L’amore bugiardo

Locandina italiana L'amore bugiardo - Gone Girl

Ho visto pochi giorni fa un film, a mio parere, da non perdere, “L’amore bugiardo” (Gone girl), di David Fincher.

Non ho mai scritto recensioni in vita mia, non ne sono capace, non è la mia “specificità” e quindi non lo farò neanche in questo caso.  Mi limiterò soltanto a spendere, doverosamente, alcune parole. E dico doverosamente perché quel film e il nostro giornale hanno un elemento fondamentale in comune: quello di voler leggere la realtà oltre le vulgate ideologico-mediatiche che ci vengono proposte.

Intanto voglio dire subito che il film va assolutamente visto, da tutti, ma soprattutto da quelli/e che ancora non si sono tolti il paraocchi e osservano la realtà attraverso le immagini e i messaggi  filtrati delle narrazioni ideologiche ufficiali.

“L’amore bugiardo”, infatti, smaschera la retorica mediatica sul “femminicidio” e sulla “violenza di genere” (maschile) disvelandone il carattere manipolatorio.

E’ stato presentato come un thriller ma in realtà, per chi sa leggere dietro le righe (e neanche tanto…), si tratta di una critica radicale della vulgata ideologica attualmente dominante che vuole gli uomini sempre e comunque carnefici e le donne sempre e comunque vittime. Il regista mostra un altro volto del femminile, quello capace di essere cinico, freddo, calcolatore, strumentale e spietato fino alle estreme conseguenze.

La protagonista è una lucida manipolatrice capace di architettare una trappola per incastrare il marito che verrà accusato del suo presunto assassinio (lei aveva fatto perdere le sue tracce) e processato mediaticamente prima ancora che legalmente. In seguito, “vittima” di circostanze del tutto fortuite (verrà rapinata da una coppia di spiantati, un uomo e una donna, di tutto il suo denaro), priva di mezzi,  troverà rifugio presso  un suo ex, da sempre innamorato di lei e da lei stessa psicologicamente controllato e dominato.  Lo ucciderà, sgozzandolo con un taglierino e organizzando il tutto in modo tale (riuscendo nel suo intento) da  far credere ad un atto di legittima difesa contro il tentativo di stupro da parte di quello. Quindi tornerà sui suoi passi, inscenando di essere stata rapita e segregata dal suo ex; una versione dei fatti alla quale tutti crederanno, con l’eccezione di una detective, incaricata di indagare sul caso, l’unica a non essersi fatta condizionare dal bombardamento mediatico e a nutrire dei dubbi su tutta la vicenda e sulla colpevolezza del marito.

Ma il cinismo e la spietatezza che il regista vuole evidenziare non riguardano soltanto la protagonista quanto soprattutto il sistema mediatico (e non solo), personificato in questo caso da una cinica e spregiudicatissima “anchorwoman”, che dopo aver sottoposto a processo mediatico e preventivamente condannato il marito, con altrettanta lucidità e freddezza si affretterà a far sua la versione della protagonista, esaltando la sua “legittima difesa” contro il tentativo (da lei del tutto inventato) dell’ex di stuprarla (“La voleva a tutti i costi, la sua sete di potere su quella donna lo ha spinto a sequestrarla, segregarla, incatenarla e violentarla…” ripete nei suoi talk show…).

Il film non ha nessun retrogusto “misogino”, come qualcuno/a potrebbe essere indotto/a a pensare, ed è dimostrato dal fatto che in tutta questa storia la sola a non credere alla versione ufficiale dei fatti è propria una donna, la detective, che anche alla fine tenterà (invano) di rompere il muro di conformismo e di dimostrare la colpevolezza della protagonista. Un buco nell’acqua; sarà di fatto zittita anche dalle autorità giudiziarie e di polizia che archivieranno l’intera vicenda.

Il film è invece una lucida denuncia del sistema ideologico-mediatico dominante e delle sue capacità pervasive e condizionanti.

Anche se può sembrare paradossale (gli USA sono la patria del femminismo più oltranzista e interclassista), non è un caso che il film sia di produzione americana. Il sistema mediatico americano infatti, vera e propria fabbrica di costruzione del consenso, è da sempre quello più avanzato e sofisticato di tutto il mondo, in grado quindi di costruire il consenso ma anche il dissenso. E’ proprio questa, da sempre, -come noto –  la caratteristica e la specificità della produzione cinematografica  americana. In Italia nessuno avrebbe mai prodotto un film del genere, né tanto meno nessun autore o regista, tutti (nessuno escluso, mi duole dirlo…), perfettamente allineati al mainstreaming ideologico politicamente corretto e “buonista” dominante,  lo avrebbe concepito e proposto.

