui è la realtà oggettiva), in una posizione di dominio e di privilegio rispetto al genere femminile nella sua totalità (l’autore fa riferimento anche agli altri generi, quindi omosessuali, trans gender ecc. ma la sostanza del discorso resta invariata).
Possiamo dire che in quello stralcio, sia pure in estrema sintesi, c’è il cuore dell’ideologia femminista. Il prius è dato dall’appartenenza al genere. Non da quella sociale o politica, ma da quella sessuale.
Secondo l’assunto infatti, i maschi, tutti, sempre, comunque e dovunque, sono oppressori e privilegiati in quanto tali, non quindi in quanto soggetti sociali ma in quanto soggetti di sesso maschile.
Ora, e mi scuso fin d’ora per l’atto di presunzione, sarebbe fin troppo facile per il sottoscritto disarticolare questa affermazione intrinsecamente e a mio parere anche esplicitamente sessista e interclassista (come molti/e di voi ormai sanno, oltre che a cercare di fare dell’informazione decente, è da molto tempo che mi occupo di questi temi e ho anche fondato un’associazione). Scelgo però, in questo frangente specifico, di non farlo, perché vorrei, socraticamente, diciamo così (mi riferisco al metodo, ovviamente…), che fossero gli uomini a pronunciarsi direttamente e magari anche a trarre delle conclusioni.
Mi rivolgo, dunque, a loro, scusandomi con le nostre lettrici, amiche e simpatizzanti, rassicurandole sul fatto che non è ovviamente mia intenzione escluderle dal dibattito; al contrario, la loro opinione nel merito sarà la benvenuta. Però – e sono certo che le nostre amiche capiranno lo spirito che anima questo mio articolo – è importante che siano gli uomini, tradizionalmente chiusi a questo genere di riflessioni, a pronunciarsi.
E allora, cari amici maschi con i quali dovrei condividere questa fortunata (fortunatissima, direi…) condizione di appartenenza al genere maschile, mi chiedo e vi chiedo:”Avete anche voi avuto la percezione netta, fin da quando siete al mondo, di essere dei privilegiati in quanto maschi?”
Ve lo chiedo perché personalmente questa percezione, per lo meno per quanto riguarda la mia esperienza empirica e il mio “vissuto”, come si suol dire, non l’ho mai avuta, né da adulto né tanto meno da adolescente.
Dov’è, quindi, o dove potrebbe essere, il busillis?
Qualcuno fra voi (e molto probabilmente anche il Gasparrini) potrebbe rispondermi che il problema in questo caso è di natura esclusivamente personale. E cioè che se il sottoscritto (che è stato gettato nel mondo cinquantasei anni fa) non si è reso conto di essere in una condizione di dominio e di privilegio nei confronti del genere femminile, è per problemi di ordine personale (cioè è sostanzialmente uno “sfigato”).
Qualora fosse questa la risposta, sorgerebbe però spontanea un’altra riflessione, se non altro per banale sillogismo:”Dal momento che il sottoscritto, che non è un alieno (in molti/e possono testimoniarlo…) ma un normalissimo uomo in tutto e per tutto simile alla grande maggioranza degli altri uomini che circolano sul pianeta, senza particolari turbe o minorità di ordine psicofisico, con un lavoro “normale”, un reddito “normale”, una condizione sociale “normale”, un livello culturale “normale”e una condizione familiare “normale”, non si è mai sentito un privilegiato per il solo fatto di appartenere al genere maschile, se ne deduce che quella stessa grande maggioranza di uomini che vive le sue stesse condizioni, non si percepisca come tale.
Quindi le cose sono due, sempre seguendo lo schema del Gasparrini: o non ci rendiamo conto di essere dei privilegiati, e quindi siamo anche una massa di inconsapevoli idioti oltre che violenti e oppressori (i due aspetti non possono però stare insieme per ovvie ragioni…), oppure (ipotesi assai più probabile…) siamo talmente “sfigati” (evoluzione linguistica postmoderna del celebre “malriuscito” di nietzschiana memoria…) da non riuscire a vivere quella inebriante condizione di privilegio determinata dall’essere nati maschi.
Ma qui il cane comincia a mordersi la coda, perchè se siamo in così tanti ad essere “sfigati”, ne consegue che non possiamo essere degli oppressori, perché non si può essere “sfigati” e dominatori nello stesso tempo. Delle due l’una, a meno di non pensare che le donne (e io, naturalmente, non lo penso affatto) siano talmente tonte da lasciarsi dominare da una massa di “sfigati”. Lascio a voi trarre le conseguenze, dal punto di vista logico.
A meno di non pensare che il sottoscritto sia l’unico “sfigato” sul pianeta. Ma anche dal punto di vista della statistica e del calcolo probabilistico, l’ipotesi non starebbe in piedi.
Nondimeno, qualora esistesse anche un solo “sfigato” malriuscito su tutto il pianeta (il sottoscritto), popolato quindi per la sua pressoché assoluta totalità da uomini belli, affascinanti, prestanti, ricchi, socialmente affermati, brillanti, colti, intelligenti e audaci, ma al contempo anche sensibili, affettuosi, profondi, spirituali e pieni di costanti e continue attenzioni nei confronti dell’universo femminile, il femminismo sarebbe in errore, perché anche l’esistenza di un solo uomo siffatto al mondo (cioè “sfigato”) vanificherebbe il suo assunto, quello in base al quale il genere maschile opprimerebbe tout court quello femminile.
Ora invece faccio un’altra operazione. Scelgo di darmi ragione e in conseguenza di ciò affermo che il paradigma sostenuto dal Gasparrini è una spudorata quanto maldestra manipolazione ideologica della realtà. Ciò mi consente di passare dal particolare al generale e di porre un’altra domanda, questa volta però a tutti e a tutte:”Cosa ha a che vedere con la sinistra e soprattutto con una critica di classe e anticapitalista, un’ideologia che criminalizza l’intero genere maschile?
Non è forse giunto il momento di cominciare a rivisitare criticamente e radicalmente il dogma (non può essere altrimenti definito) femminista che ha colonizzato da tempo tutta la sinistra (ma anche la destra…), nessuna esclusa, da quella “liberal” a quella “radical”, da quella cosiddetta “antagonista” fino addirittura a ciò che resta di quella “veterocomunista”?
Fuoco alle polveri! Soprattutto per quegli uomini che ancora le hanno asciutte, nonostante tutto, ma anche e soprattutto per gli altri, prima che affoghino…