Poche sere fa ho assistito ad uno spettacolo surreale ma in realtà altamente significativo, dati i tempi, andato in onda durante la trasmissione di Barbara Palombelli su Rete 4 che, credo, si chiami “Stasera Italia”.
In studio c’erano una pletora di giornalisti, economisti ed esponenti politici, quasi tutti di area liberale e liberista, da Forza Italia e Lega a Italia Viva, non ho fatto caso se ci fossero anche esponenti del PD (anche perché, lo ammetto, ho un limite molto basso di sopportazione, specie quando vedo o ascolto certe cose). Uniche voci dissonanti quelle del direttore della Notizia, Gaetano Pedullà e, se non erro, di una esponente di SI non presente in studio.
Il dibattito verteva sul fatto che il reddito di cittadinanza disincentiverebbe la gente al lavoro. In particolare il focus era sul lavoro stagionale. Le aziende non riuscirebbero a trovare personale perché, appunto, il reddito di cittadinanza farebbe sì che molta gente preferisca starsene a casa piuttosto che lavorare. Tradotto: farsi sfruttare per un salario da fame e condizioni di lavoro non dignitose per un paese civile.
Per cercare di essere super partes gli inviati sono andati ad intervistare alcuni imprenditori e lavoratori, dandosi, a mio parere, la zappa sui piedi. In un’azienda produttrice di vini a lavorare nei campi c’erano solo extracomunitari. Ma guarda un po’, chissà come mai…
Dopo di che hanno intervistato un lavoratore stagionale che normalmente presta servizio come bagnino non ricordo su quale litorale, il quale ha fatto un racconto agghiacciante. Lui veniva pagato, in nero, dai due ai tre euro all’ora per lavorare tutto il giorno, senza limite di orario, espletando anche mansioni che non gli competevano (accade praticamente in tutte le piccole e medie aziende) senza neanche poter prendere un giorno di ferie o di permesso per malattia. “Guai a sgarrare o a prendersela comoda – ha spiegato – perché c’è subito qualcun altro in fila disposto a prendersi il tuo posto. Diritti sindacali? Non scherziamo…”.
Diciamo subito che queste sopra descritte sono mediamente le condizioni di lavoro di milioni di lavoratori stagionali che ogni anno vengono impiegati in gran parte nella filiera turistica come addetti/e alle pulizie, camerieri/e, bagnini, cuochi, aiuto cuochi, aiuto camerieri, baristi, lavapiatti, raccoglitori di frutta ecc.
L’intervistato, in anonimato, ha dichiarato con molta franchezza che “Quest’anno, in virtù del reddito di cittadinanza, ho deciso – parole testuali – di non farmi sfruttare più come uno schiavo. Con qualche altro lavoretto che riesco a rimediare, unito al reddito di cittadinanza – ha soggiunto – riesco a cavarmela e comunque sempre meglio che fare quella vita da schiavo”.
Come dargli torto? Per come la vedo io ha perfettamente ragione.
Per i commentatori presenti in studio il reddito di cittadinanza – forse l’unica misura sociale concreta presa dal primo governo Conte e a mia memoria, da molto tempo a questa parte da qualsiasi altro governo – alimenterebbe l’accidia e il parassitismo.
In altre parole, bisogna lasciarsi sfruttare, questa è la loro filosofia e, naturalmente – superfluo anche sottolinearlo – il salario percepito deve essere legato allo stato di salute, cioè ai profitti, dell’azienda. Ma chi decide l’ammontare di questo salario? Naturalmente il padrone. Salari stabiliti da una contrattazione collettiva nazionale? Roba da anni ’70, come è stato dichiarato. Salario come variabile indipendente dall’andamento (cioè dal profitto) dell’azienda? Fantascienza. Anche il salario minimo è diventato ormai, allo stato delle cose, un “programma massimo”.
Eppure, il reddito di cittadinanza – pur con tutte le sue contraddizioni – ha in parte salvaguardato tante persone da uno sfruttamento selvaggio.
Per i fanatici del capitalismo è solo parassitismo perché i lavoratori devono invece fare buon viso, prendere quello che passa il convento, mangiare questa minestra o buttarsi dalla finestra, adeguarsi (subire?…) passivamente alle esigenze del mercato e dell’impresa. Questo è il ruolo (si fa per dire…) che l’ideologia dominante assegna al lavoro.
Niente male per una Repubblica fondata sul Lavoro.