Sul quotidiano Il Manifesto dello scorso 8 giugno è stato pubblicato un articolo – per la verità neanche troppo violento, sono abituato ad attacchi ed insulti infinitamente peggiori – dal titolo “Misandria. Sarà questo il problema?” a firma di Alberto Leiss, in cui vengo definito un misogino in virtù delle mie posizioni critiche nei confronti del femminismo. Riporto testualmente la frase con cui l’articolo si conclude:” Gratta il rivoluzionario anticapitalista e spesso ritrovi, comunque, il misogino”.
Ho risposto ma la mia lettera non è stata pubblicata. Trovo deontologicamente e politicamente grave e scorretto non concedere il diritto di replica ad una persona (peraltro candidata alle prossime elezioni amministrative di Roma) che è stata chiamata in causa con nome e cognome e di fatto diffamata.
L’autore, senza conoscere o quanto meno aver approfondito il mio pensiero e le mie tesi, come lui stesso ha scritto nell’articolo commentando la sinossi di un mio libro pubblicato nel 2006 (“Non giudico un testo da un riassunto editoriale, però trovo altri scritti del candidato che confermano una visione, come dire, discutibile.”) trae la conclusione che il sottoscritto sia un misogino.
Insomma, da “discutibile” a misogino il passo è breve, anzi, automatico, secondo l’opinionista de Il Manifesto.
Nulla di nuovo, sia chiaro, è l’ennesimo maldestro tentativo di gettare discredito sull’avversario, di demolirlo sul piano personale e quindi di disconoscerlo come interlocutore. La pratica dell’insulto personale serve ad evitare il confronto logico e dialettico sulle idee di cui quello è portatore.
Critichi il femminismo? Non puoi che essere un misogino; quasi un sillogismo aristotelico. Chiusi i giochi e, soprattutto, chiusa ogni possibilità di civile confronto.
Fonte foto: Il Fatto Quotidiano (da Google)