Oltre a fomentare l’opinione pubblica occidentale e a creare un clima di odio contro la Russia, la gigantesca campagna mediatica/ideologica in corso ha anche un altro scopo, non meno importante. E cioè quello di occultare il fallimento della strategia americana su scala globale da più di trent’anni a questa parte, cioè dal crollo del blocco sovietico in poi, quando sembrava che gli USA fossero ormai i padroni del mondo.
La coalizione occidentale è stata sconfitta in Afghanistan, gli Stati Uniti hanno perso per strada paesi come il Pakistan che gli hanno voltato le spalle per guardare alla Cina. Stesso discorso per l’India, l’altro grande colosso asiatico. Se è vero che per ovvie ragioni geografiche, geopolitiche ed economiche, l’India non avrebbe potuto e non potrebbe assumere posizioni dichiaratamente ostili nei confronti della Russia e soprattutto della Cina, è altrettanto vero che gli (anglo)americani non sono stati in grado di trattenerla saldamente nella loro orbita. Per ciò che riguarda poi il Medioriente si sono mossi, come da tradizione, come un elefante in una cristalleria e non a caso non sono riusciti nel loro principale intento, quello di destabilizzare la Siria. Altra sconfitta. Se a ciò aggiungiamo che non sono riusciti a scalfire l’Iran, non ci resta che fare due più due.
Ma c’è un altro aspetto ancora più grave. Hanno commesso un grave errore di sottovalutazione nei confronti della Cina, molto probabilmente dovuto ad un senso di superiorità tipicamente anglosassone e anche spiccatamente razzista che li spinge a considerare tutto ciò che si pone al di fuori del loro mondo come subcultura e sottopopolazioni da dominare e/o da colonizzare.
A causa di questa loro congenita rozzezza non pensavano minimamente che la Cina sarebbe diventata la grande potenza economica e tecnologica che è diventata perché l’hanno, appunto, sottovalutata, innanzitutto da un punto di vista culturale. E questo è molto grave, specie per chi ha una quantità enorme di “think tank” a stipendio. Lo stesso errore lo hanno fatto a suo tempo anche con la Russia, quando pensavano di averla in pugno subito dopo lo scioglimento dell’URSS.
Questo senso di superiorità (che riguarda non solo l’America ma in generale il mondo anglosassone) li ha portati a considerare questi due grandi paesi (con grandi popoli e grandi culture) alla stessa stregua di piccoli “paises bananeros” (lo dico, ovviamente senza alcuna accezione dispregiativa nei confronti di quei paesi e di quei popoli) che loro da sempre controllano, plasmabili a loro piacimento.
L’orchestra mediatica a reti unificate (a mia memoria mai si era raggiunto un tale livello di bombardamento mediatico/ideologico, neanche dopo l’11 settembre) serve, dunque, a coprire questo sostanziale fallimento strategico. Gli Stati Uniti hanno pressochè perso il controllo del continente asiatico e devono stare attenti perché se è vero che paesi (con economie potenti) come il Giappone e la Corea del Sud sono loro alleati/satelliti (con tanto di basi militari USA sul loro territorio), è altrettanto vero che le loro economie non possono essere indifferenti a quello che succede in Asia.
Dopo anni e anni di sconfitte, (gli USA) hanno ottenuto una vittoria: separare completamente e forse definitivamente l’Europa dall’Asia. A questo serviva il processo di destabilizzazione dell’Ucraina culminato con l’attacco russo di un mese fa, quasi voluto se non auspicato da Washington. Consapevoli dei fallimenti della loro strategia, data per persa ormai la quasi totalità dell’Asia, gli americani devono serrare i ranghi, come si suol dire, tirare le fila dell’impero. E l’Europa, che fino a qualche tempo fa era sì parte dell’impero ma in una posizione privilegiata, è stata ridotta al rango di satellite. L’Unione Europea è politicamente inesistente ormai se non come una dependance degli Stati Uniti. Da che si parlava di Stati Uniti d’Europa, sarebbe molto più coerente e appropriato parlare di allargamento degli Stati Uniti d’America in Europa. Una fine indecorosa che, storicamente e culturalmente parlando, i popoli europei non meriterebbero. Resta la speranza di un sussulto di orgoglio che però, devo essere onesto, non vedo all’orizzonte. Nel frattempo cresce il clima di guerra che gli Stati Uniti, proprio in virtù delle sconfitte subite e della loro “debolezza” (cioè la perdita del controllo più o meno quasi totale che avevano prima), devono a tutti i costi fomentare, non più nelle aree periferiche del mondo ma nel cuore dell’Europa. Una situazione inquietante che purtroppo apre a scenari altrettanto inquietanti e imprevedibili.
Fonte foto: da Google