Anche sotto questo aspetto, l’Italia dimostra di essere una realtà provinciale, dove il vecchio perbenismo piccolo borghese, bacchettone e reazionario si è fuso con il neo perbenismo politicamente corretto “di sinistra” altrettanto e forse ancor più gretto e normativo.

Un plauso, dunque, a David Fincher, anche se la critica nel suo complesso (ho letto diverse recensioni del film), pur apprezzandolo,  si è ovviamente affrettata a disinnescare e ad occultare il carattere “disvelatorio” del film proponendolo come un thriller psicologico molto ben realizzato o, nella migliore delle ipotesi, mettendo l’accento sulle ombre e sulle ambiguità presenti nella relazione fra i sessi  e in special modo nel matrimonio.

 

 

4 commenti per “L’amore bugiardo

  1. wikytjo
    31 Gennaio 2015 at 20:09

    Nel 1975 a 12 anni fui accusato di qualcosa che non avevo commesso, e dovetti presentarmi dal preside accompagnato, perchè una compagna di classe mi accusò (in buona fede) di aver sputato nel suo panino. Indi ho letto esperienze, e nel 1979 fui consigliato di stare attento…., e come si fa a distinguere le persone???? Per cui iniziato (da sempre) la manovra dell’evitamento….., è un lungo articolato e dettagliato racconto, la mia biografia….., quindi per prese in giro varie ho respinto ragazze, di cui ora, dopo 32 anni ho rimpianti e rammarichi……

  2. Mark72
    31 Gennaio 2015 at 22:07

    Non ricordo molti film in cui le donne recitano il ruolo di malvage, nonostante la realtà e i fatti di cronaca raccontino come invece nel ruolo si trovino assai a loro agio. Mi ricordo ad esempio ‘The unsaid’ (Sotto silenzio) di Tom McLoughlin con Andy Garcia nel ruolo di protagonista (2001), e ‘Black Widow’ (La vedova nera) di Bob Rafelson (1987). Non credo che sia la mia memoria a fare difetto. Il fatto è che pochi autori/registi trovano il coraggio di raccontare il lato oscuro delle donne. Il femminismo ha grande influenza anche nel cinema, così come in tutte le espressioni della cultura occidentale. La maggior parte degli autori sono semplici menestrelli del potere, e quindi suoi portavoce. Raccontano ciò che è lecito raccontare e ciò che la maggior parte della gente, agenti della cultura dominante, vuol che si racconti loro, per rinforzare certe idee. Ecco che così la donna viene ritratta come vittima o eroina, e mai come colei che opprime o molesta; viene celebrata come femmina, o come essere puro che ha conservato l’innocenza dell’infanzia, e mai come adulto capace di pensare ed agire perseguendo fini egoistici senza freni inibitori. Il film di David Fincher in tal senso è una boccata d’ossigeno per chi cerchi nell’arte qualcosa di diverso dalla propaganda culturale.

  3. Riccardo
    1 Febbraio 2015 at 19:59

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    Anche sotto questo aspetto, l’Italia dimostra di essere una realtà provinciale, dove il vecchio perbenismo piccolo borghese, bacchettone e reazionario
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    Vero ma il discorso può essere estesto alla Francia, alla Germania, all’Inghilterra, alla Svezia, alla Spagna, alla Grecia, al Portogallo, alla Romania, alla Bulgaria, all’Albania, alla Russia, ecc., perché, infatti, un certo genere di film è possibile vederli solo negli USA.

    ———–
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    gli USA sono la patria del femminismo più oltranzista e interclassista),
    >>
    Vero ma anche in Paesi come la Svezia non scherzano.

  4. Riccardo
    1 Febbraio 2015 at 20:19

    Benché non si esattamente simmetrico a L’AMORE BUGIARDO, consiglio di vedere anche questo vecchio film americano, uscito nelle sale cinematografiche quando avevo solo 17 anni.
    http://cinema.ilsole24ore.com/film/nella-societa-degli-uomini/

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